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di LUCIA SERINO
E’ stato il nostro Napoleone,e dunque può valere l’incipit: “Ei fu”. Perche’ la vera gloria c’e’ stata, e anche se poi fugata rimane per lui una vera gloria nazionale. .
Il piu’ grande statista lucano del XX  secolo (a me pare che superi per risultato Nitti che lo ebbe avversario elettorale e che profetizzo’ “quel Colombo volera’ lontano”), ultimo costituente in vita, grande elettore di tutti i presidente della Repubblica, presidente del Parlamento Europeo, leader democristiano ed esponente della corrente identitaria dorotea, ma soprattutto padre politico e fondatore della Basilicata moderna.
L’opera umana di Emilio Colombo e’ gigantesca. Da giovane deputato conduce De Gasperi in un viaggio nell’umanità disperata e povera delle nostre terre e da allora in poi con tappe forzate e decise portera’ la terra dei cafoni di Levi nella modernita’ italiana. Non fu un paradiso. L’emigrazione di massa, spesso governata dal centro, determinera’ ferite esistenziali e sociali. Con una cultura modernista agganciata al ministerialismo, adoperera’ la spesa pubblica per garantire alla sua terra d’origine nuove vie di comunicazione, insediamenti produttivi, grandi opere idriche, case  popolari, nuovi modelli di agricoltura, assunzioni di massa nella pubblica amministrazione, istruzione,, presenza di uffici statali.
Il consenso fu oggettivamente di massa. Curato con il sostegno della Chiesa e  di un apparato di partito ben ramificato che nei fatti, non e’ mai stato abbandonato dalla societa’ lucana. Il tutto fu irrobustito da massiccio anticomunismo che rese originale la vicenda della sinistra locale.
Uomo di mirabile ingegno. Forgiato alla lotta politica da Don Vincenzo De Luca, lievito’ il suo sapere nei campi dell’economia e della politica diventando interlocutore dei grandi statisti europei. Rara figura di politicoitaliano  in grado di parlare correttamente le lingue straniere, egli e’ stato, nel bene e nel male un protagonista illustre e riconosciuto della Prima Repubblica. Lottatore indomito della vita politica non ha mai concesso spazio e respiro all’avversario. Fini’ impiccato in effige nella tremenda Rivolta dei Boia chi molla in Calabria e fu attore principale dello sciasciano contesto italiano che ancor oggi cerchiamo di decifrare. I suoi vizi pubblici, diventati quasi tutti acclarati al tempo del gossip giudiziario, non oscurano le pubbliche virtu’ di gran lunga maggiori dei suoi peccati che avra’ consegnato al suo confessore. Da senatore a vita ebbe stile nell’affrontare inattese bufere e nel saper chiedere scusa al momento opportuno.
Fu determinante in alcune scelte italiane e sara’ la Storia a giudicarne gli effetti di lungo corso. Per la Basilicata fu decisivo. Creo’ una catena gerarchica di comando che oggi e’ definitivamente finita  con un alto numero di generali non sempre all’altezza del loro comandante. Uomo dalle letture e dai gusti raffinati, egli e’ stato anche uomo di mondo nel vero senso della parole considerando le sue relazioni internazionali.
Nella seconda Repubblica in Basilicata con i suoi interventi pubblici era diventato una sorta di padre della Regione e del partito che aveva unito le contrapposte culture politiche della guerra fredda. Per contrappasso, forse egli godeva di maggior rispetto dagli ex comunisti del Pci che non dai democristiani che forse avevano dovuto psicologicamente uccidere il padre. Era diventato un’icona pop. Immaginavo il suo ritratto originale come tracciato da Levi e poi colorato da Andy Wharol in una riproduzione infinita del suo viso.  
Davanti al suo feretro per non scadere nella vuota retorica, penso si possano adoperare le parole del Bardo scritte per salutare Cesare: “Nobile e’ stata la sua vita, e in lui i cosi’ diversi tratti ben fusi che la Natura pote’ ergersi a proclamare in faccia al mondo: “Questo fu un uomo”. 

