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POTENZA – Somiglia a uno strano gioco di parole il comunicato con il quale il dipartimento Ambiente della Regione Basilicata ridimensiona le preoccupazioni sui veleni in atmosfera dopo la fiammata dello scorso sabato al Centro Oli di Viggiano.

In una nota stampa che segue alla pubblicazione dei dati rilevati dalle centraline dell’Arpab nella zona di Viggiano, la Regione da una parte dice che “non sono stati superati i valori limite”, dall’altra – si legge testualmente – si afferma che per quanto riguarda l’idrogeno solforato “è stato superato il valore della soglia odorigena indicata dalla Organizzazione mondiale della Sanità”. In particolare le centraline Arpab hanno misurato due picchi nella mattinata della domenica seguente: il primo nella stazione di Viggiano zona industriale alle ore 10, e un altro il giorno 28 luglio alle ore 11 nella stazione Costa Molina Sud. 

La soluzione di questa ambiguità di linguaggio sta nel fatto che in Italia non esistono norme che limitino i valori di idrogeno solforato, sostanza altamente tossica, in atmosfera. Ma resta che il valore misurato dalla centralina nella zona industriale di Viggiano ha superato di trenta volte il valore massimo odorigeno fissato dalla Organizzazione mondiale della sanità. Nessuno può escludere che quello rilevato sia il picco massimo raggiunto. Certo, quel dato avrebbe dovuto far suonare qualche campanello d’allarme. Anche perché lo sforamento si è ripetuto anche, qualche ora dopo, in zona Costa Molina. Due picchi “anomali” registrati dalle centraline dell’Arpab soprattutto, di molto superiori alla media dei valori che normalmente vengono raggiunti. Accompagnati da un innalzamento dei valori di anidride solforosa, che per quanto non ha mai superato i limiti fissati, li ha quasi raggiunti. Dati rispetto ai quali si leggono elementi di preoccupazione nella relazione a firma del direttore generale dell’Agenzia regionale per l’Ambiente, Raffaele Vita che accompagna i rapporti di prova. Ma il dipartimento ne smorza i toni, quasi “scofessando” lo stesso lavoro dell’Agenzia. Alla Regione preferiscono puntare su altro. 

E cioè sul fatto che “Eni ha provveduto a dare immediata comunicazione alla Regione Basilicata e alle autorità competenti dell’incidente verificatosi alle 20 e 10”. Ma non si tratta di un gesto da eroi, bensì solo un passaggio formale e burocratico previsto da legge e dall’Autorizzazione integrata ambientale, pena ulteriori sanzioni. Secondo la ricostruzione della compagnia petrolifera – accreditata dalla Regione Basilicata – l’innalzamento dei valori sarebbe stato provocato da “un blocco delle apparecchiature e dalla conseguente depressurizzazione della terza e quarta linea dell’impianto con l’invio di gas naturale in torcia ascrivibile a un problema sulla rete di distribuzione elettrica interna”. “L’Eni – fa sapere la Regione – ha inoltre comunicato che nella notte tra il 27 e il 28 luglio si sono positivamente concluse le operazioni di riavvio della terza linea dell’impianto, mentre tra le 9 e le 11 del 28 luglio sono state avviate le attività propedeutiche alla messa in regime della quarta linea”. La posizione del dipartimento Ambiente non va oltre. Se non nell’assicurazione che “il sistema di monitoraggio messo in campo in Val d’Agri intorno al Centro Oli a seguito delle prescrizioni del Dipartimento Ambiente consente anche in presenza di malfunzionamenti del Cova di valutare attentamente lo stato di qualità dell’aria e di intervenire con tempestività”. Nella mattinata, invece, era stata la Ola a denunciare le carenza del sistema pubblico di controllo, lamentando «le inefficienze riscontrate per i ritardi nei  monitoraggi e diffusione dei dati non in linea con quanto accaduto  realmente». 

Ma in questo caso la conclusione è un’altra: per una volta l’Arpab certifica ed esprime preoccupazioni per i rilevamenti in atmosfera, ma la Regione sembra proprio non voler dare  troppo peso alla vicenda.

m.labanca@luedi.it 

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