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La problematica dei centri trasfusionali si inserisce in un’ottica più ampia rispetto al caso Cosenza. E’ quanto ha dichiarato in commissione regionale Sanità, il dg dell’azienda ospedaliera dell’Annunziata, Paolo Maria Gangemi. Al centro dell’audizione di giovedì 19 settembre c’era ovviamente il caso del sangue infetto. Entrando nel vivo della vicenda che ha portato alla morte del pensionato rendese Cesare Ruffolo, così la ricostruisce Gangemi. «Il 15 ottobre 2012 arriva sulla mia scrivania la nota del dottor D’Elia in merito all’Audit. Questa nota dice in maniera testuale “si fa presente alle Signore Vostre Illustrissime che sono state riscontrate criticità rilevanti attribuibili in parte a carenze strutturali e tecnologiche per le quali si rende necessario il consistente impegno del direttore generale dell’Azienda ed in parte a carenze organizzative la cui soluzione attiene alla responsabilità del direttore del centro trasfusionale”. Questo cosa vuol dire? Intanto che per quanto riguarda le carenze strutturali e tecnologiche tutti sanno che questa Regione è sottoposta a piani di rientro e ci sono dei vincoli ben precisi per i direttori delle aziende. Per quanto riguarda le carenze organizzative è chiaro che qui c’è una responsabilità chiara e precisa del dottor Bossio al tempo direttore del centro trasfusionale di Cosenza».
Ma di fronte a questo allarme cosa ha fatto l’azienda? «Esattamente lo stesso giorno, il 15 ottobre, il sottoscritto – continua Gangemi – scrive a tutti i soggetti interessati a partire dal direttore sanitario aziendale, al direttore sanitario di presidio, al direttore del centro trasfusionale, al direttore dell’ufficio tecnico e patrimonio e altri per quanto riguarda gli adempimenti a queste prescrizioni. Il direttore sanitario si attiva convocando la prima riunione esattamente il 16 ottobre perché erano stati dati tempi precisi per risolvere le criticità da 15 a 30 giorni anche se non riesco a comprendere come sia possibile risolvere problemi strutturali in un tempo così breve considerato che tutti quanti sanno che il Centro trasfusionale di Cosenza è una struttura che ha 50 anni. Voglio anche dire che il direttore generale che mi ha preceduto e che aveva il centro trasfusionale nelle stesse condizioni in cui l’ho trovato io era direttore di struttura complessa di centro trasfusionale e nulla è stato fatto anche all’epoca. Ci sono diverse riunioni e alcuni adempimenti sono stati soddisfatti rispetto a quell’Audit mentre altri no perché le persone interessate non hanno adempiuto alle prescrizioni».
Si arriva così al primo evento sentinella che è del 22 giugno 2013 in cui viene infettato un uomo di 40 anni che riesce a salvarsi grazie ad una massiccia terapia antibiotica. Dopo l’evento «Il direttore sanitario di presidio – spiega il dg – convoca immediatamente il Cio, il Centro infettivologico ospedaliero, ed in quella occasione viene verbalizzato che probabilmente la sacca di sangue che ha causato l’evento proveniva dal sito di San Giovanni in Fiore per cui si stabilisce che tutte quelle sacche non devono essere utilizzate. Si stabilisce anche di effettuare sulle sacche esistenti e messe in quarantena degli esami per verificare se le stesse riscontrano questo batterio che poi più tardi il 3 luglio ha causato la morte di un’altra persona. E’ evidente che in questo caso c’è una responsabilità diretta del direttore del Centro trasfusionale». Si arriva così all’ispezione del 12 agosto disposta dal Ministero che rivela come siano presenti ancora diverse criticità.
La direzione generale mette in piedi tutti gli adempimenti con esclusione di quello relativo alla nomina di un primario di elevate capacità professionali e organizzative perché «la stessa -spiega Gangemi – era soggetta ad una autorizzazione da parte dell’Ufficio del commissario che, nella persona del generale Pezzi, aveva dato soluzioni differenti. Per la verità il primo a dare queste soluzioni è stato il dottor Luigi D’Elia che ha suggerito di utilizzare il responsabile del servizio trasfusionale dell’ospedale di Castrovillari che poteva avere un interesse a venire a Cosenza. Scrive a me e al dottore Scarpelli per conoscenza ma scrive al direttore generale del dipartimento della salute il 31 luglio. Immediatamente dopo io e Scarpelli mandiamo una nota congiunta in cui ci rendiamo disponibili ad attuare appunto questo comando. Ovviamente chiediamo quali devono essere le procedure da mettere in piedi. Abbiamo scritto esattamente il 5 agosto 2013 alla presenza del dottor Filomia direttore dell’Unità operativa complessa di emotrasfusione dello Spoke di Castrovillari. Dopo di che il sottoscritto fa una serie di note di richiesta di affiancamento al servizio trasfusionale già l’8 agosto fino ad arrivare al 12 quando inviai la lettera alla presenza del dottor Grazini Presidente della Commissione ministeriale. Le risposte sono state sempre le stesse nel senso che si proponeva o di fare il comando al direttore della Unità operativa di Castrovillari ma ovviamente, in questo caso, ci doveva essere l’assenso del direttore dall’Asp o l’altra soluzione era di utilizzare ad intermittenza il direttore della Unità operativa di Reggio Calabria in parte ed in parte quello della Unità operativa complessa del “Pugliese-Ciaccio”, ma non credo che questa possa essere la soluzione viste le criticità riscontrate presso il centro e visto che nello stesso verbale redatto dagli ispettori viene evidenziato in maniera chiara che c’è un rischio per la salute pubblica».
«L’ultima nota  – chiude Gangemi – la mandiamo a fine agosto perché abbiamo detto in maniera chiara precedentemente che si era fatto fronte agli adempimenti con esclusione di questo terzo punto che nel caso in cui non fosse arrivata questa deroga eravamo costretti ad avviarci verso la chiusura del centro garantendo solo l’emergenza. Infatti l’Azienda scrive chiedendo un incontro-urgenza a Catanzaro col Centro regionale sangue proprio per avviare il processo di chiusura e garantire le emergenze. Nelle more vorrei anche precisare che nel cronoprogramma che abbiamo inviato al Ministero è stato predisposto tutto per la realizzazione del nuovo Centro trasfusionale che, chiaramente, non può essere allocato dov’è oggi per problematiche di gestione dei malati».

