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POTENZA – Ormai è chiaro come funziona: prima si spara e poi arrivano i caschi blu dell’Onu. Per il momento c’è la guerra. La solita che a fase alterne caratterizza e ha caratterizzato dalla propria nascita il Pd di Basilicata. Da un lato ci sono quelli della Bersani uno e cioè Folino, Lacorazza, Bubbico e le seconde linee fedelissime ai leader.
Dall’altro lato c’è De Filippo e le sue truppe con un pò più appartati coloro che non sono ex diessini a partire da Margiotta. Ovviamente si parla dei massimi livelli dirigenziali lucani da qui ai prossimi 5 – 10 anni. La posta in gioco è altissima e quindi la contesa non è ridotta solo a due squadre. Ci sono quelli della Bersani due e cioè i due Pittella che ammiccano a De Filippo magari per spuntarla alla fine loro stessi. Ma ci sono altri fronti caldi. C’è sempre la questione territoriale che tanto scalda i cuori nel Materano. Dopo le due legislature targate provincia di Potenza (De Filippo risiede a Potenza ed è di Sant’Arcangelo) a Matera c’è chi chiede a gran voce che questa volta alla presidenza della Regione vada uno della Provincia di Matera. Un tema che a Potenza può pure apparire marginale ma che appena superato il confino diventa la questione delle questione. La “materanità” è un tema che infiamma gli animi e le carriere politiche. Nella città dei Sassi come nel Metapontino, nelle colline della Murgia e nella Valbasento. E di materani in grado di mettersi al comando di una cordata per sbilanciare almeno le sicurezze potentine ce ne sono una mezza dozzina.
Insomma per farla breve nel Partito democratico di Basilicata è guerra totale. E in una maniera o nell’altra al conflitto sono interessati tutti. Chi direttamente aspirando a diventare il candidato governatore del centrosinistra, chi per appartenenza di filieria e chi non vuol perdere l’ultimo treno per il Consiglio regionale. Perchè con la scomposizione del quadro politico e con eventuali quanto inevitabili modifiche delle regole (abolizione province, nuova legge elettorale, macroregioni e altro ancora) sono in molti coloro che vivranno questi prossimi mesi con l’angoscia di essere arrivati all’ultima spiaggia.
Da aggiungere al quadro conflittuale ci sono quelli che continuano a ragionare su due tavoli: il livello regionale con le elezioni di novembre e il congresso di partito che dovrebbe comunque svolgersi prima o poi e quello nazionale con le ambizioni per la segreteria – per il momento affidata ad Epifani – che interessano da vicino anche i due lucani di punta, Roberto Speranza e Gianni Pittella. Senza contare le aspirazioni nazionali di Vito De Filippo che guarda sia a incarichi di governo con l’amico Enrico Letta sia ad altre prospettive sempre di prestigio.
Insomma di motivi per battagliare non ne mancano. Ovviamente la prima questione è quella che riguarda la futura presidenza della Giunta regionale con le elezioni di metà novembre che di giorno in giorno si fanno più vicine e con quello che faranno il governatore dimissionario De Filippo e l’attuale capogruppo del Pd alla camera dei deputati (e ancora segretario regionale) Roberto Speranza. Insomma nel Pd è guerra e non finirà se prima non si risolveranno almeno queste due questioni. Speranza da parte sua non pare intenzionato a sciogliere le riserve prima di aver capito il reale panorama in prospettiva leadership del Pd nazionale. La sensazione è che la candidatura alla Regione non lo attiri ma eviti di dirlo prima che il quadro nazionale non sia chiarissimo. Dall’altro lato De Filippo in Basilicata continua a mostrare i muscoli ribandendo che non ci sarà nessun successore che non abbia il proprio avallo.
Di contro c’è chi lavora per altre ipotesi nonostante la rigidità dei defilippiani. La soluzione ad ogni modo potrebbe essere agevolata se per il governatore dovessero aprirsi le porte a Roma. La strada principale è sempre quella che conduce a una nomina da sottosegretario, da viceministro o addirittura da ministro. A questa ipotesi c’è chi lavora da settimane sull’asse D’Alema – Letta da Roma a Potenza e viceversa. E le porte potrebbero ampliarsi se alcuni esponenti del governo nazionale dovessero uscire fuori dai giochi così come si anticipa da più fonti. Ma il piano è anche più ampio. Nelle corse ore è addirittura circolata un’altra suggestione con il nome di De Filippo associato alla prossima giunta del Comune di Roma. In pratica secondo quanto si è appreso a Roma qualcuno potrebbe proporre al neo sindaco capitolino Ignazio Marino del Pd il nome di De Filippo come possibile assessore esterno. L’ipotesi in effetti pare più che altro suggestiva e nulla più. Ma come è noto le vie della politica sono infinite. Ovviamente al netto delle ipotesi più o meno suggestive quello che appare evidente è che non ci sarà pace in Basilicata fin quando non sarà fatta chiarezza sul futuro di De Filippo.
Intanto c’è anche chi guarda gli altri combattere in attesa che finiscano gli “spari”. In pratica c’è chi tra un tentativo di mediazione e un viaggio a Roma già pensa alla fine della guerra quando dalla macerie bisognerà ricostruire sia una coalizione competitiva in gradi di confermarsi alla guida della Regione e sia una lista (o più collegate) del Pd con il candidato governatore sintesi del conflitto. Il ruolo di ricostruttore è tagliato apposta per Antonio Luongo. Non è un mistero. Ha tentato di non far scoppiare la guerra ma ora che è inevitabile aspetta la fine con la consapevolezza che ci sarà da ricostruire.
s.santoro@luedi.it
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