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ROMA – Si è chiusa per Agazio Loiero in modo definitivo, per Giuseppe Chiaravalloti con un rinvio, la vicenda legata all’inchiesta Why not condotta a suo tempo dal pm di Catanzaro Luigi De Magistris e che fece tremare il governo nazionale tanto da innescare un effetto domino che concorse all’epoca alla caduta del Governo guidato da Romano Prodi. Assoluzione “per non aver commesso il fatto” per l’ex presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, annullamento senza rinvio “per inammissibilità dell’appello del pm sulla sentenza di primo grado”, per Giuseppe Chiaravalloti, anch’egli ex governatore della Calabria. Questa la sentenza emessa stasera dalla sesta sezione penale della Cassazione per il processo Why Not, inerente presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici in Calabria. Loiero, in appello, era stato condannato ad un anno per abuso d’ufficio (assolto in primo grado). Chiaravalloti, assolto in primo grado, era invece stato prosciolto per intervenuta prescrizione dai giudici d’appello.
IL COMMENTO DI AGAZIO LOIERO. «Oggi la suprema Corte di Cassazione ha posto fine con la più ampia delle formule “annullamento senza rinvio” ad una vicenda processuale nata anni fa per iniziativa del pm De Magistris» che «fece molto clamore perchè furono indagati il presidente del Consiglio, Romano Prodi ed il ministro della giustizia, entrambi all’epoca in carica. La loro posizione fu successivamente archiviata, ma l’inchiesta assunse un marchio prevalentemente politico». L’ex presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, spiega che «a suo tempo ritenendomi del tutto estraneo a detta vicenda chiesi, tramite i miei avvocati Marcello Gallo e Nicola Cantafora, il rito abbreviato. Ero all’epoca presidente della Regione Calabria e mi procurava difficoltà, sul piano dell’immagine, restare troppo a lungo in attesa di giudizio. Anche perchè a mio carico erano stati formulati più reati. Davanti al Gip fui assolto con formula ampia e l’accusa, rappresentata da due sostituti procuratori generali, propose appello solamente per il reato d’abuso d’ufficio. Nel processo di secondo grado fui condannato da un collegio, in cui due su tre dei magistrati che mi giudicavano avevano secondo me l’obbligo di astenersi.Da quella condanna ho riportato danni notevoli. Ho avuto nel corso della mia vita politica più di un’inchiesta, più volte sono stato prosciolto su proposta della stessa procura che mi aveva indagato. Non ho mai protestato, anche se talvolta erano state avviate nei miei confronti indagini in assenza di notizie di reato. Questa volta ho dovuto fare un percorso più lungo: fino in Cassazione. Per fortuna che ho pazienza».
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