E’ stato il nostro Napoleone,e dunque può valere l’incipit: “Ei fu”. Perche’ la vera gloria c’e’ stata, e anche se poi fugata rimane per lui una vera gloria nazionale. .Il piu’ grande statista lucano del XX  secolo (a me pare che superi per risultato Nitti che lo ebbe avversario elettorale e che profetizzo’ “quel Colombo volera’ lontano”), ultimo costituente in vita, grande elettore di tutti i presidente della Repubblica, presidente del Parlamento Europeo, leader democristiano ed esponente della corrente identitaria dorotea, ma soprattutto padre politico e fondatore della Basilicata moderna.

L’opera umana di Emilio Colombo e’ gigantesca. Da giovane deputato conduce De Gasperi in un viaggio nell’umanità disperata e povera delle nostre terre e da allora in poi con tappe forzate e decise portera’ la terra dei cafoni di Levi nella modernita’ italiana. 

Non fu un paradiso. L’emigrazione di massa, spesso governata dal centro, determinera’ ferite esistenziali e sociali. Con una cultura modernista agganciata al ministerialismo, adoperera’ la spesa pubblica per garantire alla sua terra d’origine nuove vie di comunicazione, insediamenti produttivi, grandi opere idriche, case  popolari, nuovi modelli di agricoltura, assunzioni di massa nella pubblica amministrazione, istruzione,, presenza di uffici statali.Il consenso fu oggettivamente di massa. 

Curato con il sostegno della Chiesa e  di un apparato di partito ben ramificato che nei fatti, non e’ mai stato abbandonato dalla societa’ lucana. Il tutto fu irrobustito da massiccio anticomunismo che rese originale la vicenda della sinistra locale.Uomo di mirabile ingegno. Forgiato alla lotta politica da Don Vincenzo De Luca, lievito’ il suo sapere nei campi dell’economia e della politica diventando interlocutore dei grandi statisti europei. Rara figura di politicoitaliano  in grado di parlare correttamente le lingue straniere, egli e’ stato, nel bene e nel male un protagonista illustre e riconosciuto della Prima Repubblica. Lottatore indomito della vita politica non ha mai concesso spazio e respiro all’avversario.

 Fini’ impiccato in effige nella tremenda Rivolta dei Boia chi molla in Calabria e fu attore principale dello sciasciano contesto italiano che ancor oggi cerchiamo di decifrare. I suoi vizi pubblici, diventati quasi tutti acclarati al tempo del gossip giudiziario, non oscurano le pubbliche virtu’ di gran lunga maggiori dei suoi peccati che avra’ consegnato al suo confessore. 

Da senatore a vita ebbe stile nell’affrontare inattese bufere e nel saper chiedere scusa al momento opportuno.Fu determinante in alcune scelte italiane e sara’ la Storia a giudicarne gli effetti di lungo corso. Per la Basilicata fu decisivo. Creo’ una catena gerarchica di comando che oggi e’ definitivamente finita  con un alto numero di generali non sempre all’altezza del loro comandante. Uomo dalle letture e dai gusti raffinati, egli e’ stato anche uomo di mondo nel vero senso della parole considerando le sue relazioni internazionali.

Nella seconda Repubblica in Basilicata con i suoi interventi pubblici era diventato una sorta di padre della Regione e del partito che aveva unito le contrapposte culture politiche della guerra fredda. Per contrappasso, forse egli godeva di maggior rispetto dagli ex comunisti del Pci che non dai democristiani che forse avevano dovuto psicologicamente uccidere il padre. Era diventato un’icona pop. Immaginavo il suo ritratto originale come tracciato da Levi e poi colorato da Andy Wharol in una riproduzione infinita del suo viso.  

Davanti al suo feretro per non scadere nella vuota retorica, penso si possano adoperare le parole del Bardo scritte per salutare Cesare: “Nobile e’ stata la sua vita, e in lui i cosi’ diversi tratti ben fusi che la Natura pote’ ergersi a proclamare in faccia al mondo: “Questo fu un uomo”. 

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