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C’è chi ora propone – come Piero Sansonetti su “Gli Altri” – una manifestazione nazionale a suo sostegno. Il perché è evidente. “Cécile Kyenge sta diventando il bersaglio della più massiccia e devastante iniziativa razzista che mai si sia vista in Italia dai tempi del fascismo”. Ma la ragione è anche un’altra: “Lei si sta dimostrando l’unico elemento attivo del governo Letta”. 
Il ministro, spiega Sansonetti, “si è impegnato in una battaglia difficilissima e solitaria a favore dei migranti e dell’uguaglianza”. “Se vince le sue battaglie, per esempio sul diritto di nascita – è la conclusione del giornalista -, la sinistra avrà ottenuto più risultati col suo ministero che con gli ultimi 10 anni di governo”.  Sansonetti non è il solo a pensarla così. A detta di Gianni Pittella, vicepresidente del Parlamento Ue (vedi l’articolo in pagina), il ministro per l’Integrazione sta dando dei punti ai suoi colleghi di governo in fatto di dinamismo e concretezza. “La sua proposta di legge sullo ius soli – afferma Pittella – è un modello che andrebbe accolto e fatto proprio dall’intera Unione europea”. Il che, al di là del merito della legge, sta a mostrare che l’inserimento nel governo di una figura radicalmente, e vorremmo dire antropologicamente, estranea  per storia pubblica e familiare  al milieu politico nazionale costituisce una risorsa e non un limite per le istituzioni.  Si sottolinea questo non per rispondere allo sghignazzo razzista di Roberto Calderoli – uno che, al pari di molti leghisti, si esprime con il corpo e non con il pensiero, e col quale dunque nessun dialogo è possibile -, ma per prevenire un’obiezione logica che ricalca luoghi comuni assai più insidiosi di quelli, stantii e facilmente riconoscibili, usati dai militanti del Carroccio. Luoghi comuni di cui si fanno portavoce intellettuali come Giovanni Sartori e autorevoli quotidiani come il Corriere della Sera. Se nei leghisti parla l’istinto, un istinto animalesco, alla Bossi, qui abbiamo a che fare con un raffinato professore liberale che usa argomenti razionali apparentemente stringenti. Come giudicare altrimenti lo sfogo (è di alcuni giorni fa) dell’illustre politologo il quale, sulla prima pagina del Corriere, si chiede, riferendosi al capo del Governo: “Ma chi gli ha imposto una donna (nera, bianca o gialla non fa nessunissima differenza) specializzata in oculistica all’Università di Modena per il delicatissimo dicastero dell’integrazione?… A chi deve la sua immeritata posizione la nostra brava Kyenge Kashetu?”. La singolarità dell’intervento è nel fatto che, se la memoria non ci inganna, e se si escludono gli esecutivi tecnici (i quali peraltro non hanno lasciato tracce memorabili), gli uomini di Governo, in Italia, non sonoquasi mai stati scelti per le loro competenze. E dunque? Come mai l’inusitato attacco di Sartori?
L’intervento potrebbe essere derubricato come un tipico caso, non raro oggi, di conformismo dell’anticonformismo: una reazione umorale (Sartori ha un carattere ruvido) a quel “politicamente corretto” che intorbida gran parte del discorso di sinistra e della stessa opinione pubblica. E perfino il Corriere, come poi si è appreso, ha cercato di minimizzarne la portata collocando l’articolo in uno spazio che non è quello utilizzato per esprimere la linea del giornale. Resta il fatto che, dietro le parole di Sartori, si intravede un’ideologia che non ha nulla a che vedere con i rozzi proclami della Lega. Ma che, tuttavia, permea quella parte d’Europa che guarda con fastidio al Sud del continente, al quale viene addebitata, è il caso di dire, la responsabilità della crisi in atto. Un’ideologia che mette sotto accusa non soltanto i sistemi politici ed economici di Paesi come il nostro, ma che pretende di correggerne la mentalità. 
Ed ecco che la visita del ministro Kyenge a Matera, una città che cerca faticosamente di indicare una possibile via di sviluppo al Mezzogiorno, acquista un risalto tutto particolare. Come ha tenuto a sottolineare ieri il ministro, a Matera si è sentita a casa propria.  E se, riprendendo la proposta di Sansonetti, quella famosa grande manifestazione contro il razzismo e a difesa di tutti i Sud del mondo, si facesse a Matera? 
Antonello Grassi 

