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GIOIA TAURO – Si è svolta oggi pomeriggio la manifestazione organizzata da Libera e dall’Osservatorio sulla ‘ndrangheta per esprimere solidarietà all’imprenditore di Rizziconi, Antonino De Masi, verso il quale lo scorso 13 aprile la criminalità organizzata ha rivolto un messaggio di morte bersagliando con 44 colpi di kalashnikov il capannone di un’azienda appartenente al gruppo De Masi, la Global Rapair, che opera nella zona industriale di Gioia Tauro e si occupa di riparazione di mezzi portuali. Circa 300 le persone presenti all’iniziativa per dimostrare la vicinanza alle aziende sane della Piana di Gioia Tauro e lanciare un forte massaggio contro la ‘ndrangheta. Molte le autorità civili e militari che hanno partecipato, insieme con i sindacati, le associazioni di categoria e le forze politiche del territorio. Dal Pd, a Rifondazione, passando per il Movimento 5 Stelle e Sel e Fratelli d’Italia, assieme alle Confederazioni di Cgil Cisl e Uil, ed al Sul. E poi Confindustria, i sindaci di Gioia Tauro, Renato Bellofiore, e di Rosarno, Elisabetta Tripodi con al fianco i vertici della Guardia di Finanza e dell’Esercito, il Questore di Reggio Calabria, Guido Longo, il comandante provinciale dei Carabinieri, Lorenzo Falseri e quello della Compagnia di Gioia Tauro, Francesco Cinnirella. Tra gli altri, anche il capo della Procura di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, che nel suo intervento ha fatto riferimento all’intimidazione subita da De Masi. 

«La ‘ndrangheta con questo attentato ha voluto manifestare la proprio supremazia. Ma la criminalità organizzata si deve rendere conto che qui comanda lo Stato. Se la ‘ndrangheta tocca De Masi, o uno di voi, sarà guerra. Lo stato reagirà con fermezza – ha continuato il Procuratore – e non farà respirare la ‘ndrangheta». Deciso anche il contributo di don Pino De Masi, vicario generale della Diocesi di Oppido-Palmi e referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro. «Dopo l’accaduto non abbiamo esitato un attimo nel pensare che l’imprenditore De Masi non poteva essere lasciato da solo. Abbiamo voluto idealmente abbracciare l’azienda, che qualche settimana fa è finita sotto le grinfie della ‘ndrangheta, per affermare che tutte le imprese sane sono nostre. Esiste un noi collettivo e da società civile vogliamo diventare società responsabile. I padroni di questo territorio siamo noi, non la ‘ndrangheta». Sulla stessa lunghezza d’onda le parole dell’ex presidente della commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione, il quale ha menzionato due tra le cosche più potenti del comprensorio, quella dei Pesce e dei Piromalli, «che pretendevano di essere i padroni della Piana – ha tuonato Forgione – ma le cose stanno cambiando. Attendiamo la sentenza contro la famiglia Pesce», ha affermato ancora. Forgione ha poi ha indirizzato il dito verso la megavilla dei Piromalli collocata sulla collina alle spalle del porto di Gioia Tauro, affermando che «quella struttura deve essere restituita alla collettività». Infine, Nino De Masi, si è detto «provato dal punto di vista emotivo per quello che è successo». 
Visibilmente commosso quando ha menzionato le minacce di estorsione che nel 1987 vennero rivolte al padre, il quale non abbassò la testa di fronte alla prepotenza della criminalità, l’imprenditore ha dichiarato di voler continuare tale battaglia. «Siamo stati i primi in Italia a chiudere per mafia – ha sottolineato De Masi – All’epoca la mia famiglia venne bollata come infame. Anche se episodi del genere provocano sconforto e voglia di gettare la spugna, io intendo andare avanti anche grazie all’aiuto dello Stato. Questa lotta deve avare un unico risultato: la vittoria».
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