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MATERA di qui, Matera di lì, Matera di su, Matera di giù..

Come molti altri, sono una materana che ha studiato a lungo fuori sede e che, tuttora, pur avendo tentato senza troppa convinzione di restare, ha scelto la via più “semplice”: partire ancora.

Amo la mia città e a volte bastano quei due-tre caffè che pago in centro, quando ci sono, perché la mia coscienza si plachi, convinta di aver contribuito all’esistenza di Matera in vita, alla sopravvivenza della sua economia. Il peccato da cui quei pochi euro non mi assolvono di certo è quello di essermene andata.

Credo che un po’ tutti noi fuorisede ci sentiamo  colpevoli nei confronti di Matera, specie quando leggiamo le parole dure di chi è rimasto e forse ha più voce in capitolo di noi.

Il mio semplice contributo al dibattito vuole essere un invito a tornare per chi crede di potercela fare. In fondo, per quella che è la mia esperienza, la vita a Matera è meno dispendiosa e meno caotica di quella in un’altra città ics da Roma in su. E, a chi potrebbe ribattere che è meno dispendiosa e meno caotica perché ha meno da offrire, rispondo d’anticipo che si tratta di una caratteristica della nostra città, quella della placidità, che forse può non piacere a tutti in tutti gli stadi della vita ma che prima o poi si ricerca.

A mio avviso torneremo, con o senza il mio appello, perché Matera ci chiama, ci manca, e torneremo a maggior ragione se dovesse chiamarci in soccorso, qualora dovesse malauguratamente avverarsi la catastrofe, vagheggiata da alcuni, solo teorizzata da altri, della sua “fine”.

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