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PISTICCI – Lo avevano ribattezzato “le montagne russe di Pisticci”. Un vertiginoso saliscendi che rimandava il cuore in gola ad ogni passaggio ed apriva a qualche interrogativo fugace, dimenticato in quel lasso di tempo sufficiente a percorrere il tratto più estremo del maledetto tragitto alternativo al ponte crollato sulla Pisticci – Craco. Da ieri è diventato un triste monumento alla memoria di Anna Lanzillotta, la signora che su quel fondovalle ha perso la vita, travolta da una piena d’acqua venuta giù dal fosso attraversato dalla stradella dopo un acquazzone.
Sua nuora, Francesca Molfese di 39 anni, si è salvata per miracolo. La loro auto era stata sbalzata dalla piena, finita sospesa tra il ciglio della strada ed un tubo. Le due donne hanno probabilmente tentato di uscire dall’abitacolo. Francesca, che era alla guida, è stata trasportata quasi subito verso riva e soccorsa da un gruppo di volontari, che sono andati a riprenderla sul ciglio di una scarpata. Trasportata in ambulanza all’ospedale di Policoro, ha riportato un comprensibile stato di shock, ma non ha riportato gravi conseguenza. Destino molto diverso per la suocera.
Anna si è trovata nel bel mezzo del torrente ed è stata trascinata lontano. C’è voluto del tempo per recuperare il suo corpo ormai senza vita.
Lo hanno fatto i sommozzatori dei vigili del fuoco, coadiuvati da un elicottero dei carabinieri e da tutte le numerose forze scese in campo per far fronte alla grave emergenza. Il magistrato titolare dell’inchiesta, Alessandra Susca, non ha disposto l’autopsia ed il feretro è tornato ieri pomeriggio al cimitero di Marconia, dove oggi alle 16 sarà officiato il rito funebre, in una giornata di lutto cittadino indetto dal sindaco di Pisticci.
All’indomani della tragedia il letto del fosso Chiobica è solo fango e detriti. Quel tratto fu il primo a subìre dei lavori di sistemazione prima dell’apertura del percorso sostitutivo.
Ma a ben guardare si è trasformato in una diga pericolosissima. La massa d’acqua ha trascinato via l’asfalto, il fondo stradale ed un guardrail. Al di sotto solo un piccolo passaggio per lo scolo dell’acqua piovana.
Viene da chiedersi perché i lavori su quel tratto non abbiano previsto l’ampliamento del passaggio sottostante e come sia stato possibile sottovalutare il pericolo proveniente da una strada collocata sul fondo di un fosso a regime torrentizio, che in zona è noto per la sua forza dirompente.
Eppure la storia avrebbe dovuto insegnare qualcosa: era il 22 febbraio quando il presidente della provincia, Stella, dispose la sola restrizione al traffico lungo la ex 176. Il giorno dopo, il ponte sarebbe crollato mettendo in evidente discussione le valutazioni tecniche sulla staticità della struttura. Adesso c’è da capire se qualcosa non ha funzionato anche nelle valutazioni relative al percorso alternativo, chiuso al traffico da ieri. A questo punto appare improbabile che qualcuno possa ritenere di riaprirlo. La Provincia ha aperto una indagine conoscitiva sulle dinamiche dell’incidente, ma è un po’ come indagare su se stessi.
«Sulle responsabilità sarà la magistratura a giudicare – commenta l’assessore comunale Grieco – Quel che voglio denunciare – prosegue – è la responsabilità politica di una governance regionale assente, così com’è assente la gestione integrata del territorio».
Gli fa eco il sindaco Di Trani: «La Regione deve affrontare i problemi. Come Provincia avevamo stanziato i soldi per il ponte, ma sono bloccati dall’approvazione in bilancio. Se i finanziamenti fossero arrivati da Potenza avremmo potuto far prima. Ho già imputato la responsabilità per il cedimento del ponte ai camion che vengono dalla Val d’Agri invocando un coinvolgimento dell’Eni. Certe cose le denunciamo da tempo, anche perché è l’intera viabilità del nostro territorio ad avere seri problemi, come nel caso della Marconia – Basentana. Senza un nuovo ponte rischiamo l’isolamento anche da quel versante». Ma i tempi della burocrazia restano lunghi e nel frattempo c’è una emergenza viabilità da fronteggiare.
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