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POTENZA – Da circa vent’anni Vito De Filippo ha un ruolo primario nella politica e nelle istituzioni lucane, e da sette anni guida la Regione Basilicata con gli immensi poteri derivanti dall’elezione diretta. Anche io vengo da un lungo percorso di militanza politica e, durante la presidenza di De Filippo, ho assunto responsabilità istituzionali di primo piano. 
Abbiamo storie, esperienze, posizioni, relazioni, stili differenti. Per questo può capitarci di essere d’accordo o di avere posizioni divergenti su temi politici, ma mai di essere in contrasto per questioni o aspetti di carattere personale. Le ultime vicende legate al petrolio meritano di essere spiegate con chiarezza e trasparenza,
per il rilievo fondamentale che questo tema assume per gli interessi della Basilicata, per il rapporto delicato e complicato tra salute, ambiente e sviluppo e per la relazione che si è sviluppata in questi anni tra comunità locali, Regione e Stato. Nella recente riunione del gruppo dirigente del Pd dedicata a questi temi sono emerse posizioni
articolate e preoccupate.
Per parte mia cercherò di illustrare le osservazioni che non da oggi ho rivolto al presidente De Filippo sui temi del petrolio:

1– Non ho condiviso i toni ed alcune affermazioni che il presidente della Regione ha fatto nella recente conferenza stampa (seppur derivanti da un particolare pathos di origine territoriale, così come lo stesso De Filippo ha poi detto nella riunione del Pd) perché il Consiglio regionale della Basilicata ha sostenuto con forza la proposta del cosiddetto “Memo – randum” ed ha approvato all’unanimità l’art. 37 dell’assestamento di bilancio varando la norma conosciuta come “moratoria”; la ulteriore e solitaria presa di posizione del governatore ha rischiato quindi di ingenerare equivoci sulla credibilità dei consiglieri del Pd, addirittura ritenuti possibili destinatari di attività di sensibilizzazione da parte di non meglio specificate lobbies, e di minare l’unità politica dell’intero Consiglio, o quantomeno del centrosinistra che sta continuando a sostenere l’azione di De Filippo anche nella consapevolezza di una incerta efficacia del dettato normativo e/o di un suo presunto scopo strumentale, come ha scritto il Corriere del Mezzogiorno di martedì 11 settembre.

2– Siamo tutti d’accordo che non si può fare della Basilicata una “gruvie – ra”. Proprio per questo la Giunta regionale dovrebbe negare l’intesa su ogni singolo procedimento utilizzando tutti gli argomenti di merito possibili e tutti gli strumenti amministrativi disponibili, a partire dalle procedure di valutazione di impatto ambientale, costruendo in tal modo atti robusti ed inattaccabili sul piano giuridico. Ciò non di meno, però, permane l’attualità dell’intesa complessiva con il governo nazionale, anche ai sensi dell’art. 16 della legge n. 27/12 (di cui parlerò più avanti), e dei contenuti del Memorandum di cui il presidente ha sempre parlato in termini entusiastici, e per il quale io stesso nelle sedi istituzionali e politiche ho segnalato l’opportunità di essere più determinati ed esigenti nel rapporto con l’Eni, soprattutto sui temi del lavoro e dello sviluppo.

3– Con il termine “morato – ria” è passata una semplificazione mediatica che rischia di indebolire la nostra regione e di farla apparire contraddittoria; una semplificazione ancora più pericolosa per l’opinione pubblica lucana, alla quale giunge un messaggio del tipo “stop al petrolio”, uno stop tutto da verificare che, a giudizio di alcune associazioni ambientaliste rappresenta uno specchietto per le allodole, mentre le estrazioni petrolifere, con tutte le conseguenze del caso, ci sono concretamente in Val d’Agri e tra un po’ ci saranno nell’area della concessione Tempa Rossa.

4– Comprendo e rispetto la posizione di coloro che sono per principio contrari alle estrazioni petrolifere, ma la Regione Basilicata e le comunità locali decisero diversamente e non potevano fare altrimenti anche per effetto della legislazione vigente all’epoca dell’avvio delle attività (1996/1998), legislazione modificata con la riforma costituzionale del 2001 (art. 117 Cost.). Il governo regionale (presidente Dinardo) e il Consiglio regionale dell’epoca svilupparono azioni e proposte innovative ed intelligenti, condivise dalle istituzioni, dai soggetti sociali, economici e sindacali, che determinarono un nuovo contesto nelle relazioni tra una Regione che rischiava di scomparire (proposta della Fondazione Agnelli), il Governo e il Parlamento. Entrarono in campo, per la prima volta, concetti e termini nuovi, quali la sostenibilità ambientale, le compensazioni ambientali, furono reintrodotte le royalties ed assegnate interamente a Regioni e Comuni, si definì prima una intesa istituzionale fra Regione e Stato e poi un accordo fra la Regione e l’Eni, accordo quest’ultimo censurato dalla Corte dei Conti per gli oneri eccessivi e non previsti dalle leggi posti a carico dell’Eni.

