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COME già anticipato da una nota della Coldiretti di Potenza, anche la Basilicata, seguendo il trend nazionale, avrà un aumento considerevole di uva in termini di quantità prodotta e di qualità. Non è da meno anche l’Aglianico del Vulture Docg, eccellenza tra i vini della nostra regione che sta facendo della tradizione il suo cavallo di battaglia. 

«Secondo i primi dati – riferisce Vito D’Angelo, Presidente dell’Ass. Italiana Sommelier di Basilicata – le condizioni climatiche di questa piovosa estate, hanno contribuito in maniera notevole ad ipotizzare un rilevante aumento nella produzione di uva. Prevediamo quindi una produzione che qualitativamente oscilli tra l’ottimo e l’eccellente”. Ma D’Angelo ci tiene a fare un chiarimento: “questo ottimo risultato non sarà solo frutto delle condizioni climatiche ma anche dell’attenzione delle aziende in vigna e del lavoro fatto in maniera sistematica tra i filari del nostro Aglianico del Vulture”.  

Questa tendenza positiva è confermata anche dall’enologo Giuseppe Leone: “questo aumento nella produzione è ben visibile dai grappoli che vigorosi crescono sulle nostre piante. Attualmente siamo ancora in fase di maturazione quindi non è ancora possibile stabilire un dato certo. Approssimativamente prevediamo una produzione pari al 30% in più rispetto a quella dell’anno precedente che ricorderemo tra le più scarse dell’ultimo decennio perché costellata di eventi siccitosi che hanno ridotto drasticamente la produzione dell’Aglianico del Vulture”. Il territorio del Vulture è unico e particolare, con dolci declivi collinari e montuosi di origine vulcanica, esposti a mezzogiorno, lo rendono una delle aree più interessanti per la produzione dell’uva da vino di qualità. E’ qui che il binomio vino/territorio unitamente ad una tradizione millenaria, basata sull’intensa interazione tra terra, vigna e cultura, ha creato le premesse per la produzione di uno dei più prestigiosi vini rossi di struttura e da invecchiamento dell’intero panorama italiano. I viticoltori del Vulture hanno sempre difeso strenuamente la loro tradizione secolare, soprattutto nel respingere le insistenti richieste di alcuni produttori, votati a illusori,  facili guadagni che potevano derivare dalla “internazionalizzazione” del gusto tramite l’aggiunta in disciplinare di piccole percentuali di vitigni internazionali. Sarebbe stata una iattura e va detto ad onore dei produttori che si sono fermamente opposti a questa moderna tendenza,  proteggendo un vino che è stato valutato proprio per le caratteristiche di completezza e struttura che gli derivano da un solo vitigno. Negli ultimi trenta anni la DOC ha notevolmente valorizzato la produzione ed una ventata di innovazione  ha pervaso il Vulture, portando molte Cantine ad fornirsi di moderne attrezzature ed adottare  tecniche di vinificazione più attente.  Questa innovazione, senza tradire l’originalità di una materia prima già eccezionale, ha influito sulla qualità dei vini moderni, apportando una finezza ed un’eleganza che mancava nelle vecchie produzioni, ancora molto tradizionali. Attualmente l’Aglianico del Vulture DOC, interessa 15 paesi e viene prodotto da oltre 50 aziende presenti sul territorio, per un totale di oltre 1500 ettari coltivati. Le aziende vitivinicole producono complessivamente oltre 3.8 milioni di bottiglie all’anno, commercializzate con ben 113 etichette diverse. Grazie alle sue eccellenti caratteristiche organolettiche, ed alla somiglianza con un noto vitigno piemontese, questo vino è stato soprannominato con orgoglio il “Barolo del Sud”. 

L’Aglianico del Vulture è uno dei vini rossi italiani più apprezzati sia in campo nazionale che internazionale e a dimostrazione di ciò basta citare le undici “Gran Menzioni” e la “Medaglia d’Oro” assegnate al vino nel 2010 corso della popolare manifestazione Vinitaly di Verona. L’eccellente qualità di questo prodotto vitivinicolo lucano, unitamente alla sua lunga storia di produzione, hanno fatto sì che il riconoscimento della DOC (Denominazione di Origine Controllata) avvenisse già nel 1971. Un ulteriore riconoscimento è stato, in anni recenti, l’assegnazione della DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) all’Aglianico del Vulture di tipologia “Superiore”.Però tra i produttori dell’Aglianico del Vulture c’è ancora molto da fare: ancora troppo frammentata l’offerta sul mercato dettata da una difficoltà delle aziende di consorziarsi e fare “fronte comune”, di proporre un marchio unico, di unirsi per portare avanti un’unica campagna di comunicazione, di marketing dei prodotti e del territorio che sostenga la commercializzazione delle oltre 100 etichette. L’Enoteca Regionale Lucana, che ha sede a Venosa nella prestigiosa location del Castello Pirro del Balzo, è sì uno strumento indispensabile per la definizione di strategie di  promozione e commercializzazione non solo delle produzioni vinicole di qualità ma di tutti i prodotti alimentari “made in Basilicata” e dei territori, ma non basta: i produttori dell’Aglianico del Vulture devono fare la loro parte affinché questo prodotto unico della nostra regione possa raggiungere (potenzialmente) le tavole di tutto il mondo. Un elemento interessante su cui concentrare le energie potrebbe essere l’enoturismo: “il turismo enologico – riferisce D’Angelo – è un comparto che attualmente interessa oltre tre milioni e mezzo di turisti in Italia. Sviluppando questo tipo di turismo attraverso percorsi del vino, attraversando vigneti e cantine, degustando il nostro vino e mettendo in piedi  eventi di una certa rilevanza, ci ritaglieremmo una piccola fetta percentuale di questo turismo che potrà soltanto giovare al territorio dell’Aglianico del Vulture. Aumentando l’incoming sul nostro territorio, puntando gli occhi su questo turismo di qualità, potremmo davvero dar lustro alla nostra terra. Solo in questo modo – conclude D’Angelo – la promozione del territorio diventa anche recupero e diffusione della storia e della cultura di una località e della sua popolazione: riuscire a fare tutto questo attraverso la cultura del vino è una scommessa da vincere per dare al turismo quel valore aggiunto che, forse, manca ancora al nostro Paese”.

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