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IL VENERDI di Roccella jazz festival si apre con “Racconti ritrovati scrittrici d’Israele e degli Usa”. Sul palco dell’auditorium, alle 18 Gabriele Coen sassofono e clarinetto, Stefano Saletti oud e chitarra elettrica, Mario Rivera basso acustico, Roberto Pistolesi batteria e Lisa Ferlazzo Natoli, voce recitante. Sayon Liebrecht, Una stanza sul tetto; Dorothy Parker, La telefonata; Lynne Sharon Schwartz, la signora Saunders scrive al mondo: tre scrittrici e tre storie per tratteggiare un racconto parziale e sentimentale intorno alla scrittura ebraica femminile.
Tre racconti che, da prospettive diverse, raccontano di un’origine e di una fine: l’incontro conturbante con il mondo arabo, l’attesa di una telefonata d’amore e l’ultimo atto di resistenza di una signora borghese a Tel Aviv. Come un viaggio, insieme privato e fantasmatico, verso le geografie e le culture, le memorie e le lingue che hanno costituito alcune tra le più belle narrazioni d’Israele e d’America. Un accattivante melting pot di musica e parole.
Coen com’è nata l’idea di questo spettacolo, che è una produzione originale del festival?
«Diciamo che è frutto della conoscenza con Lisa Ferlazzo Natoli, regista teatrale che lavora molto sul valore letterario dei testi. Proprio a Roccella nel 2005 avevamo portato un lavoro su Rilke. Abbiamo lavorato diverso tempo sul materiale letterario e sonoro ebraico e abbiamo fatto anche dei reading alla comunità ebraica di Roma. Roccella ci ha chiesto una produzione originale ed è nato “Racconti ritrovati” sulle due anime della cultura ebraica: quella diasporica e quella ebraico-americana».
Nel suo percorso lei ha fatto incontrare spesso il jazz con la musica etnica, da cosa nasce quest’esigenza?
«È un’esigenza anche anagrafica: mio padre è ebreo e mia madre cattolica. Io ho sempre avuto una passione per l’identità spuria. Non ho avuto una formazione ebraica perché mio padre ha sempre avuto un approccio laico. Ma se ti chiami Coen devi pur fare i conti. Crescendo ne scopri la ricchezza e riesci ad essere più conciliante. Dunque, un percorso che è partito dalla riscoperta della radice ebraica. A questo aggiungo che oltre la Musica, la mia grande passione è la Storia».
Nel suo percorso c’è anche il Cinema e l’incontro, ad esempio, con un regista come Crialese?
«Si è vero, è stata una delle cose più divertenti. Crialese era appena arrivato da New York e con i Klezroym abbiamo fatto le musiche di “One we were strangers”».
Non era ancora Crialese di Nuovomondo?
«No. La mia esperienza con il cinema è continuata con film come “Notturno bus” ma anche “Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio».
Cosa pensa dell’orchestra voluta da Barenboim e composta da musicisti israeliani e palestinesi?
«Un’esperienza bellissima. Credo che con la musica e l’arte si possa fare qualcosa. Certo, la politica è un’altra cosa. Bisogna dare merito anche a Noa che con Mira Awad chiuderà quest’anno Roccella e mi sembra interessante che questo festival apra ogni anno una finestra su un Paese del Mediterraneo attraverso il jazz che è l’arte dell’improvvisazione».
Cosa pensa di Papa Francesco?
«È un Papa a cinque stelle, dolcemente rivoluzionario».
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