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POTENZA – Foste sospesi, fin quando il gip non ha revocato gli arresti e i divieti di dimora per tutti. Dunque la vostra indennità da consiglieri andrebbe decurtata come prevede la legge che ha delegato alle singoli regioni, cioè a voi stessi, di prevedere in che percentuale. Ma com’è che da quando è entrato in vigore il testo unico sull’incandidabilità nessuno sembra averci pensato?
Si potrebbe chiamarla una sospensione “col senno di poi” quella decisa dal Consiglio dei ministri e notificata ieri mattina dagli agenti della Digos. Destinatari: i membri del parlamentino lucano colpiti lo scorso 24 aprile dall’ordinanza di misure cautelari personali del gip Luigi Spina. Poi bisognerebbe aggiungerci la decurtazione “farlocca” degli stipendi, a meno di coraggiose acrobazie giuridiche da parte degli uffici di via Verrastro a scapito delle finanze dei consiglieri, che di certo non la lascerebbero passare liscia.
Facile dunque immaginare il risultato: per ora tutto resta uguale. Il procedimento pendente negli uffici della procura di Potenza va avanti, e si vedrà dopo l’udienza del 18 se la revoca delle misure cautelari verrà revocata a sua volta. Ma anche in questo caso bisognerebbe attendere che la decisione diventi definitiva e la data indicata per le elezioni di novembre a quel punto potrebbe anche essere agevolmente superata. Intanto da Roma è arrivato un segnale e poco più. Se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi può rassegnarsi all’idea che lo scandalo dei rimborsi dei consiglieri regionali lucani è arrivato anche a Palazzo Chigi.
A ben vedere si tratterebbe della seconda occasione in cui la Presidenza del Consiglio dei ministri affronta la questione. La prima attiene infatti alla richiesta di accesso agli atti che il Quotidiano della Basilicata aveva formalizzato agli inizi di ottobre per poter consultare rendiconti e documentazione giustificativa del rimborso per spese di segreteria e rappresentanza degli onorevoli nostrani. Sul diniego opposto per tutela della “privacy” dei consiglieri, 24 ore prima del blitz di finanza, carabinieri e polizia che hanno sequestrato proprio le fatture e gli scontrini in questione datati 2010 e 2011, da via Verrastro era partita la richiesta di un parere alla Commissione di accesso agli atti amministrativi, insediata proprio a Palazzo Chigi. Parere (favolevole alla richiesta del Quotidiano) che è arrivato lo scorso 23 aprile, 24 ore prima che scattassero gli arresti e i divieti di dimora per 10 tra consiglieri e assessori esterni in carica.
Si tratta di Rosa Mastrosimone (Idv), Nicola Pagliuca (Pdl) e Vincenzo Viti (Pd), finiti agli arresti domiciliari. Più Antonio Autilio (Idv), Paolo Castelluccio (Pdl), Agatino Mancusi (Udc), Mariano Pici (Pdl), Alessandro Singetta, Rocco Vita (Psi) e Mario Venezia (Pdl), tutti “banditi” dal capoluogo sede del Consiglio regionale. Mastrosimone e Viti, entrambi dimissionari dal giorno stesso degli arresti, sarebbero tornati in libertà dopo 9 giorni per decisione dello stesso gip che aveva emesso la misura nei loro confronti. Per Pagliuca invece, dimessosi soltanto da capogruppo del Pdl, la misura sarebbe stata convertita in un più blando obbligo di dimora, poi confermato anche dal Tribunale del riesame per lui e per gli altri. Tutti eccetto Pici e Mancusi “riabilitati” sempre dal gip dopo l’interrogatorio di garanzia. Quando il primo è riuscito a minare la credibilità dei gravi indizi di colpevolezza nei suoi confronti documentando le manifestazioni per cui risultava aver speso diverse migliaia di euro affittando attrezzature audio/video, mentre il secondo ha mostrato una certa «resipiscenza» depositando la prova dell’avvenuta restituzione del presunto maltolto nelle casse della Regione.
Sulla scia di quanto fatto dall’ex vicegovernatore e poi deciso dal gip, ribattezzato subito “Lodo Mancusi” dai più addentro alle cose del Palazzo di giustizia di Potenza, il 17 maggio le misure cautelari residue sono state revocate in blocco.
La sospensione “col senno di poi” e l’eventuale decurtazione conseguente delle indennità andrebbe quindi misurata per la maggior parte dei consiglieri interessati dal 24 aprile a 17 maggio.
Due curiosità. Per un mero errore sembra che a Palazzo Chigi sia “saltato” il nome di Alessandro Singetta tra i destinatari della comunicazione notificata ieri. Quanto invece a un altro consigliere non si è potuto procedere perché al momento risulta all’estero. Di chi si parla? Ma di Antonio Autilio, già ribattezzato “uomo viaggio” da Maurizio Crozza durante il suo show in prima serata su La7, quando ha preso di mira lo scandalo dei rimborsi ai consiglieri regionali lucani. Scherzava sulla difficoltà degli inquirenti di “acchiapparlo” per notificargli un avviso di garanzia il comico genovese. E per una volta sembra essere stato più profetico che divertente.
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