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HO vissuto e frequentato diverse città italiane, su cui ho anche scritto. Ho dei ricordi, ancora un po’ confusi per la verità, di altri dibattiti sulla città. Mi riprometto di andare a rovistare meglio tra le mie car te. Per ora ricordo di cosa si discuteva a Napoli alla fine degli anni Settanta e a Roma agli inizi degli anni Ottanta. Ricordo nomi e argomenti. Soprattutto su Venezia e Bologna.  Ho trovato poi un mio appunto su un libro che iniziava con questo commento: «Sì ma voi chi siete?». Come per dire: «su quali vostri limiti misurate i vostri programmi» e su chi contate?

Non credo che il dibattito in corso sia ancora sufficientemente giunto a chiedersi dove vogliamo andare e, soprattutto, che cosa dobbiamo concretamente fare. Lo dico perché per ora, ma senza ombra di critica, non c’è ancora il mondo. Non si fanno ancora i conti col tempo e il mondo di oggi. Per ora va bene. Ma sono convinto che prima o poi bisognerà arrivare al punto.

Per ora è giusto così. Il merito di Andrea Di Consoli è di partire dalle domande di fondo e dalle “presentazioni”. Come si fa tra gente civile. Insomma ci si sta chiedendo, anzitutto, chi siamo e in che cosa crediamo. Siccome non amo le confusioni mi atterrò anch’io al tema.

Sostengo con altri, e da molti anni, che la città è la più grande invenzione dell’umanità e che, da questo punto di vista, Matera è una grande lezione. Per questo, per i Sassi, è patrimonio dell’umanità. Per questo a Matera si dovrebbe venire ad apprendere e non ad improvvisare tribune, come fanno molti girovaghi della cultura, spesso famosi. Anche se poi comunque anche questo “… fa gioco”. Dobbiamo essere pazienti certo. Se non ci fa schifo divenire una città della cultura bisogna ascoltare di tutto. L’ospitalità non è anche questo?

Del resto Matera attrae enormemente, anche i più “barbari”. Ma per fortuna è meno visibile immediatamente. E questo in un certo senso la protegge. Ecco una sua diversità da altre città. Non emerge all’orizzonte come un pieno nel vuoto. Matera è Dentro. In questo senso “ha un’anima”. Dentro (e non sopra) il paesaggio. E qui che si verifica un fenomeno di fusione di umanità e mondo. Qui se si scava nella storia e nella sofferenza si manifesta lo scavo di un vuoto nella terra e nella natura. Aspetto vasto e interessantissimo, a cui in parte accennava Giuseppe Corona –ma non so se ho capito bene. Questo vuoto profondo, a proposito di “anima”, non è “an-estetico” ossia “senza sensibilità”. Non deve, come sostiene J.Hillman ne “L’anima dei luoghi”, metterci in uno stato di stupore, ossia “stupidi”. Oltre all’anima, nella fraternità, c’è un’intelligenza dei luoghi. Proprio questo “cervello dei Sassi”, su cui personalmente sono impegnato con i miei studenti, sfugge nelle “an-estesie” effettuate dai manager dei beni culturali.

Ma non basta ancora, per proporre una visione più comprensiva di ciò che siamo.

Oltre all’anima, al cuore e al cervello, c’è un DNA della città, che riguarda tutta Matera, non fermandosi solo ai Sassi. Qualche breve cenno. Nel DNA-Mt c’è il FARE STRADA. Il fenomeno inizia con le molte gravine del territorio che poi arrivano, qualche millennio fa, alla massima espressione nella Gravina di Matera che io definisco “centro storico della natura”. L’evoluzione del DNA nell’abitare nei Sassi trova poi la sua massima espressione di senso urbano nel tracciato, quasi parallelo alla Gravina, che definisco DNA 3+2. È il sistema in cui persino le 3 piazze (Unità d’Italia, Vittorio Emanuele, Largo Ridola), nella forma allungata “fanno strada”. Anche i 13 quartieri e Borghi del Risanamento, nella modernità riprendono il DNA, seppure più debolmente, ossia allo stato nascente di ciò che definiamo città-natura.

Questa scoperta – che condivido con I. Macaione – ci porta oggi a lavorare soprattutto in aree ancora più periferiche, dove la maggior sofferenza, per la “crisi” causata dalla modernità, è proprio dovuta alla quasi inesistenza del DNA urbano.

Ma anche qui sta lentamente emergendo il fenomeno nascosto di una “città dei migranti”. Alcuni dei quali dotati di un’anima e di un cuore.

Per cui, con l’estrema umiltà di chi volendo cambiare in prima pressione incontra non poche difficoltà, ritengo che se non si vuole continuare a recludere la conoscenza del fenomeno, occorre impegnarsi ad includerlo socialmente. Riconoscendolo intanto come un valore dei nostri tempi. Nella visione più ampia di una “città di migranze” a cui si appartiene molto più di quanto non si sia consapevoli. Girando da migrante della cultura, per le città e anche per le periferie di Roma e di Napoli, prima di abitare a Matera, mi sono accorto di quanto siamo stati tutti, in tutto o in parte migranti. Nomadi sradicati e talvolta viandanti disorientati. Ma anche pellegrini non girovaghi. Itineranti come chierici o fortunati viaggiatori. Con il corpo e/o nella mente.

A Matera oggi non si viene solo a visitare i Sassi. Pochi sanno, per esempio, che una quartiere come Serra Venerdì, per una serie di caratteristiche di cui ho avuto modo di dire in altre sedi, può essere considerato tra i più importanti di Europa. E qui si può trovare espressa, per dirla con le parole di Di Consoli: «una domanda di passato, di spiritualità, di senso, di fraternità, di ricca solitudine. E dunque di speranza». Ma le persone che ho il piacere di accompagnare a La Nera, Spine Bianche, Platani, Villa Longo, a La Martella o a borgo Venusio comprendono perfettamente che la città odierna non indica più il compimento di un destino. Anche la città, anteriore nel tempo, a quel punto può essere riscoperta come Città-Natura, esprimendo in se stessa la bellezza del suo stato “nascente” che si coniuga nel tempo con la capacità di ri-nascere dalle proprie rovine. Ma attenzione. Questa è città moderna, dove forse si progettò futuro. E forse non so più se possiamo essere tutti d’accordo.

Da sempre la città dei Sassi attrae, assorbe e mescola diverse culture e migranze che, con le loro “itineranze” narrative, percorrono qui le strade della trasformazione della diversità in ricchezza.

Anche oggi avviene qualcosa che può interessare il mondo. Ma come sempre gli attuali abitanti non lo sanno. Nei quartieri della periferia, in alcune scuole, in qualche parrocchia e associazione culturale avvengono cose più interessanti di altre rese visibili dagli apparati culturali. In oltre si stanno fondando laboratori di ri-generazione urbana. Ma qui mi fermo perché qui si apre il discorso del rapporto di Matera col mondo in questo momento, di dove vogliamo andare. Di dove e come si “fa strada” all’anima, finalmente nella LIBERTA’.

*Architetto, Università degli Studi della Basilicata

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