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 Quando ha visto quella strana ferita sulla mano del figlio e gli ha chiesto come se la fosse procurata non poteva crederci. Anche lui era stato alunno della stessa maestra, a Vietri una ventina d¹anni fa, e se la ricordava molto diversa, una donna affettuosa e piena di premure come dev’essere chi lavora in una scuola dell¹infanzia. Pensarla «torturare» con uno spillo il suo bimbo di 5 anni lo ha lasciato di sasso. E i carabinieri si sono convinti che il suo non sia stato nemmeno un caso isolato.

Ha ricevuto un avviso di conclusione delle indagini per maltrattamenti, violenze e lesioni personali Anna Maria Passannante maestra della scuola materna del paesino del Melandro. Nei giorni scorsi le è stato notificato dai militari della sezione di pg del Tribunale di Potenza che hanno condotto gli accertamenti avviati dopo la denuncia presentata circa un anno e mezzo fa dal padre del bimbo “punzecchiato”. Per il pm Annagloria Piccininni, che si è occupato del caso, gli elementi raccolti finora sono precisi e concordanti, e potrebbero bastare per mandare a processo la maestra. Ma nei prossimi giorni starà a lei chiedere di farsi interrogare per spiegare la sua versione sui fatti. Dopodiché si vedrà se l’accusa vorrà fare marcia indietro nei suoi confronti.

Di sicuro agli atti dell¹inchiesta ci sono solo alcune immagini in cui si vede la manina ferita del bimbo più un video filmato dal padre che ha raccolto il suo racconto shock. Poi però i militari sono andati a Vietri per stabilire fino a che punto quanto denunciato rispondesse al vero, e assistiti da uno psicologo nelle aule al secondo piano della palazzina di via Vittorio Emanuele (la scuola fa parte dell¹istituto comprensivo del paese) hanno raccolto le testimonianze dei suoi compagni di classe scoprendo che i maltrattamenti erano diffusi e di vario tipo.

Qualcuno ha parlato del «gioco del silenzio», quando la maestra lo metteva in disparte dagli altri costringendolo a restare in silenzio. Qualcun altro ha raccontato di essere stato trascinato per i capelli in bagno e chiuso lì dentro per punizione. Tutti bimbi di appena 5/6 anni.

Per descrivere l¹atteggiamento tenuto in classe dalla maestra Passannante gli investigatori hanno utilizzato due parole che spiegano meglio di ogni altra cosa come dev¹essere stato vissuto dai bimbi: «terrorismo psicologico». Proprio così. Roba da Brigate Rosse («punirne uno per educarne

centro»), o squadre controrivoluzionarie, secondo i gusti politici di ciascuno. Allora chissà che tra le ultime generazioni di Vietri non si celi un novello temerario come l¹omonimo della maestra, Giovanni Passannante, nato 170 anni fa a pochi chilometri di distanza nella vicina Salvia, poi

diventata Savoia in onore dei reali offesi dall’attentato del cuoco anarchico. Ma le punture di spillo sarebbero davvero bastate a disciplinare i suoi ardori?

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