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POTENZA – Ha deciso di nominare una nuova giunta per gestire gli affari correnti e poi di fare un passo indietro sciogliendo il parlamentino lucano. Senza i toni di una Polverini, per non «anticipare giudizi», ma prendendo di fatto le distanze da tutto quanto emerso che «deturpa l’immagine della Basilicata». Ieri sera il presidente Vito De Filippo si è dimesso, prima che le notizie dell’operazione di carabinieri, finanza e polizia scattata in mattinata finissero sui giornali. E con queste le accuse nei suoi confronti.

C’è anche quello del governatore rieletto tra i nomi dei 37 indagati dell’inchiesta sui rimborsi per le attività dei gruppi e le spese di segreteria e rappresentanza dei consiglieri regionali. Tanto tuonò che piovve dalle parti di via Verrastro, ma già si annunciano “ulteriori precipitazioni” nei prossimi giorni se partiranno gli avvisi di garanzia con le contestazioni  per altri 21 tra i membri dell’attuale e della scorsa legislatura, oltre ai 16 che sono stati raggiunti ieri mattina dall’ordinanza di misure cautelari personali e reali firmata dal gip Luigi Spina.

Tra questi ultimi ci sono due assessori -ormai ex assessori – finiti agli arresti domiciliari, Vincenzo Viti del Pd e Rosa Mastrosimone dell’Idv, assieme capogruppo dell’eterna opposizione del Pdl Nicola Pagliuca. L’Udc Agatino Mancusi si era dimesso quattro mesi fa per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa da vicepresidente di una giunta sostenuta da tutto l’arco del centrosinistra inclusi i vendoliani, e da semplice consigliere si è visto recapitare l’obbligo di dimora fuori dal capoluogo. Con lui ci sono altri 6 colleghi divisi alla pari tra maggioranza e minoranza, più un ex, candidato alle scorse politiche, che detiene ancora il record della media giornaliera di benzina rimborsata. Una roba da camionista robot, tanti sono i chilometri che avrebbe potuto percorrere con quel carburante (per lui l’obbligo è di dimorare nel paese di residenza). E per tutti più altri cinque è scattato anche il sequestro sui conti corrente di 170mila euro complessivi: a chi 5mila e a chi 26mila, come allo stakanovista del volante.

Ma anche gli altri della vecchia e della nuova giunta “ponte” per le elezioni che già si annunciano a settembre non se la passano molto meglio. L’assessore alla sanità Attilio Martorano? L’uomo che gestisce il budget più ricco tra quelli dei dipartimenti della Regione Basilicata, rimpinguato spesso e volentieri di royalties del petrolio? Anche lui sembra aver commesso qualche leggerezza, tipo aver pagato con i soldi pubblici i pranzi per il compleanno della signora. Idem per il nuovo assessore all’ambiente Enrico Mazzeo e il nuovo assessore alla formazione Roberto Falotico, che sarebbe riuscito a mangiare due volte, lo stesso giorno, nello stesso ristorante: prima come consigliere e poi come capogruppo-monogruppo di “Per la Basilicata”. E senza mettere un filo di pancia!

Il vecchio ufficio del neo assessore all’Agricoltura Nicola Benedetto sembra essere infestato da un portaborse “fantasma”, di quelli che costano una cosa sulla carta ma in realtà guadagnano ben altro. E l’assessore alle infrastrutture Luca Braia, ex capogruppo del Pd in consiglio? Provate a chiederlo a Ravello dove ad agosto si è fatto vivo con la moglie, la cognata senatrice col suo accompagnatore, l’altra cognata con moglie e nipoti, l’assessore alla cultura del Comune di Matera e consorte. La cena per tutti sotto il pergolato di glicini di uno dei ristoranti più belli e prestigiosi dev’essersi confusa tra le spese del Consiglio.

Infine l’assessore alle attività produttive, Marcello Pittella, appena nominato vicepresidente. A lui viene addebitato di aver portato in giustificazione del rimborso (anticipato) per “l’esercizio del mandato senza vincolo di mandato” lo scontrino di un ristorante “pezzottato” con l’aggiunta di una cifra davanti: da 23 euro a 223. Certo, è stato più elegante di chi invece che aggiungere una cifra a destra o a sinistra del “mangiato” si è messo a correggere gli 1 in 2 e i 2 in 4. Questo gli va riconosciuto. Ma la sostanza non cambia rispetto al pane di rappresentanza dell’ex Rosa Mastrosimone, e la cancelleria invisibile dell’altro ex Vincenzo Viti.

Chiaro però che se si vuole chiudere la giunta serve anche De Filippo, capace di portare a rimborso più francobolli di quanti ne ha mai visti la rivendita che ha emesso le fatture. «Mai avuto clienti del genere» ha spiegato il titolare disconoscendo la scrittura sulle carte depositate nell’ufficio di presidenza del consiglio regionale per giustificare la spesa del rimborso, che in realtà è un contributo anticipato per l’esercizio dell’attività politica. Ad ogni modo non parliamo di grandi cifre, un paio di migliaia di euro e nulla più, anche se adesso rischiano di costare tantissimo al governatore lanciato verso ben altri lidi se l’amico Enrico Letta dovesse riuscire a formare il governo. 

Tutti gli altri? Quelli “muniti di ombrello” al momento sono soltanto 10, e dato il numero esiguo si fa prima a chiamarli per nome. Della vecchia legislatura: la rifondarola Emilia Simonetti, i democratici Adeltina Salierno e Nino Carelli e il pidiellino Sergio Lapenna (oggi Udeur). Della nuova: Ernesto Navazio del gruppo misto, il Fratello d’Italia Gianni Rosa, il vendoliano Giannino Romaniello, l’ex assessore esterno Rosa Gentile (oggi ad di Acquedotto lucano spa) e i democratici Giuseppe Dalessandro e Vincenzo Folino, il deputato ex presidente del Consiglio.

Non l’ha scampata invece il suo successore, Vincenzo Santochirico, a sua volta democratico. Per lui si parla di fatture per l’acquisto di giornali portate a rimborso due volte, una per ognuna delle annualità prese in considerazione dagli investigatori, che sono il 2010 e il 2011. Un migliaio di euro di riviste e quotidiani che diventa due migliaia di euro per le stesse riviste e gli stessi quotidiani. Forse è poco ma basta e avanza per finire nella black list dei pm del capoluogo.

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