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Catenaccio light per primo piano da non modificare – CATEGORICO
di LEO AMATO
POTENZA – Ha depositato gli originali di quelle fatture per 2.300 euro di francobolli. Lui, il presidente della giunta Vito De Filippo. E ha fatto nome e cognome del suo collaboratore che gliele avrebbe portate e a breve dovrà spiegare agli inquirenti come è possibile che nella rivendita a cui sono intestate non risultino forniture dalle Poste di quell’entità.
Si è concluso nel giro di un’ora l’interrogatorio di garanzia del presidente dimissionario della giunta regionale Vito De Filippo. Meno della metà di quanto è occorso al presidente del Consiglio Vincenzo Santochirico, sentito a sua volta ieri pomeriggio dagli uomini della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri e della polizia tributaria della guardia di finanza, delegati dai pm Francesco Basentini e Sergio Marotta titolari dell’inchiesta sui rimborsi del parlamentino lucano.
Incalzato dalle domande del tenente colonnello Gianfilippo Simoniello e del maggiore Antonio Sederino il due volte governatore assistito dall’avvocato Gaetano Basile ha spiegato di aver soltanto rendicontato le spese che gli sono state sottoposte dalla segreteria, in tutto 6 persone, ciascuna con dei compiti ben definiti. Quindi ha indicato il responsabile dell’acquisto dei francobolli utilizzati per la corrispondenza in un suo storico collaboratore, che verrà identificato in maniera compiuta dagli investigatori nei prossimi giorni. Poi potrebbe essere chiamato a sua volta per confermare l’accaduto.
810 euro nel 2010, e 3.300 nel 2011. Queste sono le cifre degli acquisti di francobolli effettuati dalle rivendite di Francesco Marino e della figlia Serena su cui le Fiamme gialle hanno sollevato più di qualche perplessità. Il primo infatti, nel 2010, a fronte di acquisti fatturati al governatore di 810 euro risulta essersi approvvigionato per 5.500 euro, e nel 2011 per 13mila euro a fronte di acquisti per 690. La figlia, invece, a fronte di acquisti anonimi ma comunque portati a rimborso dal presidente per 2.340 euro di francobolli datati tra gennaio e fine giugno del 2011, in quell’anno risulta essersene approvvigionata solo per 1.200 (metà dei quali agli inizi del mese successivo all’ultima fattura), e nel 2010 a fronte di nessun acquisto fatturato al governatore non risulta essersi approvvigionata di francobolli nemmeno per un euro.
Ad avvalorare i sospetti degli investigatori a novembre erano arrivate le dichiarazioni della stessa titolare della rivendita, Serena Marino, e del padre Francesco, tabaccaio a sua volta e fornitore della segreteria del presidente. Di fronte agli investigatori la prima aveva detto di non riconoscere la scrittura sulle fatture, di non ricordare acquisti singoli di quell’entità, da 350 a 400 euro cadauno, tantomeno di aver commerciato nel complesso una quantità di francobolli simile. D’altra parte il padre aveva ammesso di averle “girato” dei francobolli dalla sua rivendita ma solo per poche centinaia di euro che la figlia si era premurata di restituirgli a stretto giro.
Poche centinaia di euro contro mille e passa che mancherebbero all’appello. O meglio sarebbero mancati. Perché soltanto tre settimane fa Serena Marino ha inviato una lettera agli investigatori in cui ha ritrattato la sua versione, ricordando all’improvviso quei cospicui acquisti effettuati da «funzionari e dipendenti della Regione Basilicata», e che a prestarle quei francobolli per la parte che non si trovava in giacenza dalla precedente titolare della sua rivendita (sebbene nell’atto di cessione non se ne faceva menzione) era stato il padre. Quest’ultimo inoltre, risentito a sua volta dagli investigatori, ha ammesso di aver compilato lui le fatture intestate alla rivendita della figlia. Così sono finiti entrambi sul registro degli indagati con l’accusa di false in formazioni al pm con l’aggravante di «aver commesso il fatto al fine di assicurare l’impunità» del presidente De Filippo. Ora se la vedranno loro con il suo collaboratore, e non è escluso che tutti e tre vengano messi a confronto per capire chi mente e chi no.
Per certi versi più semplice ma per altri più complessa la posizione del presidente del Consiglio Vincenzo Santochirico, assistito dall’avvocato Angela Pignatari. A lui vengono contestate 12 fatture per 1.847 euro di giornali che sarebbero state rendicontate due volte. Più 16 coperti in concomitanza con il suo compleanno e 4 fatture per spese di ristorazione «rispetto alle quali non ottemperava all’obbligo di presentazione della documentazione di supporto».
All’uscita dall’interrogatorio Santochirico ha detto di non voler entrare nei dettagli della vicenda «per rispetto al lavoro dei magistrati e delle forze dell’ordine» ma ha spiegato di aver «chiarito» quanto accaduto «frutto anche di meri errori contabili, ma senza alcuna appropriazione indebita», anche perchè quanto rendicontato tra il 2010 e il 2011 (il periodo di riferimento dell’inchiesta) sarebbe superiore a quanto effettivamente ricevuto secondo le norme sui rimborsi.
