CONTINUANO le segnalazioni sulle bellezze della Calabria sul sito di Legambiente e su quello del Quotidiano che insieme hanno deciso di promuovere l’iniziativa per far conoscere i luoghi più suggestivi della nostra regione. Per questo da sempre accanto alla denuncia Legambiente (https://calabria.legambiente.it) prova a premiare e valorizzare insieme al Quotidiano (ilquotidiano.estate@finedit.com) le esperienze che contribuiscono a invertire la rotta di una Calabria che spesso mostra il volto del degrado. Oggi parliamo di Amendolara. E’ tra le aree più apprezzate dagli appassionati di subacquea di mezza Europa, ancora poco conosciuta e perciò molto ambita, ma la vaghezza delle misure di tutela e i mancati controlli delle attività di pesca mettono a serio rischio la biodiversità marina delle secche di Amendolara, una tipica sea-mount presente nll’Alto Jonio cosentino. Una delle perle ancora da valorizzare del mare di Calabria, posta a circa 10 miglia dalla costa, è costituita da un’ampia prateria di posidonia oceanica in buono stato di conservazione e ricca di biodiversità che funge da nursery per pesci e per la salvaguardia per l’erosione delle coste.
La secca di Amendolara, ha una conformazione quasi circolare (a ferro di cavallo) di oltre 12 miglia quadrate (31 Kmq) che si erge da 200 m. di profondità sino a circa 20 m. dalla superficie con andamento alquanto irregolare a causa di picchi ed avvallamenti esistenti lungo i quattro versanti principali della secca. I picchi più elevati risultano disposti in direzione Nord-Sud fra di loro e con apici variabili fra i 20 e i 17 metri dalla superficie. Una secca nel mare è un’oasi di grande interesse naturalistico, ma soprattutto è una grossa fonte di cibo peri pesci, cibo che in mezzo al mare esiste solo a grandi profondità, mentre la secca ne è particolarmente ricca. La secca è nota da sempre ai pescatori locali per la qualità e la quantità di specie ittiche presenti nonché per un alone di mistero che la circonda a causa degli improvvisi fortunali che si abbattono in quell’area di mare. Particolarmente interessante è stata la scoperta di antiche carte nautiche che dal 1600 sino all’inizio del 1700, riportano nell’area in cui attualmente insiste la secca una vera e propria isola denominata “Insule Febrae” o “Monte Sardo”. Molti autori attribuiscono alla secca di Amendolara, l’identità dell’isola di Ogigia, dimora della Ninfa Calipso, dove Ulisse, in viaggio verso Itaca, approdò dopo un naufragio. Altri storici narrano che nel 377 a.C. la flotta di Dionisio il Vecchio, costituita da 300 navi da guerra, affondò proprio in queste acque.. Ma questo straordinario patrimonio di biodiversità marina, individuato anche come Sito di importanza comunitaria nell’ambito della rete Natura 2000 in applicazione della direttiva habitat 92/43/CEE, ha un alto grado di vulnerabilità a causa della pesca a strascico operata anche sotto costa, per la pesca abusiva, per l’inquinamento derivante da scarichi fognari e per l’ancoraggio non su boe fisse. Appare chiaro che la secca di Amendolara necessita di un intervento “umano” che la metta in sicurezza, attraverso la predisposizione di misure di conservazione e gestione del sito e garantendo un livello di tutela legale superiore a quello attualmente derivante dalla normativa europea.
E’ giunto il momento, se si vuole mantenere l’integrità biologica ed ecologica dell’area, che la secca di Amendolara venga dichiarata area marina protetta, al pari della secca della Meloria in Toscana e delle secche di Tor Paterno nel Lazio, potrebbe succedere anche in Calabria che un pezzetto di mare venga salvaguardato dall’incuria e dal degrado.