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UNA sfilza di politici locali lombardi, mai indagati, fanno capolino nell’elenco dei presunti contatti di Carlo Chiriaco, l’ex manager dell’Asl di Pavia, ritenuto «trait d’union» tra la ‘ndrangheta e i candiati alle competizioni che coinvolgevano la Lombardia. E tra i nomi c’è anche quello dell’attuale ministro della Difesa Mario Mauro per il quale Chiriaco nel 2004 affermava di essere in procinto di organizzare un evento.
Il particolare emerge dalle 1.400 pagine di motivazioni della sentenza emessa ia dicembre per uno dei filoni del processo Infinito contro le infiltrazioni delle cosche al Nord mentre lo scorso aprile, tra l’altro, erano state confermate in appello le 110 condanne del rito abbreviato. Mentre il 6 dicembre 2012 a Chiriaco sono stati inflitti 13 anni di carcere: 41 in tutto le condanne. Tra gli altri, 18 anni anche a Pino Neri che fu il boss supremo della ‘ndrangheta in Lombardia
Chiriaco secondo i giudici raccoglieva «pacchetti di voti» per le «competizioni elettorali» regionali e locali. E in un’intercettazione dell’11 maggio del 2004 l’uomo diceva «faccio un evento per Mario Mauro a Milano», riferendosi all’attuale Ministro della Difesa, all’epoca deputato europeo. Parlava con Cosimo Barranca, capo della locale di Milano e spiegava che «appoggiando questa persona – scrivono i giudici – Barranca si può fare “un po’ di nome”». Barranca rispondeva così: «Questo Mario Mauro che non ho capito. Chi è?». E Chiriaco: «Mario Mauro, sì, è l’uomo di Formigoni». Il riferimento, scrivono i giudici, «valutato alla luce delle consultazioni elettorali del 10-13 giugno 2004, è alla candidatura di Mario Mauro, già deputato europeo dal 1999 e membro del gruppo cattolico di Comunione e Liberazione, alle elezioni del Parlamento Europeo per la lista del Pdl». Secondo i giudici, «il contesto processuale nel quale questi personaggi politici e le persone del loro entourage sono stati chiamati a testimoniare era fra i più delicati ed imbarazzanti che si possano immaginare, visto che qui si discute di ‘ndrangheta e di patto di scambio politico-mafioso: si possono perciò ben spiegare le prese di distanza, il riferimento al gran numero di persone che si finisce con l’incontrare nel corso di una campagna elettorale». Per questo «i contributi dichiarativi» sono risultati «estremamente prudenti, assai generici, a tratti sfuggenti e in più di un passaggio inconciliabili con altre emergenze processuali: insomma, poco utili per l’accertamento della verità».
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