COSENZA – La problematica dei centri trasfusionali si inserisce in un’ottica più ampia rispetto al caso Cosenza. E’ quanto ha dichiarato in commissione regionale Sanità, il dg dell’azienda ospedaliera dell’Annunziata, Paolo Maria Gangemi. Al centro dell’audizione di giovedì 19 settembre c’era ovviamente il caso del sangue infetto. 

 

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Entrando nel vivo della vicenda che ha portato alla morte del pensionato rendese Cesare Ruffolo, così la ricostruisce Gangemi. «Il 15 ottobre 2012 arriva sulla mia scrivania la nota del dottor D’Elia in merito all’Audit. Questa nota dice in maniera testuale “si fa presente alle Signore Vostre Illustrissime che sono state riscontrate criticità rilevanti attribuibili in parte a carenze strutturali e tecnologiche per le quali si rende necessario il consistente impegno del direttore generale dell’Azienda ed in parte a carenze organizzative la cui soluzione attiene alla responsabilità del direttore del centro trasfusionale”. Questo cosa vuol dire? Intanto che per quanto riguarda le carenze strutturali e tecnologiche tutti sanno che questa Regione è sottoposta a piani di rientro e ci sono dei vincoli ben precisi per i direttori delle aziende. Per quanto riguarda le carenze organizzative è chiaro che qui c’è una responsabilità chiara e precisa del dottor Bossio al tempo direttore del centro trasfusionale di Cosenza».

Ma di fronte a questo allarme cosa ha fatto l’azienda? «Esattamente lo stesso giorno, il 15 ottobre, il sottoscritto – continua Gangemi – scrive a tutti i soggetti interessati a partire dal direttore sanitario aziendale, al direttore sanitario di presidio, al direttore del centro trasfusionale, al direttore dell’ufficio tecnico e patrimonio e altri per quanto riguarda gli adempimenti a queste prescrizioni. Il direttore sanitario si attiva convocando la prima riunione esattamente il 16 ottobre perché erano stati dati tempi precisi per risolvere le criticità da 15 a 30 giorni anche se non riesco a comprendere come sia possibile risolvere problemi strutturali in un tempo così breve considerato che tutti quanti sanno che il Centro trasfusionale di Cosenza è una struttura che ha 50 anni. Voglio anche dire che il direttore generale che mi ha preceduto e che aveva il centro trasfusionale nelle stesse condizioni in cui l’ho trovato io era direttore di struttura complessa di centro trasfusionale e nulla è stato fatto anche all’epoca. Ci sono diverse riunioni e alcuni adempimenti sono stati soddisfatti rispetto a quell’Audit mentre altri no perché le persone interessate non hanno adempiuto alle prescrizioni».

