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MILANO – Non si sentono garantiti da «questo modo di celebrare la giustizia» 10 imputati del processo milanese d’appello al presunto clan della ‘ndrangheta Valle-Lampada. Così hanno messo in atto una ‘durà protesta contro la quarta sezione della Corte d’Appello, revocando il mandato difensivo e rinunciando, in sostanza, ad essere difesi perchè il verdetto è già «scritto». I loro avvocati hanno più volte lamentato che i procedimenti Valle-Lampada finiscono sempre davanti agli stessi giudici di secondo grado. 

Stamani si è tenuta la terza udienza del processo di secondo grado del procedimento ‘Valle-Lampadà che in primo grado, il 20 luglio 2012, aveva portato a 13 condanne, tra cui 24 anni di carcere per Francesco Valle e suo figlio Fortunato. Nei giorni scorsi, i difensori di alcuni imputati avevano scritto anche al presidente della Corte d’Appello, Giovanni Canzio, per «segnalare» alcune «singolari circostanze che si sono evidenziate nel procedimento penale inerente l’inchiesta titolata ‘Valle-Lampadà» e, in particolare, la «innaturale fissità della quarta sezione in appello». Le difese, in sostanza, nella lettera facevano presente come tre distinti procedimenti sul presunto clan siano finiti tutti davanti alla stessa sezione della Corte d’Appello: la quarta presieduta da Luigi Martino. Oggi, dalla gabbia, uno degli imputati ha letto una dichiarazione, che è stata condivisa da altri 9 imputati, i quali, uno ad uno, hanno revocato il mandato ai legali, tutti d’accordo con la protesta dei loro assistiti. «L’esplicita convinzione di questa Corte – spiegano gli imputati, tra cui Fortunato Valle, Francesco Lampada e Maria Valle – è che l’attività dei difensori in questo giudizio è del tutto inutile, come è stato inequivocabilmente spiegato dal Signor Presidente dott. Luigi Martino nell’udienza del 28 maggio, il quale ha affermato che il processo d’appello è un processo scritto e che la Corte un minuto dopo l’inizio della prima udienza era già perfettamente pronta a emanare la decisione». Il riferimento è ad una affermazione in aula da parte del presidente del collegio. Gli imputati – rappresentati, tra gli altri, dai legali Giuseppe Nardo, Amedeo Rizza, Oreste Dominioni, Manlio Morcella, Ivano Chiesa – segnalano inoltre che il collegio non ha voluto far discutere nemmeno la questione dell’assegnazione del processo alla quarta sezione. Le difese avevano, infatti, provato a chiedere la nullità del processo. 
«Il Presidente ha dichiarato che non è questione che riguarda il dibattimento», hanno scritto gli imputati, che spiegano poii che neanche le “richieste di rinnovazione del dibattimento» sono state trattate. «In un processo così complicato come questo – scrivono gli imputati – so dal mio avvocato che queste questioni hanno un’importanza fondamentale». In sostanza, così stando le cose ritengono che «l’assistenza dei difensori è superflua», malgrado la «stima» nei loro confronti. Non si sentono garantiti come «cittadino e imputato» e dichiarano che non parteciperanno più alle udienze. I giudici dovranno ora nominare dei legali d’ufficio per gli imputati, che chiederanno termini a difesa e il processo potrebbe dunque slittare rispetto all’udienza già fissata per il 6 giugno.

Dopo la protesta il collegio della quarta sezione della Corte d’Appello ha aggiornato l’udienza al prossimo 13 giugno. I giudici, infatti, sono stati obbligati a nominare degli avvocati d’ufficio per i 10 imputati, legali che poi, come da codice, non avendo seguito il procedimento, hanno dovuto chiedere termini a difesa per studiare gli atti. È stata, dunque, annullata l’udienza che era prevista per il 6 giugno, giovedì prossimo, e il processo è slittato di una settimana, fino al 13 giugno.

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