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«PER ordinare alla Fenice l’estensione dell’ubicazione dei punti di indagine anche sui terreni di proprietà altrui, posti a valle (…) devono prima nuovamente accertare il superamento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nelle acque sotterranee dei predetti terreni confinanti». E’ quanto ha stabilito il Tar Basilicata accogliendo – ma solo in parte – il ricorso di Fenice Ambiente contro la conferenza di servizi che da aprile del 2009 si è presa carico dell’inquinamento rilevato nella falda sotto il termovalorizzatore di San Nicola di Melfi, avviando le procedure finalizzate alla bonifica del sito. 

Tra i numerosi rilievi sollevati dalla società del gruppo transalpino Edf solo un paio sono stati accolti: quello sull’estensione dell’area di indagine; e quello sul divieto di utilizzo di acqua demineralizzata nei pozzi di ricarica della falda nella zona interposta tra la barriera idraulica creata per mettere in sicurezza l’area dell’impianto, con la realizzazione di una serie di pozzi da dove viene estratta in continuo l’acqua sotterranea, e i pozzi di monitoraggio del Vulture Melfese esistenti nell’area dell’impianto prima della scoperta dell’inquinamento. Quanto influirà la decisione del Tar sul prosieguo della discussione in corso a Melfi sull’efficacia delle contromisure adottate per fermare la contaminazione si vedrà. Intanto ieri mattina l’ultima riunione della conferenza di servizi è stata rinviata per l’assenza dei rappresentanti dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Cosa che non ha mancato di scatenare la reazione del primo cittadino federiciano Livio Valvano. 

«Dispiace dover registrare le difficoltà dell’Arpab nel seguire la vicenda Fenice». Ha spiegato il sindaco in una nota diffusa ieri in serata. «L’assenza odierna non preavvisata dei tecnici Arpab in Conferenza di Servizi non ha consentito agli organi della pubblica amministrazione di svolgere gli approfondimenti necessari per verificare quanto dichiarato da Fenice. Per questo abbiamo dovuto rinviare la conferenza di servizi. Faccio appello all’ingegner Vita, direttore generale di Arpab, affinchè supervisioni personalmente i processi tecnico- amministrativi dei funzionari dell’Agenzia che in questa circostanza ha manifestato lacune. Allo stesso modo è necessario che l’Arpab ripristini l’indispensabile formalizzazione del proprio giudizio interpretativo dei dati derivanti dalle analisi di laboratorio che negli ultimi mesi vengono semplicemente trasferiti senza alcuna nota esplicativa». 

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