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POTENZA – Il futuro della città? Secondo il Pd, almeno in parte, è racchiuso nel piano di investimenti che porterà Potenza al 2020. Il piano è quello dei fondi comunitari – divisi per settore, categoria e obiettivi – da investire secondo alcuni indirizzi forniti dall’Europa. Perché l’Unione europea, negli ultimi tempi, ha deciso di investire sulle aree urbane, certa che le città siano il motore dello sviluppo. A Potenza la cifra da spendere non è di poco conto, in parte già rimodulata con i tagli e poi le integrazioni subiti dai fondi Pisus (i fondi per lo sviluppo urbano sostenibile). C’è poi il Piano città, ci sono le risorse per l’innovazione, quelle del Fondo di coesione. Milioni di euro destinati – spiegano gli amministratori – a cambiare il volto della città. Il futuro, allora, lo spiegheranno in un incontro pubblico che si svolgerà in piazza Duca della Verdura, il 22 luglio, alle 18: ad incontrare i cittadini ci saranno il sindaco Vito Santarsiero, il capogruppo Gianpaolo Carretta e il segretario cittadino del partito Gianpiero Iudicello.
Ma a voler parlare del futuro di Potenza, ci sono altre idee in circolazione. Molte arrivano da una generazione capace di sorprendere in volontà. Sono ragazzi, impegnati in politica, con le idee chiare e senza timore di dire le cose come stanno. Anche se a farne le spese è la classe dirigente del partito a cui fanno riferimento.
Fabio Dapoto è uno di loro. Classe ’89, fa parte del comitato giovanile dei Popolari uniti. «Siamo un gruppo di ragazzi impegnati, insomma abbiamo provato a comporre una squadra attiva sulla città». Alla città che sarà pensano continuamente, «ma sì, è vero, i partiti non ne parlano, non ancora».
Con la candidatura di Vito Santarsiero alle prossime regionali (è stato lo stesso sindaco a spiegare di voler correre per il consiglio) in tanti si stanno domandando che cosa accadrà in città. O meglio, chi ne prenderà le redini. Soprattutto, su quali temi e con quali metodi si costruirà la prossima amministrazione. Ma l’aria generale è quella di grande stanchezza: poco dibattito, istituzioni spesso ferme, politica guardinga.
Loro, però, i giovani impegnati in politica, qualche cosa hanno cominciato a dirla. E a farla.
«Non è certo semplice. Ogni volta che proviamo a parlare con le persone, la risposta è sempre la stessa: la politica è percepita come un a cosa brutta. Noi, invece, nella politica ci crediamo, la facciamo nei partiti, non scegliamo liste civiche, nè l’atteggiamento grillino». Ai “grandi” del partito, Fabio ha qualche cosa da chiedere: «Più presenza tra le gente. Poi sicuramente scelte forti sulle candidature: il rinnovamento è necessario, ma non è un fatto di età. Serve gente nuova, ma soprattutto gente esperta. La politica ha un compito: risolvere i problemi delle persone». Quelli della sua generazione sono il lavoro, la precarietà, ma anche la possibilità di stare bene. «Dei giovani si parla tanto, forse troppo spesso, ma senza concretizzare. Su questa esigenza vorrei la politica un po’ più operativa e la società più attiva». I Popolari a potenza sono al governo: non è anche un po’ auto-critica? «Siamo nella coalizione di governo, ma le cose non si lasciano al caso. E un po’ di critica non fa certo male».
A proposito di critiche, c’è chi non ne ha mai risparmiate, abbinando all’accusa la proposta. Canio Sinisi, 25 anni, è una delle facce potentine della giovanile di Fratelli d’Italia. «Io voglio fare politica, non carriera politica». Per questo, spiega, forse è più facile dire le cose che si pensano, darsi da fare, essere attivi. Lo ha notato anche lui che c’è una generazione che in modo trasversale si sta dando da fare e alla politica guarda con interesse. Praticandola. E in modo più propositivo di chi oggi è classe dirigente. «C’è una spinta emotiva forte, siamo capaci di rischiare». E per la città? «Vogliamo invertire un trend che ha visto a Potenza intere generazioni andare via». Un percorso lungo, fatto di parecchio impegno e spirito d’iniziativa. «In questo momento la politica è sempre sotto accusa e se incontri i cittadini spesso ti rinfacciano cose che non riguardano te, ma chi è venuto prima di te magari. Ma piano piano, lavorando, la gente poi osserva, capisce. E allora capita che a furia di iniziative si comincia a raccontare in giro di questa generazione interessata a una città diversa». A Fratelli d’Italia hanno l’abitudine di stare in mezzo ai cittadini: volantinaggi, manifestazioni, incontri, piazze. nostri dirigenti dico che devono avere la capacità di capire che bisogna essere aggregativi, se davvero si vogliono cambiare le cose in città». Il che, dice, non significa costruire coalizioni improvvisate, scervellarsi sulla somma algebrica dei partiti. «Ma significa recuperare uno strato di cittadini che oggi non si pone neanche il problema di capire, che non vuole neanche ascoltarci. Rischiamo di non essere incisivi perché ancora troppo attenti a come costruire una compagine vincente e poco nel pensare il progetto dal basso».
Ecco, dal basso può funzionare. Anche nei partiti. Nel Pdl, per esempio, i giovani predicano da tempo un cambio di atteggiamento. Nicola Riviello è il coordinatore lucano della giovanile e da tempo, con gli altri del gruppo, attraversa il territorio in lungo e largo a raccontare un’idea di comunità. «Siamo pronti, ma non alla candidatura. Siamo pronti a essere classe dirigente del partito, a contare, a dire la nostra». A volte, però, la sensazione è che i “big” non vogliano sentire. «Non può essere solo un problema di linguaggio, di esigenze o di idee. Perchè dopo un po’ ci si viene incontro. Invece, nonostante molte sollecitazioni, nessun sussulto». Nicola lo ha detto in modo chiaro all’ultimo coordinamento: «rischiamo di perdere anche la quarta generazione. Il fallimento delle politiche di governo è del centrosinistra, ne siamo convinti. Su questi temi, tra l’altro, lanciamo un confronto alle giovanili dell’altra parte. Ma poi dobbiamo guardare in casa nostra, al partito che vorremmo attivo». Pronto, quindi, a occuparsi di Potenza: «Nel capoluogo trasferiamo lo stesso ragionamento valido per la regione e la provincia. prima di pensare ai nomi, serve capire che cosa si vuole fare. E poi, in fondo, le primarie non sono uno strumento così cattivo».
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