X
<
>

Share
6 minuti per la lettura

CROTONE  – La melma finisce nel mare.  Almeno questo è quello che emerge dalle analisi batteriologiche, relative allo scarico del depuratore nel torrente Papaniciaro, sui prelievi fatti dai finanzieri della Sezione operativa navale. I materiali che entrano fuoriescono “tali e quali”. I dati si riferiscono ai campionamenti eseguiti il 6 maggio scorso prima dell’ingresso dei militari nell’impianto. I parametri microbiologici di escherichia coli sono risultati pari a 1.220.000 ufc/100 ml a fronte di un valore massimo raccomandato di 5000. Dati che hanno indotto i finanzieri a integrare un’informativa di reato già inoltrata alla Procura, sotto la cui lente sono i depuratori di quasi tutta la provincia, gestiti da Soakro, società a totale partecipazione pubblica. Tanto più che il giorno dopo, gli stessi militari, insieme agli specialisti dell’Arpacal, hanno eseguito nuovi campionamenti presso lo scarico, sia a monte che a valle. Anche il giorno dopo le acque si presentavano torbide e maleodoranti ma il valore si ridusse a 400/1.000.000.000 ufc/100 ml a monte rispetto al punto di scarico del depuratore e quindi rientrava nella norma. Fuori norma rimase il prelievo a valle, pari a 670.000/1.000.000 ufc/100 ml di escherichia coli. Nella stessa giornata nuovo sopralluogo alla presenza dei tecnici di Soakro. E i valori, stavolta, erano nella norma. Naturalmente non ci sono elementi, per i finanzieri, per ipotizzare che dopo il loro arrivo siano stati adottati accorgimenti per evitare che il “tal quale” finisse in mare. Anche se la discrasia dei dati raccolti da soli e quelli ottenuti insieme alla parte ha destato i sospetti degli investigatori. 
C’è da dire, però, che Soakro non è rimasta con le mani in mano e ha avviato lo smaltimento dei fanghi prodotti. Ma, stando all’informativa dei militari, quest’attività si è fermata lo scorso 31 maggio e si è limitata a soli sette viaggi eseguiti da Calabria Maceri, società cosentina. Il termine del 31 maggio era quello per non incappare in una revoca della Provincia che aveva diffidato Soakro. E i fanghi prodotti quotidianamente dove finiscono? 
Insomma, la situazione non sembra essere migliorata rispetto a quella che un anno fa portò al sequestro dell’impianto, al quale i sigilli furono revocati nel dicembre scorso. Ufficialmente il depuratore è stato restituito dal Comune a Soakro nel febbraio scorso. Soakro era stata estromessa in seguito al sequestro e la patata bollente  finì nelle mani del sindaco, Peppino Vallone, nel senso che il Comune fu incaricato della gestione. Durante il periodo di gestione del Comune i fanghi rinvenuti e quelli prodotti furono smaltiti in apposita discarica dalla società Salvaguardia ambientale, del gruppo Vrenna. Il Comune restituì vuote le 40 vasche di essiccamento. Nell’informativa di reato sono pertanto finite ipotesi di stoccaggio non autorizzato e deposito incontrollato di rifiuti e  gettito pericoloso di cose. La stessa tipologia di reati in base alla quale il procuratore, Raffaele Mazzotta, chiese e ottenne il sequestro oltre un anno fa. Nell’ambito dell’inchiesta il suo sostituto, il pm Francesco Carluccio, ha chiesto l’interdizione dai pubblici uffici dei vertici di Soakro ma il gip ha respinto tale istanza.
Adesso le informative del Nisa (nucleo investigativo sanità e ambiente) della Procura, quelle che portarono al sequestro, e della Finanza, scaturite dai recenti sopralluoghi, potrebbero essere accorpate in unico procedimento che viaggia verso la conclusione delle indagini. Sotto accusa Ettore Scutifero, direttore tecnico di Soakro società, Giuseppe Leone, responsabile del settore fognario, Francesco Sulla, direttore generale, e Domenico Capozza, presidente del consiglio di gestione. I quattro devono rispondere di avere omesso di vigilare sul corretto funzionamento dei depuratori della provincia, non effettuando lavori di manutenzione e non prelevando i fanghi prodotti, per avviarli allo smaltimento in discarica; di gettito pericoloso di cose, poiché avrebbero provocato un aumento della carica batteriologica nelle acque dei fiumi; di aver creato depositi incontrollati all’interno degli impianti; di inadempimento di contratti di pubbliche forniture, essendo stati disattesi, secondo la Procura, gli obblighi assunti da Soakro con i Comuni della provincia in seguito ai contratti per la gestione del servizio idrico integrato. Assistiti dagli avvocati Leo Sulla e Francesco Laratta, gli indagati si sono sempre difesi sostanzialmente adducendo la morosità dei Comuni e la vetustà della rete nonostante la quale sono stati comunque garantiti servizi. 
Soakro, lo ribadiamo, non è rimasta con le mani in mano e ha mandato in appalto lavori per due milioni per interventi strutturali sulla depurazione, che, tra l’altro, prevedono di bypassare untratto della condotta del lungomare, quello più deficitario, che si collegherà alla rete del Consorzio per lo sviluppo industriale, più tecnologica e capiente rispetto all’attuale rete, pensata per un bacino d’utenza sottodimensionato rispetto alle esigenze odierne. L’obiettivo è quello di ottenere una rete depurativa efficiente per la prossima estate.