Si arriva così al primo evento sentinella che è del 22 giugno 2013 in cui viene infettato un uomo di 40 anni che riesce a salvarsi grazie ad una massiccia terapia antibiotica. Dopo l’evento «il direttore sanitario di presidio – spiega il dg – convoca immediatamente il Cio, il Centro infettivologico ospedaliero, ed in quella occasione viene verbalizzato che probabilmente la sacca di sangue che ha causato l’evento proveniva dal sito di San Giovanni in Fiore per cui si stabilisce che tutte quelle sacche non devono essere utilizzate. Si stabilisce anche di effettuare sulle sacche esistenti e messe in quarantena degli esami per verificare se le stesse riscontrano questo batterio che poi più tardi il 3 luglio ha causato la morte di un’altra persona. E’ evidente che in questo caso c’è una responsabilità diretta del direttore del Centro trasfusionale». 

Si arriva quindi all’ispezione del 12 agosto disposta dal Ministero che rivela come siano presenti ancora diverse criticità. La direzione generale mette in piedi tutti gli adempimenti con esclusione di quello relativo alla nomina di un primario di elevate capacità professionali e organizzative perché «la stessa -spiega Gangemi – era soggetta ad una autorizzazione da parte dell’Ufficio del commissario che, nella persona del generale Pezzi, aveva dato soluzioni differenti. Per la verità il primo a dare queste soluzioni è stato il dottor Luigi D’Elia che ha suggerito di utilizzare il responsabile del servizio trasfusionale dell’ospedale di Castrovillari che poteva avere un interesse a venire a Cosenza. Scrive a me e al dottore Scarpelli per conoscenza ma scrive al direttore generale del dipartimento della salute il 31 luglio. Immediatamente dopo io e Scarpelli mandiamo una nota congiunta in cui ci rendiamo disponibili ad attuare appunto questo comando. Ovviamente chiediamo quali devono essere le procedure da mettere in piedi. Abbiamo scritto esattamente il 5 agosto 2013 alla presenza del dottor Filomia direttore dell’Unità operativa complessa di emotrasfusione dello Spoke di Castrovillari. Dopo di che il sottoscritto fa una serie di note di richiesta di affiancamento al servizio trasfusionale già l’8 agosto fino ad arrivare al 12 quando inviai la lettera alla presenza del dottor Grazini Presidente della Commissione ministeriale. Le risposte sono state sempre le stesse nel senso che si proponeva o di fare il comando al direttore della Unità operativa di Castrovillari ma ovviamente, in questo caso, ci doveva essere l’assenso del direttore dall’Asp o l’altra soluzione era di utilizzare ad intermittenza il direttore della Unità operativa di Reggio Calabria in parte ed in parte quello della Unità operativa complessa del “Pugliese-Ciaccio”, ma non credo che questa possa essere la soluzione viste le criticità riscontrate presso il centro e visto che nello stesso verbale redatto dagli ispettori viene evidenziato in maniera chiara che c’è un rischio per la salute pubblica».

«L’ultima nota  – chiude Gangemi – la mandiamo a fine agosto perché abbiamo detto in maniera chiara precedentemente che si era fatto fronte agli adempimenti con esclusione di questo terzo punto che nel caso in cui non fosse arrivata questa deroga eravamo costretti ad avviarci verso la chiusura del centro garantendo solo l’emergenza. Infatti l’Azienda scrive chiedendo un incontro-urgenza a Catanzaro col Centro regionale sangue proprio per avviare il processo di chiusura e garantire le emergenze. Nelle more vorrei anche precisare che nel cronoprogramma che abbiamo inviato al Ministero è stato predisposto tutto per la realizzazione del nuovo Centro trasfusionale che, chiaramente, non può essere allocato dov’è oggi per problematiche di gestione dei malati».

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