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LO hanno preso a Medellin, nel cuore della Colombia. Era lì che Santo Giuseppe Scipione gestiva gli interessi della ‘ndrangheta nel traffico di droga. Un broker molto quotato, che a 80 anni era ancora al centro degli affari criminali. Soprannominato “Papi”, Scipione ha già subito una condanna nell’ambito dell’operazione “Decollo”, con la quale si è fatta luce su chili e chili di cocaina che viaggiavano nascosti all’interno di containers, che trasportavano carichi di marmo, plastica, cuoio e scatole di tonno, al centro di un vorticoso giro di import-export tra Sud America ed Europa che, per anni, ha rimpinguato le casse della ‘ndrangheta, anche grazie a pericolosissimi contatti con il terrorismo internazionale.

LA LATITANZA E LA CATTURA – Latitante dal 2006, originario di una zona compresa tra Sant’Agata del Bianco e San Luca, sul versante jonico reggino, Scipione è stato catturato dai carabinieri del Ros e dalla policia nacional Grupo SIU di Bogotà, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal pm Gratteri. L’arresto, secondo quanto reso noto dai carabinieri, è avvenuto «nell’ambito di una stretta cooperazione giudiziaria instaurata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria con le autorità colombiane, e grazie al costante supporto assicurato dal Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia e dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga». 

Il 24 aprile, si è registrato in Colombia l’arresto di Domenico Pasquale Trimboli, esponente di spicco della ‘ndrangeta nel traffico di droga. Per Scipione, invece, la rete si è chiusa solo qualche giorno più tardi. Proprio con Trimboli, Scipione si era ripetutamente incontrato nella città colombiana. 

IL LEGAME TRA COSCHE E GRUPPI PARAMILITARI – “Papi” era il referente di un vasto traffico di cocaina organizzato su scala mondiale dalla cosca Mancuso di Limbadi in joint venture con le strutture paramilitari narcoterroristiche denominate Autodefensas Unidas de Colombia (Auc). Proprio per il legame con la cosca, nel maggio 2012 l’uomo era stato condannato dal Tribunale di Vibo Valentia a 15 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti, dopo essere stato condannato, nel luglio 2007, dal Tribunale di Santa Marta per il solo reato associativo, contestatogli nell’ambito del procedimento collegato colombiano.   Le indagini, condotte in collaborazione con la Direzione centrale per i servizi antidroga (Dcsa) e gli organismi investigativi spagnoli, tedeschi, francesi, colombiani, venezuelani, statunitensi, togolesi e australiani, avevano portato, nel gennaio 2004, all’arresto di 154 persone ed al sequestro di oltre 5.000 chili di cocaina e alla documentazione dell’importazione di altri 7.800 chili movimentati tra il Sud America, l’Europa, l’Africa e l’Australia. Nell’occasione, per la prima volta, era stata applicata la normativa antiterrorismo che aveva permesso ai carabinieri di operare sottocopertura, in Italia ed all’estero.   

Dopo l’arresto, nel febbraio 1999 a Milano, dell’allora latitante Giuseppe Mancuso, ritenuto esponente di vertice dell’omonima cosca, le indagini avevano portato all’ individuazione di un canale di approvvigionamento della droga dal Sud America. Nell’organizzazione, collegata narcotrafficanti spagnoli ed australiani, si integravano una componente vibonese facente capo agli indagati Vincenzo Barbieri e Francesco Ventrici, una componente colombiana ed una componente ionico-reggina che aveva, secondo l’accusa, in Natale Scali, catturato nel 2003 dopo 5 anni di latitanza, e Pasquale Marando i vertici. In questo contesto, secondo l’accusa, aveva assunto un ruolo rilevante Santo Scipione, in quanto responsabile dell’acquisizione della droga dai referenti colombiani di Scali.   

In una circostanza, a causa di alcuni dissidi nati con un’organizzazione fornitrice dello stupefacente, Scipione, essendo preoccupato per la propria incolumità, aveva chiesto proprio a Scali di intercedere con i colombiani per chiarire la vicenda. 

 

 

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