di VALERIO PANETTIERI
POTENZA – È stato un errore della Squadra Mobile della Questura di Potenza, lui, come consigliere regionale, non c’entra nulla con questo secondo filone dell’inchiesta sui rimborsi della politica lucana. All’indomani della consegna degli avvisi di conclusione delle indagini Giuseppe Dalessandro si difende tirando fuori le ricevute contestate, chiamando in causa la Polizia che, stando a quanto presenta come prova, ha sbagliato a scrivere, nella richiesta di consegna delle ricevute, il numero progressivo. Non sarebbe la fattura numero 261, che in realtà risulta inesistente, ma la numero 26. Rendicontata chiaramente.
Procediamo con ordine. In questo filone dell’inchiesta al consigliere del Pd vengono contestati 200 euro rendicontati nella fattura numero 261 che sarebbe stata emessa dalla “Tipografia Abatangelo” di Miglionico il 27 ottobre del 2010. per la Polizia si è trattata di una fattura falsa, poiché alla richiesta di consegna della documentazione la tipografia ha risposto di non aver mai emesso quella fattura. E così a Dalessandro sono stati contestati questi 200 euro, che si aggiungono ai 4mila 742 euro segnalati nell’altro filone dell’inchiesta.
Soldi che sarebbero collegati ad diversi rifornimenti di benzina effettuati con auto mai dichiarate e percorrenze e viaggi mai rendicontati. Nella documentazione sospetta però rientrarono anche alcune cene emesse a distanza di pochi minuti l’una dall’altra in un ristorante di Potenza. Anche in quel caso gli investigatori hanno ritenuto improbabile che il consigliere quella sera abbia cenato due volte. Ma ritorniamo a questa parte dell’indagine e alle 200 euro in questione. “In sostanza – scrive il consigliere Dalessandro in una brevissima nota – e’ accaduto che la Squadra Mobile della Questura di Potenza nel chiedere alla tipografia in questione copia delle fatture ha erroneamente indicato la fattura numero 261 del 27/10/2010 anziché copia della fattura numero 26 del 27/10/2010 che è quella effettivamente emessa dalla tipografia e da me presentata a rimborso. E’ ovvio che la ditta Abatangelo abbia disconosciuto il documento 261 perché effettivamente non l’ha mai emesso”. Dalessandro sarebbe quindi estraneo alla vicenda per colpa di un errore materiale, una distrazione, un piccolo “1” inserito al momento sbagliato.
Quella fattura, quindi, non sarebbe inesistente ma effettivamente sottoposta a rimborso. La prova sta anche da un’altra parte: la ricevuta numero 28 richirsta dalla Polizia è stata effettivamente emessa e intestata al “Gruppo regionale Partito Democratico” per un totale di 250 euro (2mila 500 fotocopie). Le altre 2mila fotocopie, a nome del consigliere Dalessandro invece starebbero nella ricevuta numero 26.
Ma l’ultimo stralcio dell’inchiesta dei pm Sergio Marotta e Francesco Basentini ha comunque portato alla luce circa 37mila euro di rimborsi contestati ad altri otto membri del Consiglio e della giunta lucana. E, ancora una volta, l’ex consigliere Vincenzo Ruggiero (Udc, poi La Destra), ne è uscito con oltre 33mila euro di rimborsi. Poi, con poco più di 2mila, segue l’ex assessore “esterno” alle infrastrutture Rosa Gentile, oggi presidente di Acquedotto lucano spa. Quindi il democratico Vincenzo Viti con 1.300, dimessosi da assessore alla formazione e consigliere regionale dopo essere finito agli arresti domiciliari proprio a causa di quest’inchiesta.
E ancora: il consigliere regionale dei Fratelli d’Italia Mario Venezia (1.007), l’assessore regionale in carica alla formazione dell’Udc Roberto Falotico (562), i consiglieri del Pdl Nicola Pagliuca (377) Franco Mattia (358), Antonio Autilio Idv (276) e Agatino Mancusi dell’Udc (230). In chiusura c’è il consigliere Dalessandro, co i suoi 200 euro, nonostante potrebbe essere frutto di un errore di battitura.
Le ipotesi dell’accusa vanno dal peculato, alla violenza privata passando per la truffa e il falso. Ma nell’ultimo stralcio dell’inchiesta «con l’aggravante di aver consumato il fatto per assicurare l’impunità a Vito De Filippo» c’è anche Nicola Brenna, uno dei più stretti collaboratori del presidente della giunta, indicato proprio da quest’ultimo come il responsabile delle 6 fatture da 2.500 euro di francobolli. Difficile la posizione di Ruggiero che come capogruppo dell’Udc in Consiglio e al contempo presidente della Comunità montana Basso Sinni avrebbe costretto un precario impiegato della struttura della Comunità montana a firmare contratti fasulli di collaborazione con il gruppo e richieste di rimborso benzina per le trasferte sostenute.
