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 POTENZA – La delibera è passata completamente sotto silenzio: all’ultimo momento, e dopo varie sollecitazioni, la Regione si è costituita in giudizio nel processo penale sull’utilizzo illecito delle risorse pubbliche all’Asi di Potenza. La giunta lo ha deliberato lo scorso 20 giugno, quattro giorni prima dell’udienza rinviata, dopo la costituzione delle parti al prossimo autunno. A farlo, qualche mese prima, ci aveva pensato anche lo stesso Consorzio industriale. 

E, con un pò di ritardo, in viale Verrastro hanno seguito l’esempio. Senza dare troppo risalto alla cosa. Facile comprendere il motivo dell’imbarazzo: tra i dodici imputati – rinviati a giudizio a ottobre dello scorso anno dal gup Rosa Larocca – insieme all’ex presidente Mario Vasta, c’è anche il direttore generale del dipartimente Infrastrutture, Mario Cerverizzo, all’epoca dei fatti direttore al Consorzio, oggi in aspettativa. Il dirigente, transitato anche dall’Autorità di bacino, prima dell’incarico in viale Verrastro, di recente è stato anche promosso e, su indicazione della Regione, nominato componente del Consiglio superiore dei lavori pubblici. 

Dunque, la Regione in giudizio contro il pluri decorato direttore. Che negli atti dell’inchiesta, compare tra quelli che in qualità di direttore generale avrebbe fatto parte di quel sistema che gestiva il Consorzio industriale come fosse cosa propria, anteponendo gli interessi particolari a quelli generali, a dispetto della mission pubblica dell’ente. Presunti favoritismi nell’assegnazione dei lotti, tanto che all’Asi avrebbero chiuso un occhio sui lunghi ritardi nella presentazione dei documenti da parte degli assegnatari, senza tenere in minimo conto le altre istanze che nel frattempo pervenivano. I dirigenti del Consorzio si astenevano dal segnalare anche evidenti conflitti di interesse, come quando ad aggiudicarsi il lotto, nonostante la documentazione incompleta, sarebbero stati i parenti diretti dell’ex presidente Vasta. Non solo. Il nome del direttore è pure legato a un altro illecito che si sarebbe consumato all’Asi. 

L’inchiesta, con una sorta di anticipazione di quella che sarebbe stata la rimorsopoli lucana, metteva in luce che fine facevano le risorse dell’ente che nel giro di pochi anni avrebbe accumulato un debito stratosferico. E così al Consorzio, invece di riscuotere il dovuto presso un’azienda produttrice di accessori moda, compensavano il debito vantato con l’acquisto di occhiali e altri tipi di oggetti che venivano poi regalati. Un danno economico provocato da un utilizzo delle risorse che con la pubblica utilità non ha nulla a che vedere, non solo per lo stesso  Consorzio industriale ma anche per la Regione Basilicata che come ha riconosciuto il Gup ha tutto il diritto di ritenersi parte offesa. Vale la pena ricordare che la cattiva gestione dell’Asi ha avuto anche un danno indiretto sulle casse della Regione che fino a ora ha stanziato più di 20 milioni di euro per ripianare i debiti che l’Asi ha accumulato negli anni. In viale Verrastro di tempo ce ne hanno messo un pò, ma alla fine la costituzione di parte civile è arrivata.

m.labanca@luedi.it

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