5– Dopo la prima fase, segnata da speranze e aspettative, anche alla luce dei contenuti e degli impegni finanziari disposti con il Programma Operativo Val d’Agri, a causa delle incertezze nella concreta realizzazione di quel programma, le popolazioni di quell’area ed lucani più in generale hanno percepito le estrazioni petrolifere più come un problema che come una risorsa. La percezione negativa è aggravata dai ritardi nell’attuazione di quelle parti dell’accordo con l’Eni riguardanti le questioni ambientali, la salute e la sicurezza, nonché dalla perdita di credibilità ed affidabilità degli organismi regionali preposti ai controlli; ma non è solo questione di percezione, rimane il nodo di un sistema di monitoraggio e di controllo ancora incompleto (ci sono controlli anche sui singoli pozzi?) e in gran parte ancora dipendente dall’Eni, che invece è il soggetto da controllare. Si sarebbe dovuto definire un Piano di tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza, a partire dalla realizzazione della rete fisica di monitoraggio ambientale, con una azione costante di valutazione di tutti i rischi attuali e potenziali, mediante l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili e di metodologie scientificamente validate, con l’impegno degli organismi che a diverso titolo concorrono ai controlli ambientali (Arpab, Cnr, Osservatorio Ambientale, Università), con l’ausilio di Arpa che in altre Regioni hanno maturato significative competenze e della stessa Ispra e con una validazione da parte di autorità accademiche indipendenti, nazionali ed internazionali.

6– Il Programma Operativo Val d’Agri andrebbe rilanciato quale unico strumento di programmazione e di intervento attraverso il quale ridefinire il rapporto con le forze economiche e sociali di quel territorio. L’eccessiva parcellizzazione e discrezionalità degli interventi e la scelta di utilizzare le royalties quale bancomat per finanziare qualunque attività regionale al di fuori di un disegno strategico, trattandosi di mera spesa corrente, ha depotenziato una scelta importante quale è stata quella di sostenere l’Università di Basilicata. L’utilizzo delle royalties avrebbe dovuto rispondere alle scelte in grado di costruire il superamento della marginalità della nostra regione, assumendo tuttavia la priorità delle esigenze espresse dai territori interessati alle estrazioni e con la capacità di generare nuova finanza attraverso l’intervento della Banca europea degli investimenti, valorizzando l’intesa sottoscritta molti anni orsono, e della Cassa Depositi e Prestiti, per sostenere il prioritario programma di opere infrastrutturali strategiche, materiali e immateriali. Sarebbe stato inoltre necessario ridefinire una strategia per lo sviluppo e l’occupazione in Basilicata, pretendendo l’impegno diretto dell’Eni e delle altre compagnie petrolifere, in raccordo con il governo nazionale, per promuovere programmi di reindustrializzazione, a partire dalle aree già attrezzate, in settori innovativi quali la chimica verde, ed investimenti nei settori della ricerca, dell’industria moderna, nel campo dei servizi di prevenzione e tutela dei rischi naturali ed ambientali, tali da creare posti di lavoro innanzitutto per giovani specializzati, diplomati e laureati, e con il coinvolgimento delle aziende lucane con le reti di imprese e la definizione del contratto di sito.

7- L’accordo con la Total e le altre compagnie petrolifere per la concessione Tempa Rossa, garantisce maggiori benefici economici rispetto a quello sottoscritto con l’Eni; ciò non significa che non si possa e non si debba fare di più, anche alla luce degli attuali scenari energetici. A differenza dell’accordo con l’Eni (che seguì l’intesa con il governo nazionale) per Tempa Rossa si sviluppò una trattativa diretta tra le compagnie e la Regione, a cui a mio parere doveva seguire comunque una nuova intesa con lo Stato. Invece, nei due anni intercorsi tra la definizione dello schema di protocollo d’intesa (18 novembre 2004, approvato in Consiglio regionale nel gennaio 2005) e l’approvazione dell’accordo quadro da parte della Giunta regionale (19 settembre 2006), al di là di ogni valutazione sulle vicende relative all’accordo medesimo, si è persa una occasione importante per ottenere impegni aggiuntivi del Governo nazionale (Prodi) per la Basilicata; altrettanto si può dire riguardo al deposito per lo stoccaggio del gas in Valbasento.

