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UNA REGIONE sempre più fragile, nella quale emerge l’urgenza di avviare una  “politica di mitigazione del rischio che sappia tutelare il territorio e i corsi d’acqua, incluso il reticolo idrografico minore, i piccoli torrenti e le fiumare”. E’ quanto emerge dall’appello di Legambiente Basilicata.

Secondo l’ultimo report redatto dal Ministero dell’Ambiente, sono ben 6.633 i comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, l’82%  del totale. Una fragilità che è particolarmente elevata proprio in Basilicata, dove il 100% dei comuni è classificato a rischio, insieme a Calabria, Molise, Umbria, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento, seguite da Marche e Liguria (99%), da Lazio e Toscana (98%).

Frane e alluvioni comportano ogni anno un bilancio pesantissimo per il nostro Paese, sia per le perdite di vite umane che per i danni economici. Per riparare i danni del maltempo spendiamo un milione di euro al giorno. Solo nell’ultimo triennio lo Stato ha stanziato, infatti, più di un miliardo di euro per le emergenze causate da eventi calamitosi di natura idrogeologica in tredici regioni. Cifre molto elevate che coprono però solo una parte degli ingenti danni censiti in conseguenza di frane e alluvioni. In Sicilia, Veneto, Toscana e Liguria, le regioni colpite dagli eventi più gravi in questi ultimi 3 anni, è andato l’80% delle risorse stanziate, ma i danni ammontano a 2,2 miliardi di euro circa, quasi il triplo delle risorse messe a disposizione dei Comuni colpiti. Il restante 20% dei fondi per l’emergenza è andato a Calabria, Campania, Puglia, Marche, Abruzzo, Emilia, Piemonte, Friuli e Basilicata, dove per i primi interventi per i danni causati dagli eccezionali eventi meteorologici tra il 18 febbraio e l’1 marzo 2011 sono stati erogati 14.500.000 euro. Nel frattempo la prevenzione tarda ad arrivare. A fronte di una spesa prevista di 44 miliardi, negli ultimi 10 anni solo 2 miliardi di euro sono stati erogati per attuare gli interventi previsti dai Piani di assetto idrogeologico (PAI) redatti dalle Autorità di bacino, per uno stanziamento totale di 4,5 miliardi di euro. Fondi che sono destinati a coprire solo i lavori più urgenti, ovvero 4.800 interventi considerati di “maggior urgenza” su un totale di 15mila interventi previsti da tutti i Pai.

La metà circa di queste risorse è stata stanziata attraverso gli accordi di Programma siglati tra il Ministero dell’ambiente e le Regioni, proposti a partire dal disastro di Messina del 2009 e siglati tra il 2010 e il 2011. Ma ancora oggi dei 2,1 miliardi messi in campo attraverso il cofinanziamento Ministero-Regioni, solo 178 milioni sono stati effettivamente erogati e solo il 3% degli interventi previsti è stato realizzato o è in corso di realizzazione.

 Per pianificare e programmare le politiche territoriali considerare gli effetti dei cambiamenti climatici è una realtà imprescindibile. Soltanto dai dati registrati dai pluviometri in occasione dei principali eventi recenti, si nota come in poche ore sia piovuto più della metà di quanto avveniva mediamente in un anno. La distribuzione delle precipitazioni nell’arco dell’anno risulta, inoltre, molto disomogenea, con periodi di forti piogge e altri di forte siccità, come illustrano l’estate appena trascorsa e gli eventi legati al maltempo delle ultime settimane.

Tanto le frane quanto le alluvioni sono fenomeni naturali, parte integrante dell’evoluzione del territorio. Se è impossibile pensare di impedire alla natura di fare il suo corso, è invece fondamentale operare concretamente per mitigare il rischio. Occorre anche chiedersi, però, quale debba essere un’efficace politica di prevenzione e difesa del suolo, che non si limiti a interventi puntuali. Serve un Piano nazionale che preveda un’azione urgente ed efficace.

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