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COSENZA – Un vaso di Pandora. Il caso della morte dell’anziano originario di Rende  (LEGGI LA VICENDA) ha letteramente scoperchiato un vaso di Pandora e dell’ospedale dell’Annunziata adesso emergono anche altri problemi. Di certo la vicenda del sangue infetto è delicata e di questo non c’è dubbio come dimostravano i volti tesi di ieri in conferenza stampa. 

Parlando del problema più recente, ossia il sangue infetto, il management prova a rintuzzare le accuse che gli sono piovute addosso dopo il decesso di Cesare Ruffolo. Per il dg Paolo Maria Gangemi quanto accaduto è «per l’80% colpa del direttore del centro trasfusionale». Ma in realtà sarà la magistratura ad individuare le singole responsabilità. 
Quello che invece bisogna a tutti i costi capire è la sicurezza attuale del centro trasfusioni. Per Gangemi il centro adesso è sicuro perchè le sacche di sangue vengono acquistate altrove, ma resta il drammatico problema dell’assenza dei requisiti minimi organizzativi e strutturali. Carenze che anche il sottosegretario Fadda aveva evidenziato in una relazione nella commissione Affari sociali della Camera (LEGGI L’ARTICOLO E IL TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE) dichiarando che le criticità già rilevate in passato sono ancora presenti nel Centro trasfusionale.
Ma il management ribatte affermando che non è vero che non si è fatto nulla dalla prima ispezione del ministero dell’ottobre del 2012 ad oggi. Eppure c’è scappato il morto. 
Il direttore sanitario Francesco De Rosa si lascia scappare che alcuni reparti non hanno l’accreditamento per carenze strutturali e di personali. 

Il dg il 13 luglio ha scritto a tutte le autorità competenti, Procura compresa, per segnalare questi grossi disagi che vengono superati solo grazie al senso di abnegazione del personale. I reparti più a rischio sono Urologia, Chirurgia vascolare, Ortopedia e Pronto Soccorso. 
Il direttore sanitario del presidio, Osvaldo Perfetti, ha tapezzato l’azienda con un articolo del 1973 che definiva fatiscente l’Annunziata. Ha poi ricordato il fitto dibattito sul nuovo ospedale a Mendicino, eppure siamo ancora qui. 
Perchè non chiudere allora? La tentazione è forte, ma non si può visto che si tratta di un ospedale di riferimento regionale che copre una vasta utenza.
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