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DI buon’ora ha letto i giornali, ha sfogliato quelli dei giorni segue alle pagine precedenti, ha preso l’ipad e ha scritto. Roberto Speranza, rientrato a Potenza giusto il tempo della festa, non lascia solo De Filippo. Piena condivisione alla scelta del governatore di dimettersi all’indomani, anzi, il giorno stesso della tempesta giudiziaria perfetta. Un comunicato di poche righe ma molto risoluto nei toni.
Sembra quasi uno Speranza diverso. «Sapete che io parlo poco, in questo sono poco meridionale, più inglese». O poco fiorentino, aggiungiamo noi. E invece le poche righe con le quali il segretario regionale del Pd detta la linea, hanno il rigore dell’essenzialita, come tempi richiedono, e la chiarezza del messaggio.
Nulla a che vedere con il lungo e dialogante documento scritto all’indomani della debacle elettorale e alla vigilia della direzione regionale del partito. Molte cose sono cambiate in poche settimane, tra cui una guerra civile interna al Pd. Nella quale il giovin signore ha mantenuto fino alla fine il suo posto accanto a Bersani. Parla oggi alla politica lucana, sembra parli a quei traditori che hanno impallinato il suo segretario.
Ora basta. Con questa politica il dialogo e’ finito. Con tutto il garantismo possibile, la bassezza morale dei comportamenti è tale che non ammette mediazioni. E il Pd chiede alla classe dirigente lucana di essere all’altezza della scelta del governatore. Punto. Si rinnova. Come, ancora non si sa. Per il momento si parte da quello che non si e’ piu’. Non piu’ un ostaggio. La lettera di Speranza richiama implicitamente gli ostracismi degli ultimi tempi, quella politica dei veti che ha logorato De Filippo fino a portarlo alla liberazione del 25 Aprile. Eppure, a ben ragionare, proprio le tattiche infinite e i temporeggiamenti del centrosinistra e degli alleati, si sono rivelati magicamente salvifici per il governatore. Talmente perfetto e’ stato nei tempi politico-giudiziari da far pensare che la snervante tiritera sulla giunta sia stata si’ subita, ma anche accolta come provvidenziale pretesto per procrastinare una decisione in realtà ancorata ad altro. Mentre i giornali inseguivano nomi e criteri, la vera attesa era collegata ai tempi del pm.
Se in cuor suo De Filippo avesse maturato una exit strategy quasi a tenere pronta nel cassetto la lettera di dimissioni per il gran giorno, non lo sapremo mai. Chi gli e’ vicino racconta che il governatore non ne abbia mai parlato, anche se sembrava intuibile che potesse arrivare a questo tipo di scelta estrema. Mercoledì consultazioni lampo. Con Luongo ha parlato a lungo. Poi sono arrivati gli altri. C’e chi racconta che ci sia stato uno sguardo d’intesa tra De Filippo e Folino, prima che il governatore abbassasse il pollice e uccidesse quel che resta della politica regionale. Altri narrano che il governatore abbia atteso che Luongo si allontanasse un’ora per accompagnare la figlia a un compleanno per cogliere l’attimo ed evitare il dubbio di ragionamenti dissuasivi e piu’ collegiali. Ma qui, ormai, siamo al romanzo della politica. Ieri De Filippo era già all’opera. Una nuova opera.
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