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POTENZA – Ci sono due notizie, una buona e una cattiva. La buona è che la regione Basilicata ha raggiunto l’importante traguardo del pareggio di bilancio sanitario. La brutta è che siamo una regione che invecchia e continua a farlo a ritmi sostenuti. Tra una trentina d’anni, continuando di questo passo, avremo il triste primato d’essere la regione più vecchia d’Italia, ci troveremo a dover festeggiare come un evento una nascita e di bambini nelle nostre strade ne correranno sempre di meno.
E c’è da crederci, perchè l’analisi della situazione attuale e di quella che ci aspetta è frutto di un progetto di collaborazione scientifica tra la Regione Basilicata e il Ceis (Centro di studi economici e internazionali) dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata.
La ricerca, presentata ieri nella sala Inguscio della Regione, ha l’obiettivo di esaminare il sistema sanitario della Basilicata. Per mettere in luce i nostri punti di forza, ma soprattutto i punti di debolezza, quelli quindi sui quali i prossimi amministratori dovranno intervenire.
Quello presentato ieri, in effetti, è un po’ il bilancio dell’assessore alla Sanità uscente. Meglio, la sua eredità positiva se si considerano i numeri: «siamo partiti – ha detto l’assessore Attilio Martorano – con un buco di 50 milioni di euro, con il rischio di dover fare i conti con tutte le penalizzazioni previste da un Piano di rientro. E oggi arriviamo al traguardo, questo equilibrio del bilancio sanitario che dimostra come fosse effettivamente urgente una riprogrammazione dell’intero sistema».
Conti in ordine quindi, «e grande soddisfazione per quello che abbiamo fatto e per come l’abbiamo fatto. E posso dire con un pizzico di orgoglio che tutto questo a livello nazionale ci viene ampiamente riconosciuto». Non solo: «avere i conti in ordine permetterà ai prossimi amministratori di pensare alle prossime sfide con serenità».
E questo nonostante finora lo Stato, nella ripartizione dei fondi nazionali, non abbia tenuto conto degli enormi sforzi fatti da quelle regioni – la nostra è l’unica del Sud – che sono riusciti pian piano a riorganizzarsi per far rientrare debiti enormi, frutto di tanti anni di sprechi e disservizi. «E’ un’ingiustizia sociale fare pagare ai lucani il disavanzo campano e laziale».
Ecco cos’è oggi la Basilicata dal punto di vista sanitario: una regione tutto sommato sana, le cui strutture sanitarie hanno conti pressocchè in ordine, che ha continuato a investire anche sulle risorse umane, come si è dimostrato con il rafforzamento dell’ospedale di Pescopagano, a opera dell’azienda ospedaliera San Carlo di Potenza.
Ciò non toglie che le ombre ci siano: la mobilità passiva è ancora un problema, anche se negli ultimi anni si è praticamente dimezzata; è ancora troppo alto il numero di ricette dei medici di base; ancora troppi sono i ricoveri prescritti da guardia medica. E poi c’è l’impoverimento delle famiglie lucane a causa della spesa sanitaria, il numero molto più alto della media nazionale di disabili e di persone con diabete.
E poi c’è l’invecchiamento, il grande problema che, però, i ricercatori di Tor Vergata non definiscono «catastrofico». Perché è verò che si alza molto l’età, ma anche lo stato di salute. Per cui la fascia “over 65” o “over 75” incide ancora poco sulla spesa. Come dire: se i nostri anziani si conservano in buona salute non possiamo considerare questo invecchiamento generale un disastro sociale. Anche perché la speranza media di vita degli abitanti della regione Basilicata è di 79.40 anni per gli uomini e di 84.60 per le donne. E se saremo capaci di scegliere uno stile di vita sano riusciremo a far rientrare anche i costi. E già ora, del resto, i tassi di ospedalizzazione sono bassi rispetto alla media nazionale.
«Una regione schizofrenica – dice il responsabile della ricerca, Marco Meneguzzo – con una struttura demografica simile alle regioni del Nord, anche se geograficamente collocata al Sud». Una regione che dovrà porsi un obiettivo prioritario: puntare sull’assistenza primaria, quella domiciliare per intenderci. Perché se la popolazione continuerà a invecchiare, è chiaro che l’attuale welfare italiano difficilmente riuscirà a reggere. E quell’indice di natalità che continua a calare non aiuterà nessuno: in Basilicata dal 1991 al 2011 si è registrato un – 0,38%, nel resto d’Italia la media è dello 0,7%. Un divario enorme, cui contribuiscono ovviamente l’assenza di lavoro, l’assenza di un sostegno alle (poche) donne che lavorano, l’assenza di politiche lungimiranti, in grado di vedere la maternità come un bene collettivo piuttosto che come un peso. Che poi in altre regioni a migliorare i numeri ci sono anche gli immigrati che, invece, qui sono assolutamente in numero irrilevante.
«E’ l’anno di transizione – ha detto Meneguzzo – e con i conti a posto si può pensare a una riorganizzazione. Una possibilità che tante altre regioni non hanno».
E il futuro è riorganizzarsi tenendo presente che saremo sempre più pochi e sempre più anziani. I conti resteranno in ordine, ma davvero c’è poco di cui andare fieri.
a.giacummo@luedi.it
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