8– Nel 2011 con il “Memo – randum” si tenta opportunamente di riprendere la questione del rapporto con lo Stato e del suo impegno almeno per limitare il gap infrastrutturale della Basilicata. Purtroppo i 17 mesi trascorsi da allora (sei mesi del governo Berlusconi e gli undici mesi del governo Monti) sono risultati vani, ed anzi in questo periodo, per effetto delle scelte del Governo, abbiamo perso presidi istituzionali importanti quali i tribunali di Melfi e di Pisticci (in situazioni simili sono scattate deroghe) e l’annunciata ridefinizione delle Province mette in grande difficoltà il sistema di governante territoriale della Basilicata. Si sarebbe dovuto invece riaprire il confronto con il governo nazionale su tutta la materia energetica e ambientale, provare a ridefinire tutta la materia delle compensazioni ambientali e delle royalties e ad ottenere una nuova intesa istituzionale relativa alla presenza dello Stato in Basilicata.

9- Nel frattempo il governo Monti ha emanato il dl 24/1/2012 n. 1, convertito con modifiche con la legge 24/3/2012 n. 27, che prevede all’art. 16 “di destinare una quota delle maggiori entrate statali effettivamente realizzate con nuovi investimenti di ricerca e sviluppo delle risorse energetiche nazionali strategiche di idrocarburi per lo sviluppo di progetti infrastrutturali di crescita dei territori interessati da tali attività”. Per fortuna, in sede di conversione di questo provvedimento, il governo ha accolto un emendamento proposto dal relatore della Commissione industria del Senato, tal Filippo Bubbico, in base al quale le nuove attività estrattive dovranno svolgersi “… nel rispetto del dettato dell’art. 117 della Costituzione, dei principi di precauzione, di sicurezza per la salute dei cittadini e di tutela della qualità ambientale e paesistica, di rispetto degli equilibri naturali terrestri e acquatici, secondo i migliori e più avanzati standard internazionali di qualità e sicurezza e con l’impiego delle migliori tecnologie disponibili…”. Non a caso nei giorni scorsi il ministro Passera ha fatto riferimento alla necessità di rivedere l’art. 117 della Costituzione per evitare il legittimo e necessario condizionamento delle Regioni, revisione che sciaguratamente ripor terebbe la situazione a prima della riforma del 2001.

10- Il governo dovrebbe emanare entro il 24 settembre prossimo, su proposta del Ministero per lo Sviluppo economico il decreto interministeriale in attuazione dell’art. 16 della succitata legge. Le previsioni di questa norma dovranno essere valutate con molta attenzione poiché incideranno sul piano delle risorse economiche in ogni ipotesi di prelievo di nuove risorse petrolifere che vada oltre quelle già previste dagli accordi in vigore. Ma questa norma non può sostituire in toto il cosiddetto “Memorandum”, che rimane un buon tentativo per far valere le ragioni della Basilicata in virtù del contributo energetico già offerto al Paese. Ogni ipotesi di incremento delle estrazioni che vada al di là di quanto previsto dagli accordi in atto dovrà essere valutata sotto i diversi profili, con particolare riferimento all’ambiente e alla salute. Su questa materia la Giunta regionale dovrà proporre le soluzioni che riterrà più adeguate, il Consiglio regionale, cui spetta la decisione finale, dovrà approfondire, dibattere ed assumersi le proprie responsabilità. In conclusione, ritengo che i gruppi dirigenti del centrosinistra e del Pd hanno saputo assumere su di se, in maniera collegiale, le responsabilità derivanti dalle criticità, dai ritardi e dai problemi connessi all’azione di governo. Dobbiamo continuare a farlo, nell’interesse della Basilicata, e per corrispondere alla fiducia ricevuta dai cittadini, ognuno in relazione al proprio livello di responsabilità politica e di governo. Gli atteggiamenti donchisciotteschi non servono alla Basilicata e appannano l’immagine di regione emergente del Sud faticosamente costruita in decenni anni di buon governo. Ho espresso con chiarezza e in coscienza le mie valutazioni. D’ora in poi eviterò di tornare su questi temi, nel convincimento che il centrosinistra, i suoi gruppi consiliari e lo stesso partito democratico sapranno agire per tutelare gli interessi supremi della Basilicata.

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