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COSENZA – «Una storia come questa potrebbe essere accaduta in qualsiasi altro posto d’Italia. Trovo assolutamente razzista e aberrante che si possa parlare, in questa vicenda, di specificità calabrese». La sociologa di origini tedesche Renate Siebert, allieva di Theodor W. Adorno, già docente di sociologia generale all’Università della Calabria, vive da quasi 40 anni nella regione e, anche per questo, non mostra di gradire le tesi sostenute da Francesca Chaouqui, manager della multinazionale Ernst & Young.
Sulla vicenda della sedicenne uccisa e bruciata a Corigliano Calabro, Francesca Chaouqui ha scritto una lettera al Corriere della Sera in cui, dopo avere precisato di essere nata in un paese vicino al luogo teatro della tragedia, mette in evidenza la visione maschilista a suo dire predominante nella propria terra d’origine «nonostante la Calabria – dice – sia una terra matriarcale». Chaouqui parla del rapporto uomo-donna come di «un binomio di mondi paralleli che non si trovano mai». E attacca: «Dalle nostre parti si fa voto a San Francesco di Paola per avere un maschio, in Calabria tutte le donne vogliono un figlio maschio, ancora oggi. Se nasci femmina la tua stessa venuta al mondo disattende la volontà di chi dovrebbe amarti incondizionatamente ma nonostante questo la Calabria è una terra matriarcale, sono le madri a indirizzare le famiglie, a aiutare i figli nelle scelte e anzi spesso a decidere per loro».
E’ un’immagine deprimente, quella che appare dalla lettera pubblicata sul Corriere della sera: «Fabiana è cresciuta come tutte noi, sentendosi dire cittu ca tu si fimmina, non su così pi tia, fai silenzio, sei una donna non sono cose per te. Davide sarà cresciuto aspettando il suo battesimo del fuoco, la prima volta, quella che ti fa entrare al bar spavaldo a dire mo sugnu n’uomminu, ora sono un uomo, come se bastasse questo per essere cresciuto e aver trovato un ruolo in quella società».
Parole che hanno suscitato reazioni indignate in rete. «Per come conosco la Calabria – aggiunge Renate Siebert – devo dedurre che chi sostiene queste tesi è sostanzialmente razzista. Per questo non condivido che si possa parlare di specificità calabrese».
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