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POLICORO – Non si ferma l’assalto delle compagnie petrolifere allo specchio di mare del golfo di Taranto.
Ad oggi sono ben 11 le istanze di ricerca di idrocarburi, da parte di molte società petrolifere interessate alle estrazioni nel mar Jonio, anche nell’area lucana. Qualora se ne trovasse, c’è la certezza si tratti di fossile di scarsa qualità, seppur piuttosto conveniente, perchè in italia le Compagnie possono pagare royalties e compensazioni ambientali particolarmente basse, rispetto a quelle pagate nel resto del mondo.
E’ notizia recente che, dopo l’Appenine Energy Srl e la Shell, anche l’Eni ha presentato, con l’istanza d 67, richiesta di cercare idrocarburi nello Jonio; ma in questo caso, rispetto a tutte le altre società petrolifere, l’Eni ha ricevuto anche l’esclusione Via (Valutazione d’Impatto Ambientale) per la fase iniziale.
«L’esclusione della Via -fanno sapere dal comitato civico “No Triv” tramite la portavoce Giovanna Bellizzi- preclude ai comitati di cittadini di partecipare attivamente a una fase amministrativa importantissima, escludendo, di fatto, la possibilità di presentare osservazioni ed esprime parere negativo alla ricerca di idrocarburi in mare, a causa del grave pericolo di danno ambientale che tale attività industriale comporta».
E’ per questo motivio che il Comitato mediterraneo No Triv, ha deciso di inviare al Ministero dell’Ambiente, richiesta di motivazione della esclusione Via per l’istanza dell’Eni.
«In effetti -spiegano ancora da No Triv- per la prima volta un comitato di cittadini si avvale di una direttiva della Corte di giustizia Comunità europea, che nel 2009 ha indicato l’obbligo delle autorità amministrative competenti di comunicare ai cittadini che ne hanno fatto richiesta, dei motivi per i quali la decisione di esclusione della valutazione degli impatti ambientali è stata assunta. Inoltre, il Comitato mediterraneo No Triv chiede che il Ministero dell’Ambiente non si limiti a considerare ogni singola istanza delle società petrolifere separatamente ma di valutarle complessivamente. Se una sola richiesta di ricerca e poi di estrazione di petrolio in mare può avere conseguenze anche gravi sull’ambiente e la salute dei cittadini, appare quantomeno necessario considerare tali effetti moltiplicati per ogni singola autorizzazione richiesta dalle società petrolifere. La Comunità europea -ricorda ancora No Triv- ha assunto un indirizzo di tutela ambientale molto forte, con la decisione del Consiglio del 17 dicembre 2012 e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 9 gennaio 2013. L’Ue ha così aderito al protocollo relativo alla protezione del mare Mediterraneo dall’inquinamento derivante dall’esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, del fondo del mare e del sottosuolo. La Comunità europea -concludono da No Triv- si impegna, quindi, a proteggere il mare Mediterraneo dalla attività petrolifere offshore, mentre l’Italia disattende nei fatti tali principi, autorizzando un numero esoribitante di ricerca petrolifera in mare».
E’ per questi motivi che il Comitato mediterraneo No Triv ha anche deciso di sottoporre la questione alla Comunità europea con una formale denuncia, illustrando la necessità di agire con tempestività per fermare una politica di sfruttamento intensivo in un golfo come quello di Taranto a forte vocazione turistica.
a.corrado@luedi.it
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