POTENZA – Ha depositato gli originali di quelle fatture per 2.300 euro di francobolli. Lui, il presidente della giunta Vito De Filippo. E ha fatto nome e cognome del suo collaboratore che gliele avrebbe portate e a breve dovrà spiegare agli inquirenti come è possibile che nella rivendita a cui sono intestate non risultino forniture dalle Poste di quell’entità.
Si è concluso nel giro di un’ora l’interrogatorio di garanzia del presidente dimissionario della giunta regionale Vito De Filippo. Meno della metà di quanto è occorso al presidente del Consiglio Vincenzo Santochirico, sentito a sua volta ieri pomeriggio dagli uomini della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri e della polizia tributaria della guardia di finanza, delegati dai pm Francesco Basentini e Sergio Marotta titolari dell’inchiesta sui rimborsi del parlamentino lucano.
Incalzato dalle domande del tenente colonnello Gianfilippo Simoniello e del maggiore Antonio Sederino il due volte governatore assistito dall’avvocato Gaetano Basile ha spiegato di aver soltanto rendicontato le spese che gli sono state sottoposte dalla segreteria, in tutto 6 persone, ciascuna con dei compiti ben definiti. Quindi ha indicato il responsabile dell’acquisto dei francobolli utilizzati per la corrispondenza in un suo storico collaboratore, che verrà identificato in maniera compiuta dagli investigatori nei prossimi giorni. Poi potrebbe essere chiamato a sua volta per confermare l’accaduto. 810 euro nel 2010, e 3.300 nel 2011. Queste sono le cifre degli acquisti di francobolli effettuati dalle rivendite di Francesco Marino e della figlia Serena su cui le Fiamme gialle hanno sollevato più di qualche perplessità.
Il primo infatti, nel 2010, a fronte di acquisti fatturati al governatore di 810 euro risulta essersi approvvigionato per 5.500 euro, e nel 2011 per 13mila euro a fronte di acquisti per 690. La figlia, invece, a fronte di acquisti anonimi ma comunque portati a rimborso dal presidente per 2.340 euro di francobolli datati tra gennaio e fine giugno del 2011, in quell’anno risulta essersene approvvigionata solo per 1.200 (metà dei quali agli inizi del mese successivo all’ultima fattura), e nel 2010 a fronte di nessun acquisto fatturato al governatore non risulta essersi approvvigionata di francobolli nemmeno per un euro. Ad avvalorare i sospetti degli investigatori a novembre erano arrivate le dichiarazioni della stessa titolare della rivendita, Serena Marino, e del padre Francesco, tabaccaio a sua volta e fornitore della segreteria del presidente.
Di fronte agli investigatori la prima aveva detto di non riconoscere la scrittura sulle fatture, di non ricordare acquisti singoli di quell’entità, da 350 a 400 euro cadauno, tantomeno di aver commerciato nel complesso una quantità di francobolli simile.
D’altra parte il padre aveva ammesso di averle “girato” dei francobolli dalla sua rivendita ma solo per poche centinaia di euro che la figlia si era premurata di restituirgli a stretto giro. Poche centinaia di euro contro mille e passa che mancherebbero all’appello. O meglio sarebbero mancati. Perché soltanto tre settimane fa Serena Marino ha inviato una lettera agli investigatori in cui ha ritrattato la sua versione, ricordando all’improvviso quei cospicui acquisti effettuati da «funzionari e dipendenti della Regione Basilicata», e che a prestarle quei francobolli per la parte che non si trovava in giacenza dalla precedente titolare della sua rivendita (sebbene nell’atto di cessione non se ne faceva menzione) era stato il padre. Quest’ultimo inoltre, risentito a sua volta dagli investigatori, ha ammesso di aver compilato lui le fatture intestate alla rivendita della figlia. Così sono finiti entrambi sul registro degli indagati con l’accusa di false in formazioni al pm con l’aggravante di «aver commesso il fatto al fine di assicurare l’impunità» del presidente De Filippo.
Ora se la vedranno loro con il suo collaboratore, e non è escluso che tutti e tre vengano messi a confronto per capire chi mente e chi no. Per certi versi più semplice ma per altri più complessa la posizione del presidente del Consiglio Vincenzo Santochirico, assistito dall’avvocato Angela Pignatari. A lui vengono contestate 12 fatture per 1.847 euro di giornali che sarebbero state rendicontate due volte. Più 16 coperti in concomitanza con il suo compleanno e 4 fatture per spese di ristorazione «rispetto alle quali non ottemperava all’obbligo di presentazione della documentazione di supporto».All’uscita dall’interrogatorio Santochirico ha detto di non voler entrare nei dettagli della vicenda «per rispetto al lavoro dei magistrati e delle forze dell’ordine» ma ha spiegato di aver «chiarito» quanto accaduto «frutto anche di meri errori contabili, ma senza alcuna appropriazione indebita», anche perchè quanto rendicontato tra il 2010 e il 2011 (il periodo di riferimento dell’inchiesta) sarebbe superiore a quanto effettivamente ricevuto secondo le norme sui rimborsi.
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