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IN POCHI sanno guardare alla propria città con severa e a volte cinica lente d’ingrandimento. Emilio Nicola Buccico è talmente legato a Matera da essere capace di farlo. A poco vale la sua esperienza di sindaco; piuttosto il rapporto sanguigno con la città dei Sassi deriva da un binomio che egli non scinde mai: quello che unisce lo studioso al cittadino.
Alle parole di Andrea Di Consoli risponde subito: «La considero una utile provocazione. E’ da tempo che rifletto sull’anima della città, attraverso i vari periodi storici, le trasformazioni che ha avuto nel ‘900. Il rischio è una schematizzazione di questi problemi, dell’inquadramento storico, della successione delle ere così come le ha immaginate Di Consoli. La riflessione va rispettata soprattutto quando ci si interroga sul destino di una città. Di città culturale, comunque, a Matera si parla almeno dagli anni ‘80, non è un’invenzione attuale, legata a Matera 2019. Ricordo che verso la metà di quel periodo, Raffaello De Ruggieri la prefigurò come una delle risorse dello sviluppo. Purtroppo da allora ad oggi dobbiamo registrare passi indietro; il fatto che quest’anno per la prima volta non ci siano le Grandi Mostre nei Sassi, nel corso della candidatura per Matera 2019, una defaillance terribile. De Ruggieri, uno dei pochi borghesi dotti che conosco, è riuscito a porre questo elemento nella discussione sul progetto della città che vorremmo disegnare».
E su questo aspetto Buccico si sofferma per una ulteriore riflessione, straordinario spunto sociale e storico. Dall’interrogativo di Andrea Di Consoli che si chiede se la borghesia materana sarà in grado di costruire la grandezza della città, l’ex sindaco risponde con tono altrettanto provocatorio: «Dove è la borghesia a Matera? C’è ancora qualche indomito borghese? Dov’è la classe che sa interpretare e farsi carico dei problemi della città? Credo invece che questo sia il periodo più buio della storia delle classi dirigenti della città. La borghesia intellettuale materana aveva da sempre il suo humus in professionisti che venivano dalla proprietà terriera, da studi effettuati in altre città. Oggi questo ceto qualificante, trainante, non esiste più. E’ per questo che valuto questo tema con sguardo difficilmente ottimista sulle sorti di una città che abbia un progetto per il futuro. Noi non abbiamo avuto una grande differenza tra classi dirigenti nel periodo che intercorse fra il fascismo e la democrazia. Abbiamo vissuto una metamorfosi omeopatica e camaleontica. E questo deficit si legge ancora di più nella candidatura di Matera 2019».
Emilio Nicola Buccico (cui si deve l’idea della candidatura della città dei Sassi) salva soltanto Raffaello De Ruggieri; in quanto al resto della “macchina da guerra” che è il Comitato 2019, ne parla come di un esempio di “Asincronìa, approssimazione, mancanza di un disegno unitario, di alleanze, incapacità di comprenderne l’anima. Non abbiamo saputo investire in termini unitari sulla città, comprendendone l’anima. Ci siamo fermati sulla frammentazione dell’effimero. Non possiamo rincorrere la singola iniziativa che deve essere inquadrata nel discorso che vada alle radici genetiche di Matera. Il nostro non deve essere un obiettivo olografico di vantaggio politici. Nel tempo, siamo stati terra di confine federiciana, avevamo tutte la caratteristiche per porci come luogo in grado di attrarre su di se’ forze importanti. Da questo punto di vista il discorso di Andrea Di Consoli, provocatorio, va accettato ma a patto che venga svolto in termini laici senza santuari inviolabili. Penso, in particolare all’accenno provocatorio a cartelli sul levismo, che ha portato ad una reazione del prof. Giovanni Caserta. Bisogna, invece, essere in grado di parlare fuori dai denti. Guai se non riuscissimo a guardare avanti, riconoscendo anche i limiti che certi temi ci hanno dato. La storia metabolizza e ci da’ altri risultati. Se la provocazione di Andrea Di Consloi riesce ad aggredire Matera, la città deve uscire dalla catacombe di città sepolta per assumere un ruolo trainante nella storia del Mezzogiorno».
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