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MAMMOLA – ‘Ndrangheta al Nord, c’è un nuovo pentito. E’ il pregiudicato Nicodemo Ciccia, 42 anni, originario di Mammola, nella Locride, ma residente da tempo a Favria, nella provincia torinese, uno degli affiliati della locale di Cuorgnè, in Piemonte. È in carcere dai primi di settembre, dopo l’ennesimo arresto per estorsione e ha deciso di diventare un collaboratore di giustizia. La sua decisione, secondo gli inquirenti, appare «sincera, spontanea e genuina». 

Ciccia, arrestato nel 2011 nell’ambito dell’inchiesta Minotauro, era uscito con un patteggiamento ad un anno e 11 mesi. Il 6 settembre è ritornato in carcere per un’estorsione ad un imprenditore canavesano, M.A., 59 anni. Lo ha rapinato in casa (bottino di circa 15 mila euro) poi gli ha chiesto 200 mila euro. La vittima, ovviamente, non ha ceduto al ricatto. Ha così dovuto subire ricatti, minacce e un misterioso incendio a uno dei suoi capannoni. Solo allora ha deciso di rivolgersi ai carabinieri. 
Ciccia è finito in manette mentre, con altri due complici, stava per incassare i soldi dell’estorsione. Nicodemo Ciccia, classe 1971, affiliato all’ndrangheta con la dote di “Vangelo”, ha fatto parte della struttura locale di Cuorgnè, uomo di fiducia di Bruno Iaria. E’ soprannominato “Nicaredu”. 
I pubblici ministeri piemontesi, Roberto Sparagna, Monica Abbatecola e Giuseppe Riccaboni, lo hanno interrogato ripetutamente nelle settimane scorse per poter utilizzare le sue dichiarazioni nel corso del processo Minotauro che riprenderà domani. Nell’aula bunker del super carcere delle Vallette di Torino è alle fasi conclusive il processo contro alcuni boss e affiliati delle dieci “locali” della ‘ndrangheta calabrese in Piemonte, che hanno scelto il rito ordinario. Per un’altra settantina di persone, più o meno la metà di quelli che sono rimasti incastrati nella più grande operazione di polizia contro le consorterie ‘ndranghetistiche all’ombra della Mole, si attende la sentenza d’appello. Nella settimana scorsa ci sono state le richieste della pubblica accusa, che ha confermato quasi in toto le condanne del primo grado dell’abbreviato. Il nuovo pentito è il terzo tra quelli che hanno deciso di collaborare con la giustizia. Finora, hanno contribuito a dare un duro colpo alla ‘ndrangheta al Nord Rocco Varacalli e Rosario Marando. “Nicaredu” Ciccia, in queste settimane è stato messo sotto torchio dagli investigatori della Dda torinese. Messo a confronto con numeroso fotografie segnaletiche, ha riconosciuto parecchi affiliati all’organizzazione criminale, fornendo conferme alle accuse della procura. I difensori degli imputati si sono già messi a studiare i verbali per preparare il confronto in aula. 
Si tratta, per il momento, di circa trecento pagine piene di notizie interessanti. Non dovrebbero mancare le novità dichiarate in tali verbali, naturalmente coperti da giustificati “omissis”, che una volta riscontrate potrebbero portare quanto prima a nuove operazioni contro i clan. Materiale ritenuto interessante in quanto Nicodemo Ciccia era uomo di fiducia del boss Bruno Iaria, originario di Condofuri, considerato dagli investigatori antimafia personaggio di spicco della criminalità nel canavese, con rapporti solidi con la Calabria. Iaria è stato condannato a 13 anni e sei mesi di carcere, l’imputato del processo Minotauro a cui è stata inflitta la pena più alta tra i 73 che hanno scelto il rito abbreviato. Il rapporto tra il boss Iaria e Ciccia è in parte rivelato da alcune intercettazioni, che sono rientrate nell’ordinanza di custodia cautelare dell’inchiesta Minotauro di due anni fa. Il 27 giugno del 2008 a bordo di una Golf Volkswagen è stata intercettata una conversazione tra Bruno Antonio Iaria e Nicodemo Ciccia con la descrizione del profilo organizzativo della compagine criminale in Piemonte, suddivisa anch’essa in ‘ndrine e locali che raccolgono un numero variegato di affiliati. 
Più o meno nello stesso periodo, gli investigatori registravano ancora il boss Iaria che, in contatto con Rodolfo Scali, ritenuto un capo clan di Mammola, “elogiava l’educazione di Nicareddu”, definendolo “ragazzo serio, rispettoso e disponibile” e “ragazzo sveglio che ci tiene davvero alla nostra Società”. Anche la moglie del boss Iaria, nella deposizione processuale per Minotauro, a gennaio di quest’anno, ha raccontato della cocaina, dei traffici, del pellegrinaggio alla Madonna di Polsi, definendola “la Madonna dei corrotti”, dei latitanti che ha incontrato nel corso degli anni, dei riti di affiliazione che proprio a casa loro si tenevano. E ha parlato di “Nicaredu”, che di solito frequentava la loro casa:”Nicodemo Ciccia lo chiamavo il detective, perché seguiva le mogli degli altri” e, ancora, riferendosi ad un particolare frangente:”Mi ha portato 4 o 500 euro”, forse frutto di una tangente. Lo stesso Ciccia, nel 2000, rimase implicato, insieme a numerosi esponenti della criminalità organizzata, in un’operazione congiunta delle squadre mobili di Torino e Biella per traffico internazionale di droga attivo tra la Colombia e l’Italia, attraverso la Spagna. I proventi della droga, è risultato da quelle indagini, venivano riciclati in boutique, auto di lusso e palestre, intestati per lo più a familiari e prestanome dei trafficanti.
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