C’E’ chi ora propone – come Piero Sansonetti su “Gli Altri” – una manifestazione nazionale a suo sostegno. Il perché è evidente. “Cécile Kyenge sta diventando il bersaglio della più massiccia e devastante iniziativa razzista che mai si sia vista in Italia dai tempi del fascismo”. Ma la ragione è anche un’altra: “Lei si sta dimostrando l’unico elemento attivo del governo Letta”. Il ministro, spiega Sansonetti, “si è impegnato in una battaglia difficilissima e solitaria a favore dei migranti e dell’uguaglianza”. “Se vince le sue battaglie, per esempio sul diritto di nascita – è la conclusione del giornalista -, la sinistra avrà ottenuto più risultati col suo ministero che con gli ultimi 10 anni di governo”.  

Sansonetti non è il solo a pensarla così. A detta di Gianni Pittella, vicepresidente del Parlamento Ue, il ministro per l’Integrazione sta dando dei punti ai suoi colleghi di governo in fatto di dinamismo e concretezza. “La sua proposta di legge sullo ius soli – afferma Pittella – è un modello che andrebbe accolto e fatto proprio dall’intera Unione europea”. Il che, al di là del merito della legge, sta a mostrare che l’inserimento nel governo di una figura radicalmente, e vorremmo dire antropologicamente, estranea  per storia pubblica e familiare  al milieu politico nazionale costituisce una risorsa e non un limite per le istituzioni.  Si sottolinea questo non per rispondere allo sghignazzo razzista di Roberto Calderoli – uno che, al pari di molti leghisti, si esprime con il corpo e non con il pensiero, e col quale dunque nessun dialogo è possibile -, ma per prevenire un’obiezione logica che ricalca luoghi comuni assai più insidiosi di quelli, stantii e facilmente riconoscibili, usati dai militanti del Carroccio. Luoghi comuni di cui si fanno portavoce intellettuali come Giovanni Sartori e autorevoli quotidiani come il Corriere della Sera. 

Se nei leghisti parla l’istinto, un istinto animalesco, alla Bossi, qui abbiamo a che fare con un raffinato professore liberale che usa argomenti razionali apparentemente stringenti. Come giudicare altrimenti lo sfogo (è di alcuni giorni fa) dell’illustre politologo il quale, sulla prima pagina del Corriere, si chiede, riferendosi al capo del Governo: “Ma chi gli ha imposto una donna (nera, bianca o gialla non fa nessunissima differenza) specializzata in oculistica all’Università di Modena per il delicatissimo dicastero dell’integrazione?… A chi deve la sua immeritata posizione la nostra brava Kyenge Kashetu?”. La singolarità dell’intervento è nel fatto che, se la memoria non ci inganna, e se si escludono gli esecutivi tecnici (i quali peraltro non hanno lasciato tracce memorabili), gli uomini di Governo, in Italia, non sonoquasi mai stati scelti per le loro competenze. E dunque? Come mai l’inusitato attacco di Sartori?L’intervento potrebbe essere derubricato come un tipico caso, non raro oggi, di conformismo dell’anticonformismo: una reazione umorale (Sartori ha un carattere ruvido) a quel “politicamente corretto” che intorbida gran parte del discorso di sinistra e della stessa opinione pubblica. 

E perfino il Corriere, come poi si è appreso, ha cercato di minimizzarne la portata collocando l’articolo in uno spazio che non è quello utilizzato per esprimere la linea del giornale. Resta il fatto che, dietro le parole di Sartori, si intravede un’ideologia che non ha nulla a che vedere con i rozzi proclami della Lega. Ma che, tuttavia, permea quella parte d’Europa che guarda con fastidio al Sud del continente, al quale viene addebitata, è il caso di dire, la responsabilità della crisi in atto. Un’ideologia che mette sotto accusa non soltanto i sistemi politici ed economici di Paesi come il nostro, ma che pretende di correggerne la mentalità. Ed ecco che la visita del ministro Kyenge a Matera, una città che cerca faticosamente di indicare una possibile via di sviluppo al Mezzogiorno, acquista un risalto tutto particolare. Come ha tenuto a sottolineare ieri il ministro, a Matera si è sentita a casa propria.  E se, riprendendo la proposta di Sansonetti, quella famosa grande manifestazione contro il razzismo e a difesa di tutti i Sud del mondo, si facesse a Matera? 

a.grassi@luedi.it

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