Reggio Calabria, 12 giu. – Tre persone sono state arerstate dai carabienieri del comando provinciale di reggio calabria con le accuse di associazione di tipo mafioso. Fra i tre destinatarid ei provvedimenti emessi dai Tribunale della città calabrese dello Stretto su richiesta della da, figura Pasquale Libri, 74 anni, indicato come3 capo dell’ominimo clan della ‘ndrangheta operante nel rione cannavò di reggio, già detenuto ai domiciliari. Gli altri arrestati sono Claudio Bianchetti, di 33 anni, e Antonino Sicropi, di 45.
Le indagini dei Carabinieri, coordinate per la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria dal Procuratore Capo Federico Cafiero de Raho e dal Sostituto procuratore Stefano Musolino, avrebbero dimostrato che la cosca Libri, nonostante gli innumerevoli attacchi subiti dalle operazionid elle forze dell’ordine, risulta ancora oggi particolarmente attiva sul territorio di questo comune. L’attività investigativa avrebbe inoltre consentito di riconfermare che il capo indiscusso di tale organizzazione criminale, dopo la morte del fratello Domenico, detto «Mico», è Pasquale Libri, come emerso dai processi «Testamento» e «Meta». La cosca continuerebbe ad esercitare il proprio potere criminale taglieggiando gli imprenditori edili impiegati nella realizzazione di lavori sia pubblici che privati.
REGGIO CALABRIA – Tre persone sono state arrestate dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione “Terra Bruciata” con le accuse a vario titolo di associazione di stampo mafioso ed estorsione. Fra i tre destinatari dei provvedimenti emessi dai Tribunale della città calabrese dello Stretto su richiesta della Dda, figura Pasquale Libri, 74 anni, indicato come capo dell’ominimo clan della ‘ndrangheta operante nel rione Cannavò di Reggio, già detenuto ai domiciliari. Gli altri arrestati sono Claudio Bianchetti, di 33 anni, e Antonino Sinicropi, di 45. Le indagini dei Carabinieri, coordinate per la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria dal Procuratore Capo Federico Cafiero de Raho e dal Sostituto procuratore Stefano Musolino, avrebbero dimostrato che la cosca Libri, nonostante gli innumerevoli attacchi subiti dalle operazioni delle forze dell’ordine, risulta ancora oggi particolarmente attiva sul territorio. L’attività investigativa avrebbe inoltre consentito di riconfermare che il capo indiscusso di tale organizzazione criminale, dopo la morte del fratello Domenico, detto «Mico», è Pasquale Libri, come emerso dai processi «Testamento» e «Meta». La cosca continuerebbe ad esercitare il proprio potere criminale taglieggiando gli imprenditori edili impiegati nella realizzazione di lavori sia pubblici che privati.
Scarcerato per motivi di salute ed ottenuti gli arresti domiciliari, il boss Pasquale Libri, quindi, continuava ad impartire ordini da casa. Secondo quanto riportato negli atti dell’inchiesta, Libri, dopo essere stato scarcerato per i motivi di salute e sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, anche in strutture sanitarie, avrebbe continuato indisturbato a dirigere la sua organizzazione criminale. Continuava infatti a impartire disposizioni agli altri due arrestati, Claudio Bianchetti e Antonino Sinicropi, indicando loro le attività criminali da compiere.
L’ESTORSIONE. Libri, ideatore e mandante; Claudio Bianchetti e Antonino Sinicropi, suoi emissari, avrebbero sottoposto ad una serie di minacce, intimidazioni anonime ed atti di sabotaggio, un imprenditore edile operante nel quartiere Condera di Reggio Calabria, tentando di indurlo alla consegna di 50.000 euro. Dapprima gli estortori avrebbero fatto credere all’imprenditore che si trattava di un semplice prestito e successivamente esplicitando che si trattava di un’imposizione a titolo di «pizzo». «Non pensare nemmeno di presentarti la prossima volta con una cifra irrisoria tipo 10.000 euro. Devono essere 50.000» avrebbero detto gli uomini del boss, durante uno degli ultimi incontri, all’imprenditore. Libri, Bianchetti e Sinicropi erano già coinvolti nell’operazione «Cosmos» del febbraio 2012, in quanto ritenuti responsabili del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni dell’impresa «Bentini», impegnata nei lavori di realizzazione del nuovo palazzo di giustizia. I tre avevano imposto l’assunzione di maestranze, forniture di beni e servizi necessari per l’espletamento dei lavori, tra cui quello della ristorazione. Gli arrestati, dopo le formalità di rito, sono stati associati alla Casa di Reclusione di Reggio Calabria. Gli arresti sono stati eseguiti a Reggio e Villa San Giovanni.