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CROTONE – Crotone accerchiata dalle trivelle. Potrebbe succedere se le nuove istanze di ricerca off-shore venissero concesse ed andassero a buon fine. Mentre dalla collina scrutano già le enormi pale mosse dal vento, e dal mare occhieggiano le gigantesche piattaforme petrolifere dell’Eni (oggi Ionica gas), si avvicina questa nuova “campagna di scavi”. Alla ricerca dell’oro nero nel mare dove navigò Pitagora. 

 

ARRIVANO I COLOSSI A RIDOSSO DELL’AREA PROTETTA – Si profilano, dunque, nuove piattaforme e nuovi giacimenti da cui estrarre barili e barili di greggio, petrolio e metano, oltre quello che già si produce, che è tanto. In media si parla di una quantità come 12.827.700 smc (metri cubi standard) all’anno che viene estratto dalle concessioni Eni (Ionica gas), stanziate davanti alla costa crotonese. Con già sei piattaforme e 28 pozzi in produzione. Ma a tutte queste piattaforme che già insistono sull’area marina protetta tra le più grandi e particolari d’Italia, potrebbero aggiungersene molte altre, con altri pozzi ed altro metano da estrarre dal sottofondo marino. Per effetto dell’articolo 35 del decreto legge per lo sviluppo, si sono riaperte, infatti, numerose istanze di altrettanto numerose compagnie petrolifere che vogliono accampare diritti nel mare territoriale italiano e, nella fattispecie, nel mar Ionio. 
Di fronte a Crotone, la Northen Petroleum Ltd ha chiesto la riapertura di richieste rigettate da tempo, e chiede l’approvazione di alcune istanze di ricerca in Zona F, su zone marine molto estese. Shell Eni Norten Enel Longanesi Developments, Nautical petroleum: sono questi i nomi che dovremmo abituarci a conoscere. 
Intanto, scade il 13 luglio prossimo il temine per la presentazione di osservazioni da parte dei cittadini e delle associazioni. In particolare se l’iter che riguarda l’area a sud di Capocolonna si concluderà con esito positivo, allora la Compagnia Petroleum potrà iniziare le sue ricerche, con buona pace degli ambientalisti, che già un paio d’anni fa protestavano per la perforazione di un nuovo pozzo di Ionica gas a ridosso  dell’area marina protetta più grande d’Italia.
IN RIVOLTA ANCHE I SINDACI DEL COSENTINO – Anche dai comuni costieri dell’Alto Jonio cosentino, del materano e del tarantino, si è levata ferma opposizione alle trivellazioni marittime, che potrebbero riguardare un’area ancora più ampia. Il prossimo 27 giugno una delegazione di amministratori locali guidata dal consigliere regionale del Pd Mario Franchino sarà ricevuta dal ministro dell’Ambiente Orlando, mentre l’eurodeputato del Pd Pino Arlacchi ha presentato due interrogazioni: al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea per l’Ambiente. Il presidente della IV Commissione regionale “Ambiente”, Gianluca Gallo, insieme con Mario Franchino, che è membro della Commissione hanno inoltre convocato l’organismo del consiglio regionale, venerdì 21 giugno alle ore 11, presso il castello federiciano di Roseto Capo Spulico. Durante i lavori, saranno ascoltati tutti i sindaci dell’Arco ionico cosentino, da Rocca Imperiale a Cariati. 
Intanto il deputato dl Pd Ernesto Magorno ha presentato nei giorni scorsi una interrogazione a risposta scritta al ministro sottoscritta anche dal deputato Stefania Covello, sulla paventata realizzazione di nuove trivellazioni nei comuni del litorale Jonico calabrese, da parte della Shell Italia. Mentre il Consiglio provinciale di Cosenza è pronto a riunirsi per deliberare il no alle trivelle, a Crotone e Catanzaro nulla sembra muoversi sul fronte provinciale.
Nelle sue interrogazioni, invece, Arlacchi premette che le aree interessate alle trivellazioni hanno “spiccata vocazione turistica e sono incompatibili con qualsivoglia tipo di attività estrattiva in mare”. Al Consiglio europeo, evidenziando il grado di sismicità del Golfo di Taranto ed i possibili tsunami innescati da eventi sismici con esposizione ad inquinamento dovuto alla dispersione di idrocarburi in mare anche a seguito di incidenti in eventuali impianti di estrazione off-shore. Arlacchi chiede se «le normative in materia di prevenzione di catastrofi naturali e protezione civile siano state rispettate; se e in quale modo le autorità europee possono intervenire per sospendere tutte le attività relative all’avvio di ricerche petrolifere e se i rischi di eventi sismici e catastrofi naturali siano stati valutati nell’accettare le richieste di autorizzazioni». Alla Commissione europea per l’ambiente, Arlacchi ricorda che la ricerca di idrocarburi al largo della costa ionica «altera il paesaggio e la salubrità delle acque fra le piu’ pulite del Mediterraneo». 
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