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POTENZA – C’è persino chi ha messo le mani avanti minacciando di fare causa alla direzione del Consiglio regionale per il danno d’immagine che potrebbe subire se verrà permesso al Quotidiano di consultare gli scontrini e le fatture “dimenticati” dai pm.
Sono in tutto 10 attuali consiglieri e un ex quelli che hanno inviato ai vertici del parlamentino lucano la loro opposizione alla consultazione da parte del giornale di via Nazario Sauro della documentazione giustificativa dei rimborsi intascati per «spese di segreteria e rappresentanza». Si tratta di Antonio Autilio (Idv), Paolo Castelluccio (Pdl), Antonio Di Sanza (Pd), Agatino Mancusi (Udc), Rosa Mastrosimone (Idv), Franco Mollica (Udc), Michele Napoli (Pdl), l’ex Giacomo Nardiello (Pdci), Nicola Pagliuca (Pdl), Luigi Scaglione (Pu) e Rocco Vita (Psi).
Nei giorni scorsi erano stati sollecitati in proposito, assieme ad altri 36 membri delle ultime due legislature, dal direttore generale del Consiglio Luigi Gianfranceschi. Al centro il parere predisposto dalla Commissione di accesso agli atti amministrativi e arrivato negli uffici di via Verrastro lo scorso 23 aprile, appena qualche ora prima dell’esecuzione delle misure cautelari disposte dal gip di Potenza proprio nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi. Dopo essersi opposto alla richiesta formalizzata dal Quotidiano della Basilicata il 1 ottobre scorso – appellandosi alla privacy degli onorevoli lucani – era stato lo stesso Gianfranceschi a interpellare Palazzo Chigi. Ma il giorno dopo è scattato il blitz di finanza, carabinieri e polizia, che hanno sequestrato scontrini e fatture del rimborso per «l’esercizio del mandato senza vincolo di mandato», quasi un milione e mezzo di euro distribuito ogni anno, del 2010 e del 2011. Il risultato è quello finito sotto gli occhi di un paese intero, anche se in realtà le notizie provenienti dalla Basilicata hanno superato i confini nazionali. Sono 36 i politici indagati per falso e peculato, dopo che è venuto a galla come sono stati gestiti quei 2.500 euro al mese destinati – secondo lo spirito originario della legge – alla regolarizzazione dei portaborse.
Collaborazioni inesistenti o per «attiviste all’insaputa del marito», settimane bianche, pernottamenti con accompagnatrici varie (sempre per i maschietti), e benzina quanta ne può servire per circumnavigare il globo. E poi il parquet e le bollette di locali privati, champagne, ristoranti in noti luoghi di villeggiatura, la spesa di casa, i cerchi per l’auto, i cd di Renato Zero, gli orsetti di peluche, l’albergo a ore, i pranzi di compleanno. Infine fatture false, a decine, per giustificare spese misteriose se non proprio inesistenti: corrette aggiungendo qualche cifra, o improbabili come quelle di chi è arrivato a sostenere di essere stato a tavola in un posto mentre era in missione dall’altra parte d’Italia, oppure in due ristoranti contemporaneamente.
Così era l’andazzo nel parlamentino lucano, almeno a partire dal 2005, quando i controlli (facoltativi e a campione) previsti dalla legge sono scomparsi. E’ dunque possibile che tutta l’enciclopedia della malversazione sia contenuta nelle carte del 2010 e del 2011 senza sconfinamenti negli anni precedenti? Certo. Ma molto improbabile. Come è improbabile che sia soltanto un caso che tutti e 11 i consiglieri “scampati” alla bufera giudiziaria non si siano opposti alla richiesta del Quotidiano. Mentre gli 11 che lo hanno fatto sono tutti indagati, e in 8 (su 16) sono stati raggiunti dall’ordinanza di misure cautelari disposta dal gip Luigi Spina: Rosa Mastrosimone e Nicola Pagliuca (arrestati e poi rimessi in libertà a seguito delle dimissioni da assessore e da capogruppo e la restituzione del presunto maltolto); Antonio Autilio, Paolo Castelluccio, Agatino Mancusi e Rocco Vita (“banditi” dal capoluogo e riammessi solo dopo aver restituito il presunto maltolto); infine Franco Mollica e Giacomo Nardiello (sequestri sui conti corrente).
Volendo si potrebbe organizzare una partitella: gli “onesti fino a prova contraria” contro gli “indagati che cercano di nascondere le carte trascurate dagli investigatori”. Arbitro designato il direttore generale del Consiglio, che nei prossimi giorni dovrà decidere sulle loro obiezioni e le ragioni di chi chiede trasparenza e giustizia per tutti quelli che hanno sbagliato.
l.amato@luedi.it
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