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«NESSUNO di noi, in questo momento di crisi, può immaginare di mantenere lo status quo, sono le modalità che andrebbero approfondite. Bisognerebbe piuttosto studiare una riforma complessiva dello Stato». Esordisce così Piero Lacorazza, presidente della Provincia di Potenza. Perplessità tante, ma anche una certa apertura rispetto alle azioni del governo. «Siamo d’accordo, lo Stato deve alleggerirsi – dice – ma dovrebbe guardare ai territori, ai fabbisogni standard, capire dove si può spendere di meno. Non si può partire dall’abolizione. Basta pensare a quanto tempo è servito per abolire le comunità montane. Non è affatto un passo semplice, per questo ritengo che questo tipo di modalità andrebbe approfondita».
Che poi far sparire un apparato del genere significa anche metterci parecchio impegno: «Che fine faranno – insiste Lacorazza – i milioni di euro di appalti, i contenziosi aperti, le competenze, le stazioni appaltanti?» Le cose sono troppo nebulose messe su questo piano, meglio seguire un iter «naturale delle riforme e mettere in funzione, a questo punto, le unioni dei Comuni». Il passaggio è chiaro e la preoccupazione è soprattutto per una «riforma che non è affatto organica, non guarda al complessivo, ma si limita ad agire su una abolizione».
Poi c’è tutto quello che riguarda il mantenimento dei livelli occupazionali: «I contratti dei lavoratori regionali, rispetto a quelli provinciali, sono superiori almeno del 20%, come si gestirà questa transizione?» Le domande sono tante, mentre la situazione si fa ancora meno chiara quando si pensa alla possibilità che le funzioni delle Province finiranno in mano alle Regioni. «In questi anni – dice Lacorazza – la Provincia di Potenza ha subito un taglio di trasferimenti statali che si aggira sull’ordine di 31-32 milioni di euro a fronte dei 35 programmati. In pratica stiamo già lavorando quasi a costo zero».
L’ultimo passaggio è piuttosto chiaro: siamo sicuri che questa abolizione comporterà un risparmio reale?
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