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HO SCRITTO libri che [mio padre] non ha scritto, ho scalato le montagne che avrebbe voluto. Sono suo figlio perché ho ereditato i suoi desideri. Non si eredita il granaio, la casa, ma la penuria, il compito lasciato, la provvista mancata. (Erri De Luca)
Ero, naturalmente, in Chiesa nel giorno del suo saluto. Sono entrato superando i banchi conservati per la famiglia e le autorità. Moltissimi. E ho pensato “E i tanti che verranno dove si metteranno? Basterà la Chiesa?” Quando, poi, mi sono voltato ho visto che non c’era la tanta gente che mi aspettavo. E la nuvola della tristezza passeggiava sopra le nostre teste tra il sospiro degli affetti familiari, la compostezza di quelli che dovevano esserci e la gratitudine di quelli che lo conoscevano per quello che era.
Quando sono uscito ho riconosciuto molti, molti li ho salutati fuori. Succede spesso ai funerali di stare lì ad aspettare che il rito si consumi mentre si sprecano gli incontri e le chiacchere aspettando che ci sia il segnale per entrare e farsi vedere.
Capita, non c’è niente di male. Lo facciamo tutti.
Ritorno, voglio scorgere, e giro gli occhi dappertutto.
In fondo alla Chiesa, gli inattesi, i contadini con la coppola che sono venuti per scappellarsi. Quelli non hanno mai la memoria corta. Davanti ai loro occhi bambini saranno scorse le sue campagne elettorali fatte a dorso di mulo, la sua seduta sui gradini di qualche masseria a prendere appunti per sapere cosa si doveva fare.
I tempi della politica allora erano scanditi dai bisogni che accomunavano case, luoghi nei quali la natura si era distratta e le persone che, nonostante tutto, vivevano lì per accomunarsi nello strappo della terra per raccogliere ciò che serviva per campare.
Le risposte della politica allora erano strade al posto di tratturi, case al posto di tuguri, dighe per raccogliere acqua, il bene più prezioso che c’è. E ancora le terre liberate dalla malaria e dal latifondismo e consegnate ai contadini e i primi canali d’acqua perché quel terreno desse la vita. E ancora. Le risposte della politica arrivavano da amministratori che “faticavano” per mettere in contatto paesi e borghi sparsi sulle colline, fra i boschi e nelle radure assolate, che si parlavano, anche contrastandosi, ma volendo tutti consegnarsi un progetto di specialità per la Basilicata.
E ancora le risposte erano la scommessa sui primi spazi per industrie che sono durate quarant’anni e che ora non ci sono più, le carte in cui si raccontava cosa sarebbe stata la Basilicata, le fondovalli per scorrerla velocemente.
Domenico, con il quale ero andato in Chiesa “La nostalgia è una brutta malattia, Colombo ti lascia la nostalgia? E che te ne fai? Hai visto quanti si sono liberati dei loro pre-giudizi e, senza sapere, gli hanno addebitato di tutto?
“Senza sapere, senza aver visto senza il lascito dei racconti che non hanno voluto sentire, hanno tentato di uccidere per la seconda volta il padre. Loro non sanno che quando si uccidono i padri bisogna stare in pace con la loro storia perché nessuno può fare a meno della loro l’eredità, quella alla quale qualche volta bisognerebbe far riferimento. Colombo, per esempio, ci ha insegnato che il riformismo senza l’apporto dei cattolici non consegna alcuna prospettiva e che le aggregazioni a convenienza tolgono passione e sincerità e fanno la rovina di una comunità. E poi, caro Domenico, la nostalgia non è una malattia. In realtà è un antidoto alla solitudine, alla noia, all’ansia. La nostalgia ci da la possibilità di essere più umani”.
Il dialogo si interrompe ogni volta che incontriamo qualcuno sulla via del caffè per scaricare la scaramanzia. Stranamente non mi avvinghio nel “Lasciatemi stare”. Ho il tempo per riflettere. Noi dobbiamo pensare che lo sguardo verso il passato, il ricordarsi di persone come Emilio Colombo serve, eccome. Egli ci ha regalato uno dei modi più sinceri di amare fino nelle viscere la sua terra, ci ha messo nelle mani visioni, fatti ed esperienze che non possiamo tenere sparse e che, anzi, dobbiamo rimettere insieme di fronte allo sguardo della politica di oggi che indietreggia di fronte a questo mondo e alle sfide che ci spiattella con virulenza. La nostalgia non svuota la vita né del suo presente né del suo futuro. Colombo, insomma, ci lascia compiti da completare, strade da ripercorrere perché ciò che sembra dissolversi riabbia una scusa per riprendere una forma nuova.
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