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REGGIO CALABRIA – «Sono state tolte dal mercato imprese tipicamente mafiose che condizionano, inquinano, “dopano” il mercato, andando ad alterare la libera concorrenza a danno delle imprese oneste». Così il capo della Squadra Mobile di Reggio Calabria, Gennaro Semeraro, ha commentato il sequestro di beni per un valore complessivo di dieci milioni effettuato dalla polizia nei confronti di due presunti appartenenti alle cosche di ‘ndrangheta Gallico e Bruzzise, operanti nei territori di Palmi e Seminara.
TRA CALABRIA E LOMBARDIA – I provvedimenti di sequestro, emessi dalla sezione misure patrimoniali del Tribunale di Reggio Calabria, hanno interessato immobili, imprese e società aventi sede nelle province di Reggio Calabria, Milano, Bergamo e Cremona, nonchè polizze assicurative e conti correnti. «Il fatto che tre delle aziende sequestrate avessero sede in Lombardia dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, che la ‘ndrangheta investe soprattutto al nord perchè più redditizio e per cercare di sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine», ha sottolineato Semeraro.
I due presunti ‘ndranghetisti sono stati entrambi già destinatari di provvedimento cautelare nell’ambito dell’operazione denominata «Cosa Mia». Destinatari del provvedimento di sequestro sono sequestro Antonino Ciappina, 37 anni, di Vibo Valentia e Matteo Gramuglia, 60 anni, di Palmi (RC).
IL PIZZO SULL’A3 E IL BUSINESS – L’operazione «Cosa Mia» aveva coinvolto i maggiori esponenti delle ‘ndrine dei Gallico-Morgante-Sgrò-Sciglitano di Palmi e quelle contrapposte dei Bruzzise-Parrello operanti nella frazione di Barritteri di Seminara, protagoniste di una sanguinosa faida tra il 2004 ed il 2008. Gli arrestati erano stati accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione aggravata e altri delitti contro il patrimonio, con particolare riferimento agli appalti legati all’ammodernamento del V macrolotto dell’autostrada A3 (tra gli svincoli di Gioia Tauro e Scilla), in relazione ai quali estorcevano alle ditte appaltatrici il pagamento di una tangente del 3% sull’importo fissato nel capitolato d’appalto nonchè il rifornimento di calcestruzzo da aziende vicine agli ambienti mafiosi. In particolare, Ciappina, secondo le accuse, avrebbe fornito «un costante contributo per la vita dell’associazione», dedicandosi prevalentemente alle attività estorsive per conto del boss Rocco Gallico, di cui era uomo di fiducia, contribuendo al mantenimento della sua latitanza.
A Gramuglia, unitamente al figlio Vincenzo, era stato contestato di essere imprenditore «di riferimento» della cosca di ‘ndrangheta dei Parrello-Bruzzise, operante nel comune di Palmi, ottenendo, sui lavori del V macrolotto della A3, sub-appalti, forniture e noli con le tipiche modalità mafiose. Nel dicembre 2005, in concomitanza con l’esecuzione dei lavori di ammodernamento dell’A3 nella zona di «competenza» (Barritteri di Seminara), l’oggetto sociale della ditta individuale di Matteo Gramuglia, che per quasi trenta anni si era occupata esclusivamente del trasporto di legname, era stato modificato ad hoc con l’aggiunta dell’attività di commercio all’ingrosso di materiale da costruzione, quali ghiaia, sabbia e pietrisco provenienti da cave autorizzate. Anche l’impresa individuale di Gramuglia, nel 2006, aveva modificato l’originario oggetto sociale, rappresentato dalla coltivazione di cereali e dal trasporto del legname, aggiungendo l’autotrasporto di cose per conto terzi.
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