COSENZA – Dire che per la città di Rende sia finita un’epoca forse è un po’ esagerato. Di certo però la città conoscerà per la prima volta nella storia Repubblicana l’onta dello scioglimento anticipato del consiglio comunale. Allo scadere del ventesimo giorno dalla data in cui ha protocollato le sue dimissioni, Vittorio Cavalccanti non ha fatto marcia indietro e così già questa mattina il Prefetto di Cosenza dovrà nominare il commissario che gestirà il municipio rendese fino a nuove elezioni. Quando questo avverrà, al momento, non è dato saperlo. Al di là della vicenda politica c’è da considerare anche la commissione d’accesso antimafia che ha già terminato la sua relazione che attualmente è nelle mani del Prefetto. Nel caso in cui la relazione porti ad uno scioglimento per condizionamento mafioso i tempi si allungherebbero ulteriormente e non si tornerà alle urne prima di due anni. Tornando all’oggi, quella di ieri è stata una giornata particolarmente convulsa, in cui il dramma per lo scioglimento anticipato del civico consesso, ha rischiato di trasformarsi in farsa.
Le diplomazie delle forze politiche rendesi si sono svegliate ieri improvvisamente dal loro torpore, per cui immediatamente si era diffusa la notizia di un possibile ripensamento di Cavalcanti. L’idea era quella di redigere un documento di richiesta da parte dei partiti di maggioranza in cui si chiedeva al sindaco di ripensarci. Il Pd aveva dato il suo assenso di massima e così il consigliere regionale di Idv, Mimmo Talarico, si è subito messo a scrivere il documento. Ma in politica le parole sono pietre così è iniziato un lungo tira e molla su quelli che dovevano essere i contenuti della dichiarazione. A fine serata si è perso il conto di quante stesure erano state messe nero su bianco, ma su ognuna si è registrato il veto di questa o quella parte politica. Intanto le lancette dell’orologio scorrevano inesorabilmente verso il termine ultimo per le ritiro delle dimissioni e cioè la mezzanotte di ieri. Non c’è stato però bisogno di arrivare a mezzanotte. Intorno alle 23 Cavalcanti ha deciso di andare al suo buen retiro in quel di Cerisano, piccolo paese delle Serre cosentine, e la partita è finita lì. Questo nonostante si siano esperiti tutti i tentativi per scongiurare un eventuale scioglimento anticipato. A convincere Cavalcanti ci ha provato anche il presidente della Provincia di Cosenza, Mario Oliverio, che ha parlato lungamente per telefono con l’ormai ex sindaco di Rende. Ricordiamo che la città cosentina è uno dei pochi grandi centri in cui ancora governava il Pd che è arrivato a perdere anche roccaforti storiche sul territorio, a partire dalla città capoluogo. Ad un certo punto l’avvocato sembrava essersi davvero convinto. Ai suoi amici più stretti aveva annunciato un suo ritorno al lavoro e nelle redazioni era dato per imminente l’arrivo del documento della riconciliazione.
Niente di tutto questo. Del resto appariva davvero difficile una ricucitura dei rapporti fra Cavalcanti e l’ambiente politico rendese. Il Pd in primis non ha mai digerito non tanto le dimissioni del sindaco, ma soprattutto il modo in cui queste sono arrivate. Cavalcanti infatti ha annunciato le sue dimissioni attraverso un’intervista rilasciata in esclusiva alla nostra testata il 9 giugno scorso. Sia i consiglieri di maggioranza, sia gli assessori e soprattutto sia il capogruppo regionale del Pd, Sandro Principe, apprendevano la circostanza dalle colonne del nostro giornale. Oltre il mancato avviso, però, quello che ha logorato i rapporti politici erano i contenuti dell’intervista laddove Cavalcanti lamentava un isolamento subito dal suo stesso partito cioè il Pd. Non solo, sempre nel corso dell’intervista aveva dichiarato di aver agito per ridurre gli spazi di discrezionalità «anche a costo di dover dire più no che sì e essere tacciato come quello che davanti ai sì delle passate stagioni aveva assunto un atteggiamento di conflitto rispetto al passato». Insomma roba forte se detta in un luogo come Rende, dove da 35 anni si sbandiera un governo riformista che ha portato a realizzazioni che sono sotto gli occhi di tutti. Adesso Rende si trova a dover gestire una situazione davvero ingarbugliata politicamente, soprattutto se si considera che con Cavalcanti si era tentato un vero e proprio esperimento politico. La candidatura, infatti, era il frutto di un compromesso fra Sandro Principe e Mimmo Talarico. Un cosentino alla guida di Rende era non solo l’idea suggestiva di accellerare sulla realizzazione dell’area urbana, ma anche una prospettiva futura per la città. Forse è ancora presto per capire alla fine cosa non abbia funzionato se sono venute meno le condizioni politiche per l’esperimento, oppure sia stato Cavalcanti a non avere la stoffa per vestire questi panni. Ci sarà tempo per discuterne. Adesso la parola passa al Prefetto.