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«NON potevo più mantenere mio figlio». Così Luigi Preiti ha riferito al suo difensore, l’avvocato Mauro Danielli, che questo pomeriggio lo ha incontrato nel carcere di Rebibbia in attesa dell’interrogatorio di garanzia che si svolgerà probabilmente domani davanti al gip. Preiti ha raccontato al proprio difensore di soffrire di un forte disagio a causa dei problemi dovuti alla mancanza di lavoro e perchè «non era più in grado di mantenere il figlio minorenne». Nessun cenno con il proprio legale e anche con gli inquirenti che lo hanno ascoltato ieri circa presunti debiti dovuti al vizio del gioco. 

ESCLUSA L’IPOTESI DI COMPLICI – E’ da escludere, invece, che davanti a Palazzo Chigi abbia avuto qualche complice, il 49enne di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, che ieri ha ferito due carabinieri davanti a Palazzo Chigi. È la convinzione che gli inquirenti della procura di Roma hanno maturato sulla base dei primi accertamenti. Valutazione già confermata attraverso la visione delle immagini delle telecamere presenti nell’area di palazzo Chigi. 

Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Antonella Nespola hanno chiesto l’acquisizione di tutti i filmati delle telecamere che possano aver ripreso Preiti ieri mattina nel tragitto tra l’albergo nei pressi della stazione Termini, dove ha trascorso la notte, e palazzo Chigi.

La procura di Roma ha disposto, inoltre, l’acquisizione dei tabulati telefonici delle utenze utilizzate da Preiti per poter accertare quali contatti abbia intrattenuto prima della sparatoria. I magistrati, infine, attendono i risultati della verifica sulla banca dati centrale per eventuali carichi pendenti di Preiti che risultava, fino a ieri, incensurato.

LE ANALISI SULL’ARMA – Gli uomini dei reparti scientifici hanno anche proceduto ad affidare una serie di perizie sull’arma, una calabro 7,65, utilizzata dall’uomo nella sparatoria. Si tratta di un accertamento ‘irripetibilè con il quale si cercherà di risalire alla matricola dell’arma trovata abrasa e stabilire se in passato sia stata utilizzata per commettere altri reati. I magistrati vogliono in questo modo cercare riscontri concreti a quando dichiarato ieri dallo stesso Preiti sull’acquisto dell’arma, avvenuta circa 4 anni fa, al mercato nero di Genova.   

NIENTE PERIZIA: ERA LUCIDO – Gli inquirenti della procura di Roma escludono al momento la richiesta di una perizia psichiatrica per Luigi Preiti. L’ipotesi, anche alla luce dell’incontro che ieri i magistrati hanno avuto con Preiti all’ospedale San Giovanni, è che l’uomo sia nel pieno delle sue capacità mentali. 

Per il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il sostituto Antonella Nespola, che coordinano le indagini, Luigi Preiti non sarebbe incapace di intendere e di volere. In giornata la procura depositerà la richiesta di convalida del fermo al gip e l’interrogatorio di garanzia potrebbe svolgersi nella giornata di domani. I reati contestati sono di tentato omicidio, porto e detenzione d’arma clandestina e potrebbero essere contestati anche gli aggravanti di aver commesso il reato contro un pubblico ufficiale. 

ANCORA INTUBATO IL CARABINIERE –  Per il più grave dei carabinieri feriti, Giuseppe Giangrande, l’ultimo bollettino medico della giornata, parla di «condizioni stazionarie nella gravità» ma purtroppo conferma la presenza di «segni di danno midollare ai quattro arti». I fratelli del brigadiere, che lo hanno visitato al Policlinico Umberto I, hanno detto che quello di Preiti «è un gesto che non si può perdonare» mentre la figlia Martina, alla stessa domanda dei cronisti, ha risposto «non credo, non so, non penso e oggi, comunque sia non mi interessa. Oggi penso solo a mio padre e a me. Ci definivamo un piccolo esercito sgangherato ma oggi siamo in un deserto e siamo un mezzo esercito e molto sgangherato. Ho lavorato fino a ieri – ha rivelato – e mi sono dimessa per seguire papà, esattamente come avevo fatto quando mia mamma stava male. Lo rifarò per mio padre, come è giusto che sia». L’altro carabiniere, Francesco Negri, ferito in modo più lieve a una gamba, ha ricostruito la dinamica di quanto avvenuto: «Non ci siamo accorti della presenza di Preiti fino a quando non siamo stati raggiunti dai colpi. Abbiamo fatto in modo di non utilizzare le armi perchè, anche se la piazza era chiusa, passanti e turisti erano veramente tanti e rispondere al fuoco sarebbe stato molto pericoloso». Anche un terzo carabiniere ha rischiato di rimanere colpito dall’attentatore: un proiettile gli ha trapassato il giubbotto di ordinanza danneggiando il portafogli che teneva in tasca.

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