CROTONE  – La melma finisce nel mare.  Almeno questo è quello che emerge dalle analisi batteriologiche, relative allo scarico del depuratore nel torrente Papaniciaro, sui prelievi fatti nel Crotonese dai finanzieri della Sezione operativa navale. I materiali che entrano fuoriescono “tali e quali”. I dati si riferiscono ai campionamenti eseguiti il 6 maggio scorso prima dell’ingresso dei militari nell’impianto. I parametri microbiologici di escherichia coli sono risultati pari a 1.220.000 ufc/100 ml a fronte di un valore massimo raccomandato di 5000. Dati che hanno indotto i finanzieri a integrare un’informativa di reato già inoltrata alla Procura, sotto la cui lente sono i depuratori di quasi tutta la provincia, gestiti da Soakro, società a totale partecipazione pubblica. 

SMALTIMENTO SOLO A SINGHIOZZO – C’è da dire, però, che Soakro non è rimasta con le mani in mano e, oltre ad aver mandato in appalto lavori per due milioni per interventi strutturali sulla depurazione, ha avviato lo smaltimento dei fanghi prodotti. Ma, stando all’informativa dei militari, quest’attività si è fermata lo scorso 31 maggio e si è limitata a soli sette viaggi eseguiti da Calabria Maceri, società cosentina. Il termine del 31 maggio era quello per non incappare in una revoca della Provincia che aveva diffidato Soakro. E i fanghi prodotti quotidianamente dove finiscono? 

UN ANNO FA IL SEQUESTRO DELL’IMPIANTO – Insomma, la situazione non sembra essere migliorata rispetto a quella che un anno fa portò al sequestro dell’impianto, al quale i sigilli furono revocati nel dicembre scorso. Adesso le informative del Nisa (nucleo investigativo sanità e ambiente) della Procura, quelle che portarono al sequestro, e della Finanza, scaturite dai recenti sopralluoghi, potrebbero essere accorpate in unico procedimento che viaggia verso la conclusione delle indagini. Sotto accusa Ettore Scutifero, direttore tecnico di Soakro società, Giuseppe Leone, responsabile del settore fognario, Francesco Sulla, direttore generale, e Domenico Capozza, presidente del consiglio di gestione. Assistiti dagli avvocati Leo Sulla e Francesco Laratta, gli indagati si sono sempre difesi sostanzialmente adducendo la morosità dei Comuni e la vetustà della rete nonostante la quale sono stati comunque garantiti servizi. 

 

L’ARTICOLO INTEGRALE E GLI ALTRI SERVIZI SU DEPURAZIONE E QUALITA’ DEL MARE, SULL’EDIZIONE CARTACEA DEL QUOTIDIANO ACQUISTABILE IN EDICOLA E ONLINE

Share
root

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE