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POTENZA – «Non potevo mai immaginare, essendomi rivolto a un concessionario, di acquistare un veicolo di dubbia provenienza». Sì perché Donato Prota smerciava le Panda clonate dai suoi amici di Cerignola a diversi autosaloni, di Melfi e non solo. Così tra le 13 rintracciate e sequestrate dagli agenti della mobile di Potenza c’è finita anche quella di Riccardo Zingaro. Per i fedeli soltanto Don Riccardo.

C’è anche l’anziano parroco di Rapolla tra i testimoni dell’inchiesta per cui giovedì mattina in 23 tra Cerignola e Rionero sono finiti agli arresti. A ottobre del 2011 gli investigatori del capoluogo avevano raccolto la denuncia di un rivenditore di Avigliano che da un controllo nei registri della motorizzazione di Potenza e Salerno aveva scoperto diversi passaggi di proprietà a suo nome di cui era del tutto all’oscuro. Qualcuno aveva falsificato la firma della moglie, rappresentante legale della loro ditta. E tra le auto comprate e vendute ce n’era anche una intestata Riccardo Zingaro che poi è risultata rubata due anni prima a Potenza. Prima di rimetterla in circolazione da bianca che era la avevano riverniciata di nero e le avevano alterato il numero di matricola del telaio. Ma con delle tecniche collaudate gli investigatori sono riusciti a risalire a quello originale.

«A marzo avendo la necessità di sostituire la mia vecchia autovettura Peugeot in quanto sprovvista dell’aria condizionata, dopo aver contattato varie concessionarie site in Melfi, mi soffermavo presso una rivendita di veicoli usati che non conoscevo». Così il sacerdote nel verbale trascritto anche nell’ordinanza di misure cautelari del gip Amerigo Palma eseguita due giorni fa. «Dopo aver visionato diverse autovetture usate in vendita la mia attenzione si soffermava sulla Fiat Panda che poi mi è stata sequestrata in quanto la ritenevo di mio gradimento per il colore (nero, ndr) gli optional e la mia figura di sacerdote alla quale mal si addice un veicolo di grande cilindrata e volume. In ordine alla stessa **** mi riferiva che era un veicolo aziendale in buone condizioni. A tal punto concordavamo con lo stesso il prezzo in euro 7.700 comprensivo del passaggio di proprietà (euro 200) e la permuta della mia Peugeot 206 valutata euro 1.500. Ricordo di aver versato al ****** la somma di euro 6.200 a mezzo di assegno tratto dal mio conto corrente (…) Ricordo che in quella circostanza il concessionario non mi forniva dei documenti a me intestati ma mi rilasciava ai fini della circolazione un peresso dell’agenzia  ******* di Melfi.  I documenti originali mi venivano consegnati successivamente«. Proprio quelli che hanno incastrato Prota, considerato un «affiliato al  clan Di Muro-Delli Gatti», e i suoi amici cerignolani.

Infatti, stando a quanto scrive il gip di Melfi, dopo il furto targa e numero di matricola del telaio non venivano modificati a caso ma piuttosto sostituiti con quelli di un’altra Panda acquistata come “rottame” da una società di Verona dal socio pugliese di Prota, Pietro De Salvo. Un’auto incidentata, tanto per capirsi, che poi qualcuno deve aver provveduto a cannibalizzare di tutti i pezzi ancora utilizzabili, e a smaltire per il resto in uno scasso senza dare troppo nell’occhio. Targa e documenti, invece, sono serviti per riciclarne una simile. Era così che funzionava la “fabbrica” di De Salvo, Alberto Macchiarulo e Del Viscovo Gerardo, più i vari manovali del furto, del trafugamento e della ripulitura delle auto rubate. Prima che venissero rivendute a qualche conoscente come Natale Curiello, attuale presidente del consiglio comunale di Cerignola, oppure in Basilicata, sempre grazie all’intermediazione del 36enne melfitano.

l.amato@luedi.it

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