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POTENZA – Il dirigente della comunicazione istituzionale rivendica la correttezza del suo operato e tira in ballo la segreteria della giunta e l’ufficio personale della sanità. Ma il caso degli specializzandi lucani “dop” continua ad arricchirsi di particolari, e ieri si è aggiunta una “gola profonda”. «Il 24 maggio quella delibera non era all’ordine del giorno». Ha spiegato al Quotidiano. In gergo le chiamano «delibere fuori sacco». Sintomo manifesto quantomeno di un certo malcostume amministrativo.
Se sul bollettino ufficiale della Regione la notizia di quei posti aggiuntivi finanziati nelle università di mezz’Italia è apparsa solo con 20 giorni di ritardo, quando il termine per presentare le domande per molte di loro era già scaduto o stava per scadere, non è colpa di chi ne ha pubblicati ben tre numeri prima di trovare uno spazietto per inserirla. E se a pagina 39 di quello del 16 giugno appare solo il titolo senza indicazione nè delle specialità nè degli atenei prescelti, cosa che avrebbe permesso a un giovane medico di concorrere con maggiori probabilità di successo per le graduatorie “allungate”, la colpa è di altri. «Su ogni provvedimento c’è l’indicazione obbligatoria sulle modalità di pubblicazione. Che sono 3: integrale, per oggetto, per oggetto + dispositivo. Non c’è spazio per la discrezionalità da parte di nessuno, ma severa osservanza della valutazione fatta a monte dal dirigente che ha redatto il provvedimento».
Questa la replica stizzita indirizzata al Quotidiano dal dirigente dell’Urp Donato Pace. In realtà la delibera in questione nella prima pagina riporta l’indicazione «atto soggetto a pubblicazione» con una “x” sulla casella «per estratto». Secondo il Sabatini-Coletti: «sintesi di uno scritto, di un documento». Che è cosa ben diversa dalla riproposizione dell’oggetto, ossia il titolo e nulla più. Tant’è vero che nel pezzo vituperato si era denunciata la mancanza di trasparenza proprio per questo, facendo riferimento alla “sintesi” effettuata. Ma prendendo per buona la difesa degli uni e buttandola addosso – sempre in senso figurato – al capo dell’ufficio personale del servizio sanitario regionale, l’avvocato Maria Grazia Panetta, il quadro rischia di sfuggire. Perché ad approvare la delibera siffatta è stata la giunta regionale. Al gran completo. Sebbene all’ordine del giorno della seduta del 24 maggio non ci fosse, come rivelato sempre al Quotidiano da una fonte bene inserita nelle stanze che contano di via Verrastro.
«Il 24 maggio nell’ordine del giorno della seduta della giunta quella proposta di delibera sui contratti di formazione specialistica aggiuntivi per il 2012/2013 non c’era». Così la “gola profonda”, che ha scelto di restare nell’anonimato per ovvie ragioni. «E’ stata portata dall’assessorato alla Sanità all’ultimo momento e approvata dalla giunta all’unanimità senza che la segreteria potesse effettuare il controllo preliminare di legittimità. E’ chiaro che c’è stata una volontà politica preponderante alla base di un voto così poco… istruito. Anche il visto di regolarità contabile dell’ufficio ragioneria riporta la stessa data perché è necessario per la correttezza formale dell’atto, ma entrambi i controlli, contabile e di legittimità, sono stati svolti dopo. Per questo la trasmissione all’ufficio comunicazione è avvenuta con qualche giorno di ritardo. Capita sempre così con le delibere “fuori sacco”, che non sono frequenti ma nemmeno così rare. Anche da noi».
Sì, perché più volte le cronache si sono già occupate del fenomeno delle delibere “fuori sacco” in altre parti d’Italia. Ne sa qualcosa il sindaco di Firenze Matteo Renzi, che l’anno scorso è finito al centro delle polemiche nella sua città per averne approvate 54 dopo le dimissioni del suo assessore al bilancio. Con lui anche l’ex ministro ed ex governatore abruzzese Ottaviano Del Turco, su cui pende una richiesta di condanna a 11 di reclusione per un’inchiesta che ha preso di mira proprio la vicenda sottostante una delibera “fuori sacco” approvata dalla sua giunta, a proposito dei crediti di alcuni fornitori delle asl.
Un altro indizio, insomma, del fatto che qualcosa di strano c’è, attorno a quei 15 contratti di formazione specialistica aggiuntivi a quelli ministeriali, finanziati dalla regione. Dopo la denuncia dell’Ordine dei medici di Potenza, che in una mail indirizzata agli iscritti ha evidenziato tutte le sue «riserve» sulla scelta delle branche e delle scuole, «effettuata dalla giunta regionale senza alcuna valutazione “a monte” dei fabbisogni e delle specialità carenti». Dopo la scoperta che l’anno scorso su 12 contratti distribuiti con gli stessi misteriosi criteri in mezza Italia – ma principalmente alla Cattolica di Roma – ben 7 lucani sono riusciti a spuntarla su una platea composta da candidati di tutta Italia. Oltre ogni statistica credibile. A meno di non pensare che la Basilicata abbia iniziato a sfornare geni del bisturi, quanti principi del foro sono nati ad Avigliano.
Dopo che sono venuti a galla i padri celebri di tanti di quei vincitori, come il primario del San Carlo di Potenza nonché referente del forum regionale salute del Pd Domenico Maroscia, quello dell’ospedale Madonna delle Grazie di Matera Luciano Corazza, l’ex direttore generale del Crob di Rionero, e il compianto militante a cui di recente è stata intestata la sezione del Pd di Palazzo San Gervasio. Oltre alla simpatizzante dell’assessore di Lauria. Unico a distinguersi il figlio del sindaco di Pisticci ed ex consigliere provinciale di Matera, sempre Pd, che essendosi piazzato al primo posto nella graduatoria del concorso per la specializzazione in endocrinologia e malattie del metabolismo all’università di Bari può ben dire che la sua è una borsa ministeriale.
Dopo aver scoperto – infine – che se mai c’è stata sul serio una valutazione in prospettiva delle carenze del sistema sanitario regionale alla base della delibera del 24 maggio, meno di un mese dopo era già stata travolta dagli eventi tant’è che la giunta è dovuta tornare sui suoi passi rimettendo mano al portafogli per finanziare altri 5 contratti aggiuntivi per circa 640mila euro, da sommare ai 3milioni e 600mila precedenti. Non si sa se anche questa volta con una delibera “fuori sacco”. Quando i termini per presentare le domande in una delle facoltà prescelte erano già scaduti. Buon per chi sapeva, o poteva auspicarsi l'”aggiuntina”. Per tutti gli altri nemmeno la chance di giocarsela per un posto in coda, che all’improvviso si sarebbe rivelato vincente.
l.amato@luedi.it
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