6 minuti per la lettura
A.D., vent’anni, affetto da una severa balbuzie dall’età di sei anni, non ammesso agli esami di stato. Non vuole essere una denuncia alla scuola di cui sempre e comunque sento di fare parte, ma alla società, una società che troppo spesso lascia sola la scuola ad affrontare temi complessi per i quali non ha strumenti idonei, che non investe da tempo nell’istruzione pubblica. Una società che non investe nell’istruzione, ha decretato il suo declino .
Non vorrei partire da troppo lontano ma per prima cosa vorrei sottolineare la difficoltà oggettiva a capire il diverso da sè. Il punto è che noi non conosciamo ma riconosciamo, facciamo cioè fatica a riconoscere qualcosa di cui in qualche modo non abbiamo alcuna traccia interiore. E’ difficile spiegare a parole quel che diviene invece evidente, ad esempio, in sperimentazioni di percezione visiva. Tra segni mischiati tra loro non individuiamo ciò che non ci è familiare se non dopo che qualcuno ce lo avrà reso tale mostrandocelo, dopo di allora, saremo in grado di riconoscerlo facilmente. In maniera quasi analoga ci è difficile individuare un disagio di cui non abbiamo esperienza, quasi impossibile capire le difficoltà di qualcuno di fronte a compiti per noi abitudinari, di estrema semplicità. Come capire che un disprassico può aver difficoltà ad aprire il sacchetto della spesa senza pensare che ‘ci marci’, che non voglia darci una mano, che se solo fosse animato da buona volontà potrebbe farlo, soprattutto se è qualcuno che in altri ambiti eccelle mostrando buone doti intellettive? Che qualcuno con un Dsa può non riuscire a copiare dalla lavagna mentre magari è abilissimo nel disegnare e così via?
Strano a dirsi, magari le loro altre, a volte elevate capacità, divengono addirittura causa di rimproveri.. Non è affatto richiesto che qualcuno eccella in compiti straordinari, ma che sappia svolgere quelli ordinari si, pena la mortificazione e se ognuno è disposto ad aiutarti nell’esecuzione di qualcosa ritenuta comunemente difficile, ad accettare il fatto che tu non la sappia fare, nessuno lo sarà invece per ciò che la maggior parte ritiene sia un’inezia. Se solo fosse più facile capire che le abilità non sono disposte in maniera piramidale così che chiunque ne abbia di ‘superiori’ debba possedere per forza quelle ‘inferiori’ ma che piuttosto procedono per aree, forse potremmo capire che non si tratta di inferiori e superiori, ma solo di diverse, che la diversità è ricchezza e che solo il mettersi insieme di chi ha le une e di chi ha invece le altre, può farci crescere tutti.
Dove voglio arrivare? Conosco questo ragazzo e forse proprio per questo è stato chiesto un commento a me sull’accaduto. Prima di imbattermi in lui non capivo realmente quanto potesse essere inficiante una balbuzie, molto più di un DSA. Un ragazzo dys ha difficoltà nella lettoscrittura e questo già di per sé, in una società che ha fatto di questo codice il suo perno, non è poco rispetto alla ferita nella propria immagine di sè ma un dys, in altri settori, se anche socialmente considerati meno importanti, comunque non presenta difficoltà. Un ragazzo con balbuzie, di contro, evidenzierà la sua difficoltà ovunque si comunichi oralmente, cioè sempre.
Non voglio addentrarmi in descrizioni di un fenomeno considerato pressochè incurabile, sulle origini molto discusse della sua eziologia, sui fenomeni di scomparsa e recrudescenza che spesso presenta, vorrei solo dire che i profani, senza volerlo, traggono a volte avventate deduzioni pervenendo a conclusioni del tutto arbitrarie ed errate.
‘.. A volte non balbetta, lo fa maggiormente quando è in ansia, le volte che viene a conferire e balbetta è solo perché è in ansia in quanto non ha studiato.. ergo, non studia abbastanza e ci marcia su questa sua difficoltà ’ E’ proprio questo che alcuni professori di A.D. hanno sostenuto, quasi le ansie di un ragazzo che soffre di balbuzie non possano essere, come quelle di tutti i suoi coetanei, il risultato di discussioni in famiglia, di difficoltà affettive, di paure tipiche del periodo puberale e, nello specifico, guarda un po’, quelle legate alla paura di balbettare proprio quando non lo si dovrebbe.. Ma non è tutto e non abbastanza.. questi ragazzi sono feriti ed anche una carezza sulla carne viva brucia, è così che appaiono permalosi, a volte saccenti, presuntuosi: chi si sente attaccato, attacca. Si, spesso attaccano senza rendersene conto e questo finisce per renderli invisi ed isolarli ulteriormente. Ho conosciuto A.D. un paio di anni fa, non per la sua balbuzie ma per il suo isolamento al limite della patologia, un atteggiamento solipsistico che lo vedeva trascorrere tutto il suo tempo extrascolastico, rinchiuso nella sua stanza. Dietro un pc, che gli consentiva di credere di comunicare eludendo la sua difficoltà, il suo mondo diveniva sempre più rarefatto.
In due anni non abbiamo lavorato sulla balbuzie, quello continuava a farlo con la sua logopedista, ma sul dolore dell’anima, sull’imparare ad amarsi ed accettarsi esattamente per quello che si è.
Enormi i risultati, senza dire che la stessa balbuzie regrediva. A.D. ha imparato ad apprezzare le sue potenzialità, ha messo a frutto l’esperienza di anni passati dietro un pc iniziando a costruire siti web, si è iscritto ad una scuola di fumetto sfruttando le sue doti artistiche, quindi si è cimentato con il disegno computerizzato producendo materiale pubblicitario molto apprezzato, si è recato a Lucca per il festival italiano di fumetto ed in ultimo, è andato per una settimana all’estero con un’amica. Alla scuola tutto questo non è bastato e non è stato ammesso agli esami di stato e forse non tanto e non solo per i risultati scolastici raggiunti ma per quell’atteggiamento di cui prima, lo stesso che lo ha reso inviso a molti docenti. E’ difficile che qualcuno che ritiene che l’altro ‘ci marci’ si renda conto che una simile sconfitta potrebbe portare addirittura a gesti estremi chi invece, vittima del ludibrio e dell’incomprensione da sempre, da parte di tutti, ha una personalità fragile ed in bilico..
Questo non vuole essere un attacco ma una richiesta di attenzione, per un ragazzo tanto supportato come in qualche modo ha avuto la fortuna di essere A.D., aiutato ad elaborare questo evento da un intero gruppo, ve ne sono tanti che non lo sono. La scuola ha bisogno di essere accompagnata da esperti, ha bisogno di maggior qualificazione e quindi riconoscimento della stessa, ha bisogno di potersi rapportare in aula ad un numero di alunni che le consenta il tanto vantato insegnamento individualizzato, centrato sul discente. La scuola, l’unica istituzione per i nostri ragazzi davvero diffusa su tutto il Paese, al di là di ogni credo, ideologia, ceto sociale, etnia, non deve essere lasciata da sola a far fronte alle richieste sempre più complesse di una società in evidente sofferenza.
*Psicologa e presidente dell’assocazione Yin-sieme
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA