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di GIOVANNI CASERTA
Con l’unità d’Italia, qualcosa cambiava nel rapporto tra Stato e Chiesa. Con l’arrivo del nuovo Stato, infatti, si chiudeva il seminario, fuggiva irritato e offeso il vescovo Rossini, si espropriavano le proprietà della Chiesa e si sopprimevano alcuni conventi. 
La situazione economica e finanziaria della Chiesa, anche per questo, registrava un forte indebolimento, di cui non poteva non risentire la festa della Bruna, che ebbe momenti di difficoltà ed incertezze. 
Entrava in crisi la cappella musicale della Bruna. Quanto alla festa, nel 1867 fu celebrata non il 2 luglio, ma il 19 settembre; due anni dopo, nel 1869, fu fatta in forma tanto dimessa, che  negli anni successivi, stante la posizione assunta dalla Chiesa nei confronti del nuovo Stato, della festa finì con l’occuparsi una delegazione laicale. 
Cominciava, anche per la festa della Bruna, la storia della “nuova Italia”, durante la quale i caratteri della festa popolare finirono col prevalere su quelli più intimi e religiosi. 
I carri si fecero sempre più variopinti, ma anche anonimi.  E’ stato osservato come nei carri del secondo Ottocento predomini il motivo floreale, con scarsi riferimenti alla Madonna e a momenti liturgici specifici. Più che strumento di celebrazione religiosa, il carro diventa prevalentemente un mezzo di trasporto “bello”, destinato ad onorare la Madonna, passeggero inconsueto. Mancavano altre statue di santi; c’era solo qualche sparuto angioletto. A ricordo del fatto che il carro era della Madonna, spesso campeggiava una gigantesca lettera M.
All’inizio del Novecento, però, quando la tensione fra Stato e Chiesa cominciò ad allentarsi, grazie anche al patto Gentiloni, si notò una tendenza a fare carri più “religiosi” e a tema. 
Da una nota del “Corriere del Materano” (anno I, n.6, 11 luglio 1913), giornale che usciva tre volte al mese, si ricava che la festa della Bruna, quell’anno, “sapientemente organizzata da un gruppo di cittadini si svolse…con maggior solennità e movimento degli anni passati, con un grande concorso di forastieri dai paesi vicini, venuti per ammirarne le tradizionali usanze”. Solo due anni dopo, però, nel 1915, si ebbe la sospensione della  festa, a causa del fatto che, appena da poco più di un mese, il 24 maggio, era stata dichiarata guerra all’Austria. L’animo dei padri e delle madri materane, in quel momento, era tutt’altro che incline a distrazioni. Naturalmente, come è facile arguire, la festa rimase sospesa anche per i successivi anni 1916-18. 
Passata la guerra, in pieno fascismo, il tono festoso, retorico e barocco della festa si fece dominante. Il carro fu a soggetto. Ci furono carri dedicati alla celebrazione dello Spirito Santo, al battesimo di Cristo ad opera di  s. Giovanni Battista, a  s. Pietro e s. Paolo, alla Fede e alla Speranza, alla consegna delle chiavi della Chiesa da parte di Cristo, ecc… Ci fu persino, nel 1929,  un carro dedicato al Duomo di Milano! 
Arrivata, però, la seconda guerra mondiale, ancora una volta, per sei anni, cioè dal 1940 al 1945, la festa fu sospesa. Troppe famiglie venivano segnate dai lutti. Al posto della Madonna sul carro, più cara diventava la Madonna in figurina di carta, che molte mamme avevano cucito in un sacchetto da appendere al collo del figlio partito per la guerra ed esposto – si diceva così – alla palle nemiche in Albania, in Africa e in Russia. La festa fu  ripresa nel 1946, quando già l’Italia, da un mese, era una repubblica..

VIETRI DI POTENZA – Disagi, disagi, e ancora disagi. E’ una storia infinita quella del raccordo autostradale Sicignano-Potenza, in particolare nel tratto compreso tra i due svincoli di Vietri di Potenza, “porta della Basilicata”. Un tratto di circa quattro chilometri, compreso tra lo svincolo di Vietri-Balvano e quello di Vietri-San Vito. Lavori in continuazione, ma lo stato del raccordo resta comunque pessimo, pieno di insidie e percorribile, ormai da 150 giorni circa, da sole automobili. 

