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VIBO VALENTIA – «L’insegnante non brilla certo per garbo e delicatezza, prediligendo sistematicamente maniere risolute, sbrigative, fisicamente aggressive, sfuriate verbali che se in alcuni casi possono apparire giustificate dalle lievi intemperanze e fisiologiche disobbedienze dei piccoli, in numerose occasioni, tuttavia, sia per l’eccessività sia per la gratuità della reazione, debordano in veri e propri ingiustificati ed inammissibili maltrattamenti viepiù gravi a fronte della tenerissima età e delicata fase evolutiva dei fanciulli a lei affidati». 

Non lascia alcun dubbio nella sua ordinanza il gip del tribunale di Vibo Valentia Gabriella Lupoli in relazione al comportamento tenuto da Ines Romano, la maestra dell’asilo di San Costantino arrestata per maltrattamenti sui minori nel corso della sua attività di educatrice. Per la Lupoli, «l’attenta visione dei filmati restituisce un quadro oltremodo eloquente della rigidità, autoritarismo ed aggressività connotanti la quotidiana relazione dell’indagata con i piccoli discenti». In conclusione per il magistrato vibonese la «metodica dell’insegnante rivela assenza di autocontrollo, scarsa tolleranza, pazienza e incapacità di gestione della classe e di proporre alternative dissuasive e realmente correttive dei bambini più movimentati, prediligendo invece il ricorso ad immediate e sbrigative pratiche punitive del tutto desuete e bandite oltre che sproporzionate ed immotivate nelle quali non è dato ravvisare, per ciò stesso, alcuna finalità neanche latamente educativa». 
Per quanto riguarda la decisione di applicare la misura cautelare degli arresti domiciliari il giudice Lupoli precisa che «non vi ha dubbio che ricorre il concreto e attuale rischio di replica della medesima condotta criminosa in ragione della stessa sistematicità e quotidianità della condotta e del costume professionale dell’indagata». Inoltre, non è dato per il magistrato «apprezzare alcun elemento su cui fondare ragionevolmente una prognosi di imminente inversione di tendenza, di resipiscenza dell’indagata evidentemente adusa, per costume mentale e formazione, a privilegiare forme relazionali improntate a criteri già da tempo rilegati al passato». Detto ciò, la Lupoli dispone «la misura cautelare degli arresti domiciliari prescrivendole di non allontanarsene, anche verso pertinenze, senza l’autorizzazione del giudice che procede e di non comunicare in qualunque forma o mezza anche telefonico o informatico con persone diverse da quelle conviventi o che le prestano assistenza».
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