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REGGIO CALABRIA – Erano riusciti, grazie ad imprenditori compiacenti e con le tipiche modalità mafiose, ad inserirsi nei subappalti di lavori banditi dalla Regione Calabria e dalla Provincia di Reggio, i componenti della cosca Alvaro di Sinopoli arrestati stamani nell’operazione Xenopolis condotta dalla squadra mobile reggina e dallo Sco e coordinata dalla Dda. L’inchiesta ha anche evidenziato l’intreccio esistente tra mafia, politica ed appalti. In carcere il provvedimento è stato notificato a Cosimo Alvaro, 49 anni, detto “Pelliccia”, ed è stato eseguito nei confronti di Antonio Alvaro (47), Domenico Alvaro (37), all’ex sindaco di San Procopio Rocco Palermo (52), a Giasone Italiano (44) e Domenico Laurendi (44). Ai domiciliari è finito Carmelo Giuseppe Occhiuto (45). 

«E’ un obiettivo strategico per le cosche della ‘ndrangheta condizionare la politica. Ma il cittadino deve nutrire fiducia nei confronti delle istituzioni, così come è altrettanto necessario che chi è chiamato a responsabilità pubbliche eserciti con chiarezza il proprio ruolo». Ha affermato ha il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho illustrando i particolari dell’operazione.  

Antonio Alvaro, titolare della ditta Edil Trasporti Legna, secondo l’accusa, con l’aiuto degli imprenditori Italiano e Laurendi, sarebbe riuscito ad inserirsi, in maniera occulta e con metodi mafiosi, in un lavoro sulla rete del gas bandito dalla Regione e appaltato alla ditta Metangas di Rende (Cosenza) con sub-appalti e l’impiego di operai “sponsorizzati” dalla cosca. Con gli stessi metodi, la cosca era riuscita ad inserirsi anche in un sub-appalto di un lavoro da 20 milioni di euro bandito dalla Provincia di Reggio per la manutenzione triennale dell’intera rete viaria provinciale di circa 200 chilometri. L’indagine, però, ha evidenziato anche i rapporti di frequentazione che Laurendi intratteneva con esponenti politici locali per assicurare il “tesseramento”, un meccanismo che consente al politico, grazie ai contatti con un imprenditore che può contare su aderenze con soggetti legati alla criminalità organizzata, di ottenere una “dote” di tessere di partito per acquisire “peso” in vista delle candidature. Nello specifico, secondo l’accusa, i contatti ci sarebbero stati anche tra Antonio Alvaro e Rocco Palermo. Il condizionamento degli Alvaro sull’Amministrazione di San Procopio era arrivata al punto che uno degli Alvaro, Domenico (37), aveva chiesto a Palermo di dimettersi per un appalto del Comune aggiudicato ad una ditta diversa rispetto a quella caldeggiata da una fazione della cosca. Dissidio risolto dall’intervento di Antonio Alvaro su richiesta dello stesso Palermo. Dalle indagini, hanno riferito gli inquirenti, «sono emersi anche contatti tra Laurendi ed il sindaco di Bagnara, Cesare Zappia, ed i tentativi di avvicinare il consigliere regionale Pasquale Maria Tripodi e Francesco Rositano, ex Mpa, ma senza che si siano riscontrate responsabilità penalmente rilevanti». Zappia, Tripodi e Rositano, infatti, è stato specificato, non sono destinatari di alcun provvedimento giudiziario.
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