I camion, infatti, dal 4 febbraio 2013, hanno il divieto di transito. Divieto imposto dall’Anas per i mezzi superiori a 3,5 tonnellate a pieno carico e mezzi con sagoma superiore a 2,30 metri. La storia infinita del raccordo è iniziata nella primavera del 2008. Infatti, cinque anni fa, fu decisa la chiusura totale della carreggiata in direzione Potenza, per problemi strutturali. Praticamente chiusa, e in un tratto addirittura demolita (all’altezza di contrada Tusciano, in agro del comune di Vietri). Dal 2008, quella carreggiata a due corsie non è stata mai più riaperta. Ancora è chiusa. E ancora ci sono lavori in corso. 

Carreggiata chiusa, ma utilizzata quella in direzione Buccino per il doppio senso di circolazione. A distanza di quasi cinque anni dalla chiusura, l’Anas il 4 febbraio scorso ha avvisato della chiusura del tratto a doppio senso per i mezzi pesanti. Ma dubitiamo che il 3 luglio prossimo (data di scadenza dei 150 giorni) sarà riaperto. Difficile. L’Anas a fine gennaio rese noto che la chiusura era dovuta per il ripristino di tre travi del viadotto all’altezza di contrada Pietrastretta di Vietri di Potenza. Un tratto molto trafficato. Per chi proviene da Potenza, direzione Salerno, la pericolosità si avvisa al primo svincolo di Vietri-Balvano. Una marea di segnali, divieti. E, dulcis in fondo, un bell’ostacolo. Infatti, le automobili e i mezzi inferiori a 3,5 tonnellate (e meno di 2,30 mt) devono passare per un ostacolo definito pericolosissimo da tutti. Bisogna passare infatti tra due ostacoli in cemento, troppo stretti. Per chi non conosce il tratto, nonostante la segnaletica, è davvero pericoloso. Specie di notte. La conferma viene da chi, sfortunatamente, vicino a quegli ostacoli di cemento ci ha sbattuto con l’auto e con altri mezzi. 

E vi assicuriamo che non sono pochi, anzi. Gli ultimi qualche giorno fa: incidente con due feriti (auto distrutte) e poi un camper che ha subito danni per circa mille euro. Sono solo alcuni esempi. Pur rispettando limiti e segnaletica (specie di notte) è molto pericoloso. In aggiunta, gli addetti ai lavori, negli ultimi giorni, a supporto dei due pezzi di cemento, hanno installato anche alcuni pezzi di barriere. Dopo questo ostacolo, due chilometri a doppio senso di circolazione, con un manto stradale a dir poco pessimo. Poi il passaggio dal secondo svincolo di Vietri, direzione Buccino. Ma le deviazioni e i lavori in corso non mancano. E mezzi pesanti, però, in continuazione e perlopiù di notte, preferiscono passare dentro il centro abitato di Vietri (quelli provenienti da Buccino, in direzione Potenza). Dopo la mezzanotte ne passano diversi, ogni sera. Nonostante il percorso alternativo indicato per la Isca-Pantanelle e rientro a Tito. Per non parlare dei camionisti furbi, o di alcuni autobus, che hanno provato a varcare quella strettoia in cemento sul raccordo, rimanendo incastrati, causando blocchi. Automobilisti che si “perdono” anche una volta giunti a Buccino, in direzione Potenza. Secondo molti la segnaletica è poco chiara. Invita ad uscire dall’autostrada, per poi far rientrare dalla stessa parte. I disagi, insomma, non mancano mai. Un cenno lo merita anche lo svincolo di Vietri-San Vito. 

La rampa di accesso per Vietri (per chi viene da Potenza) è ancora chiusa, molto probabilmente per motivi burocratici. I percorsi alternativi (quello della Sp94 per Vietri e quello di contrada Piana) non sono dei migliori. Anzi, sulla Sp94, qualche mese fa anche un camionista deceduto dopo un incidente. Sta diventando ormai una storia infinita quella del raccordo autostradale “Sicignano-Potenza”. Nel tratto ancora oggi interessato dai lavori, sono stati spesi milioni e milioni di euro (il ripristino della carreggiata e altri lavori in direzione Potenza sono stati appaltati per 8,5 milioni). Mercoledì 3 luglio scadranno i 150 giorni di chiusura per i mezzi pesanti. Insomma, “dovrebbe” essere riaperto, ma appare davvero molto difficile. Anzi, quasi certamente impossibile. Per la Lucania, e per i turisti che arriveranno nelle prossime settimane da questo tratto, non sarà certamente un bel biglietto da visita.

 

 

 

 

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