E tutto questo «dietro la minaccia – scrivono i pm – ove **** non avesse sottoscritto i predetti documenti avrebbe avuto “seri problemi nell’ambito lavorativo e certamente avrebbe perso il posto”». L’accusa per lui adesso è anche di violenza privata aggravata.
v.panettieri@luedi.it
POTENZA – È stato un errore della Squadra Mobile della Questura di Potenza, lui, come consigliere regionale, non c’entra nulla con questo secondo filone dell’inchiesta sui rimborsi della politica lucana.
All’indomani della consegna degli avvisi di conclusione delle indagini Giuseppe Dalessandro si difende tirando fuori le ricevute contestate, chiamando in causa la Polizia che, stando a quanto presenta come prova, ha sbagliato a scrivere, nella richiesta di consegna delle ricevute, il numero progressivo.
Non sarebbe la fattura numero 261, che in realtà risulta inesistente, ma la numero 26. Rendicontata chiaramente. Procediamo con ordine. In questo filone dell’inchiesta al consigliere del Pd vengono contestati 200 euro rendicontati nella fattura numero 261 che sarebbe stata emessa dalla “Tipografia Abatangelo” di Miglionico il 27 ottobre del 2010. per la Polizia si è trattata di una fattura falsa, poiché alla richiesta di consegna della documentazione la tipografia ha risposto di non aver mai emesso quella fattura.
E così a Dalessandro sono stati contestati questi 200 euro, che si aggiungono ai 413 segnalati nell’altro filone dell’inchiesta per un spese non ammissibili.
Anche in quel caso gli investigatori hanno ritenuto improbabile che il consigliere quella sera abbia cenato due volte. Ma ritorniamo a questa parte dell’indagine e alle 200 euro in questione. “In sostanza – scrive il consigliere Dalessandro in una brevissima nota – e’ accaduto che la Squadra Mobile della Questura di Potenza nel chiedere alla tipografia in questione copia delle fatture ha erroneamente indicato la fattura numero 261 del 27/10/2010 anziché copia della fattura numero 26 del 27/10/2010 che è quella effettivamente emessa dalla tipografia e da me presentata a rimborso.
E’ ovvio che la ditta Abatangelo abbia disconosciuto il documento 261 perché effettivamente non l’ha mai emesso”. Dalessandro sarebbe quindi estraneo alla vicenda per colpa di un errore materiale, una distrazione, un piccolo “1” inserito al momento sbagliato. Quella fattura, quindi, non sarebbe inesistente ma effettivamente sottoposta a rimborso. La prova sta anche da un’altra parte: la ricevuta numero 28 richirsta dalla Polizia è stata effettivamente emessa e intestata al “Gruppo regionale Partito Democratico” per un totale di 250 euro (2mila 500 fotocopie).
Le altre 2mila fotocopie, a nome del consigliere Dalessandro invece starebbero nella ricevuta numero 26. Ma l’ultimo stralcio dell’inchiesta dei pm Sergio Marotta e Francesco Basentini ha comunque portato alla luce circa 37mila euro di rimborsi contestati ad altri otto membri del Consiglio e della giunta lucana. E, ancora una volta, l’ex consigliere Vincenzo Ruggiero (Udc, poi La Destra), ne è uscito con oltre 33mila euro di rimborsi. Poi, con poco più di 2mila, segue l’ex assessore “esterno” alle infrastrutture Rosa Gentile, oggi presidente di Acquedotto lucano spa.
Quindi il democratico Vincenzo Viti con 1.300, dimessosi da assessore alla formazione e consigliere regionale dopo essere finito agli arresti domiciliari proprio a causa di quest’inchiesta. E ancora: il consigliere regionale dei Fratelli d’Italia Mario Venezia (1.007), l’assessore regionale in carica alla formazione dell’Udc Roberto Falotico (562), i consiglieri del Pdl Nicola Pagliuca (377) Franco Mattia (358), Antonio Autilio Idv (276) e Agatino Mancusi dell’Udc (230). In chiusura c’è il consigliere Dalessandro, co i suoi 200 euro, nonostante potrebbe essere frutto di un errore di battitura. Le ipotesi dell’accusa vanno dal peculato, alla violenza privata passando per la truffa e il falso.
Ma nell’ultimo stralcio dell’inchiesta «con l’aggravante di aver consumato il fatto per assicurare l’impunità a Vito De Filippo» c’è anche Nicola Brenna, uno dei più stretti collaboratori del presidente della giunta, indicato proprio da quest’ultimo come il responsabile delle 6 fatture da 2.500 euro di francobolli. Difficile la posizione di Ruggiero che come capogruppo dell’Udc in Consiglio e al contempo presidente della Comunità montana Basso Sinni avrebbe costretto un precario impiegato della struttura della Comunità montana a firmare contratti fasulli di collaborazione con il gruppo e richieste di rimborso benzina per le trasferte sostenute.
E tutto questo «dietro la minaccia – scrivono i pm – ove **** non avesse sottoscritto i predetti documenti avrebbe avuto “seri problemi nell’ambito lavorativo e certamente avrebbe perso il posto”». L’accusa per lui adesso è anche di violenza privata aggravata.