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«PIU’ che alla talpa, alla Provincia di Matera si dovrebbe dare la caccia ai volponi». Comincia con una battuta la lunga chiacchierata con il dipendente firmatario dell’esposto che ha dato il via agli accertamenti della Corte dei conti sui rimborsi ai capigruppo consiliari dell’ente di via Ridola.
«Un esposto – tiene a precisare la “talpa” – sottoscritto con tanto di nome e cognome, perchè non sono io a dovermi vergognare. Se continuo a mantenere il riserbo su questa faccenda è semplicemente per una questione di rispetto nei confronti di chi sta svolgendo gli accertamenti del caso». Perchè sollevare tutto questo polverone? Non certo per bramosia di celebrità o desiderio di vendetta. «E’ stata la mia coscienza morale e civica – spiega – a impormi di non girarmi più dall’altra parte. La famiglia da cui provengo conosce bene il sacrificio di sudarsi il pane, la mia storia personale e quella della mia famiglia mi hanno reso particolarmente sensibile di fronte a certo malcostume. Ragion per cui non potevo non provare fastidio verso quanti continuavano ad approfittare di una cosa che è poi di tutti, come se fosse la cosa più normale del mondo. Avere sotto gli occhi comportamenti così poco rispettosi del denaro pubblico, quando fuori dal “palazzo” la disperazione uccide tanti onesti lavoratori mi era diventato insopportabile».
La pietra dello scandalo? Le 24 ore mensili (4 giorni complessivi), concesse per legge ai soli capigruppo consiliari residenti fuori Matera, per i quali è previsto il rimborso spese. «Con il sistema delle autocertificazioni – spiega l’estensore dell’esposto – si è trovato in pratica il modo di bypassare le verifiche dell’ente. E’ abitudine diffusa e consolidata presentare le richieste di rimborso anche mesi dopo rispetto alle date in cui si sarebbero svolte attività relative allo svolgimento del proprio mandato, rendendo complicata se non addirittura impossibile la verifica della veridicità di quanto dichiarato nell’autocertificazione».
Quello della “talpa”, insomma, è stato un gesto estremo di ribellione al “sistema”. Ma prima di arrivare a decidere di prendere carta e penna e segnalare l’andazzo alla Corte dei conti, il dipendente ha tentato di percorrere tutte le strade possibili per poter risolvere la questione dall’interno. Inutilmente. «Dai dirigenti – racconta, senza celare un comprensibile scoramento – sono stato costantemente sottovalutato e quasi preso in giro, nel senso che quando mi sembrava che fosse vero che il dirigente di turno si apprestasse a rimettere in ordine le cose, poi nei fatti continuava a non succedere niente».
E non diverso, da quanto racconta la “talpa”, l’atteggiamento dell’organo politico della Provincia di Matera. «Le osservazioni mosse ai dirigenti – dice- le ho esposte in più occasioni anche al presidente della Provincia che, insieme al segretario generale, mi ha pure dato ragione, quando facevo presente cose elementari carte alla mano. Stella addirittura, una volta, mi ringraziò perchè lo stavo aiutando a fare meglio il suo lavoro. Ma in concreto non si è mai messo mano al Regolamento che consente a molti di essere capigruppo di sè stessi o dato corso a controlli su dichiarazioni di rimborso di fondatezza quanto meno dubbia».
La cosa più insopportabile? «La tacita complicità di certi dirigenti che, pur avendo uno stipendio che gli consente di vivere più che dignitosamente e nulla da temere, grazie a un contratto a tempo indeterminato, assecondano in tutto e per tutto l’organo politico». Ma da quando in via Ridola sono arrivati gli uomini della Guardia di finanza qualcosa improvvisamente è cambiato. «Adesso, sembrerà strano – dice il dipendente che ha fatto esplodere il caso- mi sento più rispettato.
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