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VIBO VALENTIA – QUella che è stata ribattezzata “Operazione Libra” dagli inquirenti ha portato alla luce gli interessi economici dei clan e in particolare quelli del caln Mancuso e delle cosche satelliti che operano a Vibo Valentia, con specifico riferimento nel caso di specie del clan Tripodi di Porto Salvo. Interessi pregnanti l’intera vita socio economica vibonese ma anche ramificati oltre i confini della regione come dimostrano le numerose attività poste sotto sequestro in tutta Italia. Alcuni particolari aspetti del mondo degli affari del clan emergono con forza in due specifici settori: la gestione dei rifiuti e i lavori per la ricostruzione post-alluvione del 2006, con un diretto coinvolgimento anche di dipendenti pubblici.

I RIFIUTI NEL COMUNE CAPOLUOGO – Anche l’appalto della raccolta dei rifiuti solidi urbani indetto dal Comune di Vibo Valentia, per quanto concerne l’anno 2008, sarebbe finito nel “mirino” del clan Tripodi di Porto Salvo. Secondo gli inquirenti uno degli arrestati, Salvatore Vita, 38 anni, di Vibo, avrebbe costretto un dipendente della «Eurocoop», società aggiudicataria dell’appalto per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a Vibo città e nelle frazioni tra cui proprio Porto Salvo, ad impiegare i mezzi delle ditte “Euro Scavi” di Luciano Franzoni (che nell’inchiesta in questione risulta essere indagato a piede libero) e “Moviter” di Francesco Lo Bianco, 39 anni, di Vibo Marina, finito invece agli arresti domiciliari. Nella ricostruzione degli investigatori entrambe le ditte vengono ricondotte sotto l’influenza diretta o indiretta del clan Tripodi. Inoltre, Salvatore Vita avrebbe imposto alla Eurocoop l’ammontare del corrispettivo da pagare per le prestazioni lavorative illecitamente fornite da tali ditte.

L’ALLUVIONE, I LAVORI EDILI E GLI APPALTI PUBBLICI – Senza curarsi molto delle disgrazie della popolazione i presunti affiliati alla cosca Tripodi avevano messo le mani in pasta anche ai lavori per lo sbancamento e la ripulitura del territorio dai fanghi riversati nelle Marinate dall’alluvione del 3 luglio 2006. Alcuni indagati si sarebbero infiltrati, infatti, in un appalto da 300 mila euro dedicato proprio alla rimozione dei fanghi dell’alluvione. I partecipanti all’organizzazione, ritenuta subordinata alla famiglia Mancuso di Limbadi anche se ancora giudizialmente non riconosciuta, grazie alla forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, per gli investigatori, avrebbero cercato, tramite società direttamente riconducibili ad alcuni esponenti della cosca o intestate a prestanome, perlopiù operanti nel settore dell’edilizia, di infiltrarsi nei lavori pubblici, sia lungo la costa vibonese che in altre località italiane. Inoltre avrebbero utilizzato numerose società riconducibili alla cosca, come strumento per la commissione dei reati e in particolare per l’accaparramento degli appalti. Gli indagati sono anche accusati di usura nei confronti di un commerciante di auto, divenuto testimone di giustizia ed attualmente sottoposto al piano di protezione, e di estorsioni ai danni di altri operatori economici. Nel corso dell’operazione sono stati anche sequestrati beni per 40 milioni di euro tra i quali due bar in pieno centro a Roma, un altro in provincia di Milano e immobili di pregio a Roma e Milano

LA MEDIAZIONE DI UNA DIPENDENTE PUBBLICA – Ad assicurare al gruppo la possibilità di accaparrarsi commesse pubbliche, secondo gli inquirenti, ci sarebbe stata anche una dipendente del Consorzio per lo Sviluppo industriale di Vibo Valentia, Un ente economico pubblico individuato, tra le altre cose, anche come soggetto attuatore degli interventi del post alluvione del 2006. Infatti fra le persone arrestate ieri nell’inchiesta “Libra” vi è anche Maria Alfonsa Farfaglia, 44 anni, di Vibo, accusata di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Dda, la donna sarebbe stata incaricata, in collaborazione con alcuni addetti del Comune di Vibo, a rilevare la presenza giornaliera dei mezzi impiegati per l’esecuzione del lavori dalle ditte incaricate dal Comune e le ore di lavoro delle imprese, agevolando l’ottenimento diretto da parte del Comune di Vibo degli appalti da parte di ditte legate al clan Tripodi, nella fase immediatamente successiva all’alluvione del 3 luglio 2006, ed attestando lo svolgimento di lavori che in realtà non sarebbero mai stati eseguiti. La stessa Farfaglia avrebbe inoltre fatto ottenere a ditte direttamente o indirettamente riconducibili al clan Tripodi, l’affidamento di numerosi appalti da parte del Consorzio per lo Sviluppo industriale nel corso degli anni 2007 e 2008. 

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